Leggo sui giornali di oggi che tutti vogliono ormai andare "nelle periferie". Da Ferilli a Franceschini, da Speranza a Renzi, da Raggi a Madia, da Salvini a Parisi, da Travaglio a Gramellini. Autorevoli commentatori dei principali quotidiani italiani raccomandano ai politici il "tour delle Periferie". Ma cosa e dove sono queste "periferie" ? Manca spesso una definizione chiara. La classifica è la stessa usata dagli anni '50, quartieri che una volta erano "barriere operaie" e che ora sono un mix sociale in conflitto, incuranti del fatto che in quelle periferie in questi 70 anni sono cambiate molte cose (quasi tutto) e che prima di "andare nelle strade" (la dichiarazione è del Ministro Madia) forse è il caso di uscire dai luoghi comuni. Ma soprattutto, tutta questa gente, cosa vuole andare a dire, o promettere, in quelle "periferie" ? E, anche qual ora (scelta più saggia ma improbabile) volesse solo andare ad ascoltare, cosa si aspetta di sentire ? "Andare nelle strade" è preferibile farlo nelle "mezze stagioni", così capita di trovare l'elettore medio disponibile a dialogare con il politico medio a sua volta consigliato dal giornalista medio. Ma le periferie sono quel luogo dove non esistono più le medie stagioni. Il rischio è che l'unico medio che si trova ancora sia il dito mostrato con disprezzo ed aggressività. . Chi ha in testa le periferie descritte mirabilmente da Pasolini e dal neorealismo, disordinate ma omogenee, povere ma belle, conflittuali ma coerenti, deve cambiare film. Le periferie sono il non luogo, l'alienazione, la negazione della comunità e dei legami sociali, sono il luogo delle contraddizioni, che si trovano così ravvicinate da diventare fisiche. Nelle periferie convivono neri e razzisti, romeni e nazisti, poveri senza auto e finti poveri con il SUV, lavoratori e imprenditori, gente che paga le tasse e riciclatori di denaro, cittadini educati e vandali, pensionati al minimo e pensionati con due pensioni, chi non cambia il voto da generazioni e chi lo vende o chi non va a votare da sempre e altro ancora. Le periferie sono il luogo dove tutto si confonde perché non c'è identità, dove c'è la guerra tra i poveri, dove i servizi sono carenti e ciascuno pensa a sè e dove spesso il sentimento di uguaglianza e giustizia sociale si confonde con quello di invidia. Le periferie sono il luogo del conflitto ravvicinato che a volte sfocia però nella condivisione, nella generosità e solidarietà, si trasforma in quella comunione che solo le persone povere e modeste riescono ad interpretare. E allora, cari signori, diteci cosa andrete a dire in queste "periferie". Da quale parte starete ? Darete ragione a tutti nella speranza di prendere più voti o prenderete posizioni che scontenteranno una parte ? Credo che, come ormai accade da un po' di anni a questa parte, userete la tecnica del dividi et impera. Non è vero che la politica non è stata nelle periferie, purtroppo ne ha assecondato le peggiori pulsioni partecipando ai numerosi talk show urlati, mettendo gli uni contro gli altri e rinunciando a quel lavoro lento e paziente fatto di conquista di credibilità, di rafforzamento del senso di comunità, di condivisione del disagio, di soluzioni concrete ai problemi e di inviti alla mobilitazione per conquistare nuovi e vecchi diritti. E invece noi che dalle periferie veniamo e molto spesso abitiamo, ci abbiamo messo anni, in alcuni casi l'intera vita, per scrollarci di dosso quei nomignoli di "periferia", città o quartiere dormitorio, banlieu, cintura, case popolari, P di Z.. Abbiamo lavorato per fare e costruire comunità là dove non c'erano, abbiamo cercato di ridare dignità e spirito di appartenenza a chi non ce l'aveva o a chi gli era stata sottratta; in alcuni casi siamo riusciti, amministrando le nostre città periferiche, ad evocare orgoglio in chi partecipava a quella rinascita di luoghi. "Rinascimenti" culturali, di identità, di luoghi fisici ma soprattutto di spazi sociali. Rinascimenti di persone e di comunità che non vogliamo perdere ripiombando in quella definizione di "periferie" usata a sproposito in questi giorni per giustificare la disattenzione di un ceto politico sempre meno abituato a progettare per il futuro e ad apprendere dal passato e sempre più impegnato e schiacciato ad amministrare e glorificare il presente (il loro presente). Le periferie non sono luoghi da conquistare in vista di prossime elezioni. Sono luoghi da valorizzare per ottenere una società più giusta e sostenibile. "Periferia sarà lei", questo dobbiamo dire a tutti i saccenti che parlano di noi. Una buona politica non è neutra. Occorre lavorare tutti i giorni per offrire a tutti diritti, dignità, lavoro. Occorre riprogettare le nostre città, favorire i luoghi di aggregazione e di condivisione dei beni comuni. Occorre aumentare la responsabilità dei cittadini parallelamente al senso di appartenenza e all'orgoglio di sentirsi partecipi di una comunità. Occorre dare l'esempio. Occorre invertire quella insana tendenza della politica moderna, di chiudere ogni luogo di partecipazione democratica a vantaggio di burocrazie prive di anima (è il caso ad esempio della legge regionale che ha eliminato i comitati inquilini nelle case popolari). Vogliamo essere una centralità, e quindi non disturbatevi a venire in strada, è sufficiente ridare rappresentanza a chi in strada c'è già.
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