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Siamo arrivati nell'isola di Fogo

Siamo arrivati nell'isola di Fogo

Danilo Riva Cambrino consegna La Voce e Nocciolini di Tallia

Siamo ai piedi dell’imponente vulcano, siamo arrivati a Fogo. Questa piccola isola, delle nove che compongono l’arcipelago di Capo Verde, è praticamente “il vulcano”, tutt’ora attivo e di crateri se ne contano a centinaia sparsi ovunque, anche a poche decine di metri dalle umili case dei capoverdiani. Questa volta più verde del solito, non solo di nome, ma di fatto, per le abbondanti e recenti piogge. Ci siamo sistemati nel capoluogo dell’isola, Sao Filipe, in una delle tante casette perennemente in costruzione dove il grigio dei blocchi di cemento si confonde con le altre case o quelle che avrebbero dovuto esserlo o che un giorno forse lo saranno. Poche le cose con cui dovremo arrangiarci, un letto, due coppie di lenzuola di cui uno bucato, un frigorifero e un fornello con la “garaffa” come sono chiamate le bombole, qui non c’è il “metano che ti dà una mano” e la maggior parte della popolazione cucina ancora con il fuoco di legna, i rami raccolti ai piedi dei pochi alberi, e la pentola appoggiata su tre pietre. Ma non ci sono problemi, tanto cucinano sempre e solo lo stesso cibo: riso e fagioli. Poi una sedia e un’altra quasi rotta, una specie di tavolo, realizzato con i “pallets”, due lampadine, in cucina (bruciata) e in bagno, che quasi non fanno luce. Cosa importantissima, l’acqua, abbiamo pure quella... quando c’è... Ma siamo contenti, possiamo condurre una vita dignitosa pur essendo distanti da quell’abbondanza di superfluo presente nelle nostre case di Chivasso. I vicini ci hanno portato di “tutto”, “fagioli, zucche e zucche e fagioli” ma soprattutto ci hanno portato il loro calore la loro umanità... Ce n’è da vendere per stare bene... Abbiamo ritrovato il nostro compagno di tante avventure e pure disavventure, il quad Polaris rosso, che avevamo lasciato a fine maggio, un po’ tanto impolverato e senza benzina, perché qualcuno ha pensato bene di rubarla: gli serviva! Abbiamo ritrovato i tanti amici, qualcun altro è deceduto come l’italiano Silvano: vedovo, pensionato, ma grande lavoratore, era arrivato dal Veneto otto anni fa per sfuggire alla solitudine della vecchiaia, perché a Capo Verde è più facile non sentirsi isolati e soli. E’ mancato quasi improvvisamente, subito dopo la nostra partenza, ora riposa nel cimitero del paese dove, quando si scherzava, diceva di voler rimanere, guardando dall’alto l’oceano Atlantico e la piccolissima isola di Brava. Morire qui costa poco, “forse conviene”, e poi c’è sempre tanta gente che piange e si dispera, come accadeva una volta nel nostro Sud. In buona salute e straordinariamente lucida invece la decana dell’isola Maria Veiga Amado conosciuta come Nha Nha, ben 108 anni, “solo” 8 figli, 23 nipoti, 60 bisnipoti e 30 trisnipoti, ogni domenica presente nella sua sedia riservata alla funzione nella chiesa Nazarena. Abbiamo anche appreso della morte di un altro dei tanti “simboli” locali che di figli ne aveva ben 40 da altrettante donne. A Capo Verde capita e nessuno si scandalizza o dà del cialtrone a chi semina figli... rimane il problema delle tante creature cresciute senza l’affetto e la figura paterna e senza aiuti economici alle mamme. Poi siamo andati a trovare i bambini del Jardim Denis, passati nel frattempo da 50 a 90 con un notevole e pericoloso aggravio di problemi e spese per la gestione e il sostentamento del piccoli ospiti dell’asilo nido. Abbiamo già distribuito qualcosa, qualche bambolotto e alcuni vestiti, quel poco che siamo riusciti a portare infilandolo nella nostra valigia non superando i 30 chilogrammi e gli otto del bagaglio a mano, pagando però nel volo interno circa 30 euro a causa dei parametri più bassi… Quanta emozione quando siamo arrivati dagli anziani ospiti della casa di riposo delle suore francescane, nella vecchia sede, che dovranno lasciare quanto prima, all’interno del Centro Socio Sanitario San Francesco, realizzato con i contributi italiani e dai volontari italiani. Con suor Tututa c’era anche padre Orfeo, uno degli ultimi rimasti nelle missioni, dei tanti cappuccini piemontesi che a partire dal 1947 giunsero a Capo Verde. Contenta e commossa suor Tututa a cui abbiamo consegnato la busta con i soldi offerti da alcuni chivassesi per l’acquisto dei blocchi di cemento, 50 centesimo a blocco, necessari a proseguire i lavori dell’erigenda casa di riposo... poi un omaggio dolce, gli “ambasciatori nel mondo, i Nocciolini di Chivasso” dono della pasticceria Tallia e una copia de La Voce che riporta alcuni articoli che trattano proprio di Capo Verde. Dopo le fondazioni e i primi pilastri, la vasca per la raccolta dell’acqua piovana, fondamentale e presente in quasi tutte le abitazioni, dovranno essere costruiti i tre piani per ospitare le 15 camerette con sei bagni, un refettorio, una dispensa, una cappella, una camera mortuaria, una infermeria e una sala per le visite Prima in tutta l’isola di Fogo vivevano sei italiani fra cui due donne: ora sono sette, ci siamo anche noi...
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