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09 Aprile 2016 - 09:48
Con il sostegno di IREN, la società proprietaria del balsamico inceneritore di Torino, il Parco del Po è riuscito ad ottenere dall’Unesco il prestigioso riconoscimento di “Riserva della Biosfera”. Il successo sarà celebrato quest’oggi, martedì 5 aprile, in una conferenza stampa in Regione. Il Parco del Po la annuncia con un comunicato intitolato: “E’ ora che siamo riserva della biosfera?”. Scritta in questo modo non si capisce se è un’affermazione o una domanda. Forse il Parco ha bisogno di una “consulenza” per scrivere in italiano. Ma se si tratta di una domanda, allora rispondiamo subito: “Cominciate a ripulire il territorio del Parco dai rifiuti pericolosi abbandonati nei campi, nelle strade, e persino nei fossi”. Proprio in questi giorni sono arrivate al giornale le segnalazioni di alcuni cittadini che vivono nella collina chivassese. Amano l’attività fisica all’aria aperta e appena possono vanno a farsi lunghe camminate verso il Po, nelle aree tutelate, si fa per dire, dall’ente Parco. “Venite con noi a vedere...”. Siamo andati e quel che si trova è da inorridire. Sul ponticello di una roggia uno scarico abusivo di sedie di plastica, sedie di legno e altra immondizia di ogni genere. Poco avanti un’altra sorpresa: lastre di formica, bidoni di vernice vuoti, e nella roggia ora asciutta, vari passaruota di camion o trattori. Poco più in là, carcasse di copertoni d’auto. Altri cento metri e un altro bello spettacolo: un mucchio di eternit. E poi altri spiacevoli “incontri” come sanitari abbandonati, altri copertoni, un televisore, e via di questo passo. Dopo questa immersione nel disastro torniamo alle poetiche parole del comunicato del Parco del Po... L’Unesco condivide le idee ambiziose dell’ente Parco: “far nascere un distretto di eccellenze...lo sviluppo sostenibile... la biodiversità e la ricchezza della natura...” Non mancano la filosofia “olistica” e “l’approccio circolare”. Un vasto programma, che richiederà del tempo, e magari tanti incarichi e consulenze di esperti di teatro, mostre, video, comunicazione e aria fritta. Nell’attesa di questo futuro luminoso, i dirigenti del Parco potrebbe cominciare ad aiutare i volontari a portare via le lastre di eternit e le tazze da cesso abbandonate nei campi.
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