Quando Roma iniziò la sua espansione in Oriente e in Occidente, si preoccupò di costruire in ogni città il suo teatro, e successivamente anche l'anfiteatro. Il primo per commedie, tragedie, mimi, drammi satirici; il secondo per esibizioni più cruente: combattimento di gladiatori e "Venationes" (cacce). Trasportando nelle province le pratiche culturali della madre patria, si stava quindi attuando un potenete mezzo di romanizzazione necessario alla politica espansionistica in atto. Costruiti secondo le regole tramandate da Vitrurio, i teatri romani furono, come gli anfiteatri, parti integranti delle strutture urbane anche nelle colonie, fornendo l'occasione, di un'acculturazione pacifica unita ad una vera e propria forma di svago periferico. Infatti, come vedremo, il pubblico del teatro di epoca romana, non è più costituito, come in Grecia, da appassionati dell'arte, colta e raffinata, ma si tratta di una plebe turbolenta, dalla quale è difficile perfino ottenere il silenzio. Il primo teatro di Torino venne costruito all'inizio del I secolo dopo Cristo e fu più volte trasformato ed ampliato, inserendo in un recinto quadrangolare, definito da due vie pavimentate in pietra che delimitavano "Insula", entro la quale sorgeva. Ancora oggi, proprio a poca distanza dal Duomo di San Giovanni, in uno scavo a cielo aperto, si offre alla vista dell'attento visitatore, il primo e più antico teatro romano. In origine "L'orchestra", più bassa del piano laterizio che vediamo oggi, era pavimentata con un battuto in malta, gettato su un acciottolato e che nessun "Balteo" la divideva dalla "Cavea". Lo spazio per gli spettatori , i cui "Meaniana" poggiavano su un terrapieno contenuti da muri "Anulari" e livellato da un piano inclinato di conglomerato. Lungo l'orchestra correva un Euripio (canale), che raccoglieva, coperto da grandi lastre di pietra, le acque della cavea, sfociando in una conduttura sotto "I'Iposcenio", mentre un altro condotto percorreva il primo ambulacro anulare. La scena era semplificata: le sue porte si aprivano su una "Porticus post scaemas", con ancora visibili i resti che potevano ospitare gli spettatori in caso di pioggia , che giungeva fino alle mura con una mole discreta, ornata di pitture murali, rappresentanti cesti di verdure e uccelli. Un interessante rilievo ad acquarello, mostrava i luminosi colori del fogliame, le figure degli uccelli nascosti tra il verde, lo zoccolo nero che ne definiva l'area tra le palastre decorate con anfore candelabre. Lo spettacolo vivente, cioè il teatro, ebbe presso il popolo romano, sia quello dell'urbe, che quello delle province di grandissima importanza. Dotato di potente originalità, il teatro latino svilluppava i caratteri di una letteratuera nazionale tipicamente realistica. "Satura", "Fescennino","Atellana", "Mimo" furonole tappe a cui la rappresentazione approdò, prima della commedia "Palliata", imitata dalla Grecia, si rapresentasse, sostituita poi, in un secondo tempo, da quella togata di modi e costumi latini. Non mancarono anche tragedie, ma si preferivano farse burlesche, recitate da individui misti, maschere, a cui si aggiunsero poi acrobati, saltimbanchi e danzatrici. Il carattere accentuatamente allegro, divertiva il pubblico che accentuatamente allegro, lo divertiva al punto che divertiva il pubblico che accorreva numeroso alle rappresentazioni, così gli impresari (Conductores) all'intenzione ne sfruttavano lucrosamente il successo. Più tardi lo stato stesso assunse l'onere del teatro. Gli edili erano incaricati di pagarsi le spese, spesso molo rilevanti: ottomila sesterzi furono pagati per due recite a Terenzio per due recite dell'Eunuco. Il popolo aveva ingressso gratuito mediante tessere che assegnavano il posto, secondo il rango sociale. Gli attori recitavano ruoli fissi ed erano per lo più reclutati tra gli schiavi e considerati in genere socialmente "infami". Ciò comunque non impedì che alcuni di essi fossero invece particolarmente apprezzati e ben pagati. "Porticus" e androni consentivano al pubblico dei teatri romani di rifocillarsi. Inoltre vi si profondevano aromi di fiori, si bruciavano profumi, si gettavano doni, spesso a scopo elettorale, vi si convogliavano acque per rinfrescare l'ambiente con fontane. Il primo teatro torinese risaliva alla prima deduzione della colonia "Julia Augusta Taurinorum", ed era stato costruito in un luogo ameno e salubre e anche di tradizionale religiosità. Ciò è confermato dal fatto dal fatto che in seguito, a riscatto delle pratiche pagane, vi furono dimore dei Vescovi della città. La "Cavea" era divisa in sezioni e muri concentrici, di cui sono ancora visibili le sostituzioni, la nuova manica lunga del palazzo già vescovile e poi reale. Le strutture visibili nei sotterranei conservano ancora un notevole fascino. A Torino i "Gromatici", urbanisti della città, riservarono al teatro una località nell'angolo nord delle mura, dove esse, per ovviare a un dislivello del terreno, appaiono tagliate verso l'interno. Come ad Aosta, il teatro di Torino, era circondato da un muro rettangolare, oggi perduto. La "Cavea" si apriva in un "Parados" centrale e restano tracce del pavimento del piano dell'orchestra e di una transenna marmorea che doveva realizzare un piacevole effetto di diocromia, contrastando con il materiale rossastro della costruzione. Lungo la scena i buchi ad intervalli regolari dovevano servire per i contrappesi necessari alla manovra del sipario, che anzichè alzarsi, si abbassava prima di ogni rappresentazione, calando, in una apposita sede, davanti al palcoscenico. Del concitato spettacolo se ne può trarre una descrizione di Plauto: "Le cortigiane non devono stare nei primi posti: quieti stiano i littori con le loro verghe; se gli schiavi si vogliono sedere, prima si comprino la libertà; le balie si occupino dei marmocchi o non li portino a teatro; le matrone trattengano i loro strilli e le chiacchiere". E', come si vede, una colorita immagine di popolare partecipazione che si espreimeva nei "Clamores" e "Plausus: approvazione e disapprovazione verso le varie "Fabulae e Scaenicae". Uno stato di residui bruciati testimonia un primo incendio, avvenuto ancora nel corso del I secolo. Ricostruito e consolidato si caratterizzò per maggiore impegno progettuale e per approfondimenti tecnici. Ciò avvenne nel II secolo. Il primo teatro di Torino venne costruito all'inizio del I secolo dopo Cristo e fu più volte trasformato ed ampliato, inserendo in un recinto quadrangolare, definito da due vie pavimentate in pietra che delimitavano "Insula", entro la quale sorgeva. Ancora oggi, proprio a poca distanza dal Duomo di San Giovanni, in uno scavo a cielo aperto, si offre alla vista dell'attento visitatore, il primo e più antico teatro romano. In origine "L'orchestra", più bassa del piano laterizio che vediamo oggi, era pavimentata con un battuto in malta, gettato su un acciottolato e che nessun "Balteo" la divideva dalla "Cavea, Lo spazio per gli spettatori , i cui "Meaniana" poggiavano su un terrapieno contenuti da muri "Anulari" e livellato da un piano inclinato di conglomerato. Lungo l'orchestra correva un Euripio (canale), che raccoglieva, coperto da grandi lastre di pietra, le acque della cavea, sfociando in una conduttura sotto "I'Iposcenio", mentre un altro condotto percorreva il primo ambulacro anulare. La scena era semplificata: le sue porte si aprivano su una "Porticus post scaemas", con ancora visibili i resti che potevano ospitare gli spettatori in caso di pioggia, che giungeva fino alle mura con una mole discreta, ornata di pitture murali, rappresentanti cesti di verdure e uccelli. Un interessantissimo rilievo ad acquarello, mostrava i luminosi colori del fogliame, le figure degli uccelli nascosti tra il verde, lo zoccolo nero che ne definiva , l'area tra le palastre decorate con anfore candelabre.Lo spettacolo vivente, cioè il teatro, ebbe presso il popolo romano, sia quello dell'urbe, che quello delle province grandissima importanza. Dotato di potente originalità, il teatro latino svilluppava i caratteri di letteratuera nazionale tipicamente realistica. "Satura", "Fescennino","Atellana", "Mimo" furonole tappe a cui la rappresentazione approdò, prima della commedia Palliata", imitata dalla Grecia, si rapresentasse, sostituita poi, in un secondo tempo, da quella togata di modi e costumi latini. Non mancarono anche tragedie, ma si preferivano farse burlesche, recitate da individui misti, maschere, a cui si aggiunsero poi acrobati, saltimbanchi e danzatrici. Il carattere accentuatamente allegro, divertiva il pubblico che accorreva numeroso alle rappresentazioni, così gli impresari (Conductores) con l'occasione, ne sfruttavano lucrosamente il successo. Più tardi lo stato stesso assunse l'onere del teatro. Gli edili erano incaricati di pagarsi le spese, spesso molo rilevanti: ottomila sesterzi furono pagati da Terenzio per due rappresentazioni dell' Eunuco. Il popolo aveva ingresso gratuito mediante tessere che assegnavano il posto secondo il rango sociale. Gli attori recitavano ruoli fissi ed erano per lo più reclutati tra gli schiavi e considerati in genere socialmente "infami". Ciò comunque non impedì che alcuni di essi fossero invece particolarmente apprezzati e ben pagati. "Porticus" e androni consentiva al pubblico dei teatri romani di rifocillarsi. Inoltre vi si spandevano profumi di fiori, si bruciavano incensi, si gettavano doni, spesso a scopo elettorale, vi si convogliavano acque per rinfrescare l'ambiente con fontane. Il primo teatro torinese risaliva alla prima deduzione della colonia "Julia Augusta Taurinorum", ed era stato costruito in un luogo ameno e salubre e anche di tradizionale religiosità. Ciò è confermato dal fatto che in seguito, a riscatto delle pratiche pagane, le dimore divennero dei Vescovi della città. La "Cavea" era divisa in sezioni e muri concentrici, di cui sono ancora visibili le sostituzioni, la nuova manica lunga del palazzo già vescovile e poi reale. Le strutture visibili nei sotterranei conservano ancora un notevole fascino. A Torino i "Gromatici", urbanisti della città, riservarono al teatro una località nell'angolo nord delle mura, dove esse, per ovviare a un dislivello del terreno, appaiono tagliate verso l'interno. Uno stato di residui bruciati testimonia un primo incendio, avvenuto ancora nel corso del I secolo. Ricostruito e consolidato si caratterizzò per maggiore impegno progettuale e per approfondimenti tecnici. Ciò avvenne tra il II e il III secolo dopo Cristo Il teatro fu radicalmente ripensato per renderlo più capiente, migliorardone gli apparati della scena e i percorsi interni, mentre altri elementi decorativi, lo rendevano ancora più spettacolari. Grandi pilastrine ne definivano l'ambulacro, mettendo in mostra soglie in pietra, mentre altri elemenenti decorativi e sagomati, rivelano un ingresso monumentale. In questa seconda ricostruzione la "Porticus Post Scaenam", viene ampliata e decorata con un colonnato. La scena sopraelevata e mossa doveva ospitare spettacoli semre più impegnativi, in grado di qualificare e arricchire continuamente l'immagine della città, ma infaustamente anche questo teatro fu preda del fuoco. La stessa accresciuta popolazione ne aveva richiesto a gran voce una ricostruzione ampliata, che venne arricchita ed ornata da marmi, lesene e stucchi, diventando il più ampio dei teatri romani d'Occidente. Il terzo non più ampio come il secondo fu ancora decorato con lesene, marmi, cornici e fogliame di quercia e colonne. Tubazioni in piombo portavano l'acqua potabile ad una fontana consentendo così gli annaffiamenti, ma il destino volle che anche il terzo teatro romano di Torino bruciasse nel III secolo dopo Cristo. Ora i resti monumentali di quello che fu un importante luogo di ritrovo per la città antica, si riaprono alla vista di quanti, con fervida immaginazione fanno rivivere lo spettacolo della cultura nel calore di una rinnovvata partecipazione. Come abbiamo accennato, il primo teatro di Torino venne costruito all'inizio del I secolo dopo Cristo e fu più volte trasformato ed ampliato, inserendo in un recinto quadrangolare, definito da due vie pavimentate in pietra che delimitavano "Insula", entro la quale sorgeva. Ancora oggi, proprio a poca distanza dal Duomo di San Giovanni, in uno scavo a cielo aperto, si offre alla vista dell'attento visitatore, il primo e più antico teatro romano. In origine "L'orchestra", più bassa del piano laterizio che vediamo oggi, era pavimentata con un battuto in malta, gettato su un acciottolato e che nessun "Balteo" la divideva dalla "Cavea, lo spazio per gli spettatori , i cui "Meaniana" poggiavano su un terrapieno contenuti da muri "Anulari" e livellato da un piano inclinato di conglomerato. Lungo l'orchestra correva un Euripio (canale), che raccoglieva, coperto da grandi lastre di pietra, le acque della cavea, sfociando in una conduttura sotto "I'Iposcenio", mentre un altro condotto percorreva il primo ambulacro anulare. La scena era semplificata: le sue porte si aprivano su una "Porticus post scaemas", con ancora visibili i resti che potevano ospitare gli spettatori in caso di pioggia per gli spettatori, che giungeva fino alle mura con una mole discreta, ornata di pitture murali, rappresentanti cesti di verdure e uccelli. Un interessanterilievo ad acquarello, mostrava i luminosi colori del fogliame, le figure degli uccelli nascosti tra il verde, lo zoccolo nero che ne definiva che definiva, l'area tra le palastre decorate con anfore candelabre. Lo spettacolo vivente, cioè il teatro, ebbe presso il popolo romano, sia quello dell'urbe, che quello delle province grandissima importanza. Dotato di potente originalità, il teatro latino svilluppava i caratteri di una letteratuera nazionale tipicamente realistica. "Satura", "Fescennino","Atellana", "Mimo" furonole tappe a cui la rappresentazione approdò, prima della commedia "Palliata", imitata alla Greca, si rapresentasse, sostituita poi, in un secondo tempo, da quella togata di modi e costumi latini. Il popolo aveva ingressso gratuito mediante tessere che assegnavano il posto secondo il rango sociale.Gli attori recitavano ruoli fissi ed erano per lo più reclutati tra gli schiavi e considerati in genere socialmente "infami". Ciò comunque non impedì che alcuni di essi fossero invece particolarmente apprezzati e ben pagati. "Porticus" e androni consentivano al pubblico dei teatri romani di rifocillarsi. Inoltre vi si profondevano fiori, si bruciavano profumi, si gettavano doni, spesso a scopo elettorale, vi si convogliavano acque per rinfrescare l'ambiente con fontane. Il primo teatro torinese risaliva alla prima deduzione della colonia "Julia Augusta Taurinorum", ed era stato costruito in un luogo ameno e salubre e anche di tradizionale religiosità. Ciò è confermato dal fatto dal fatto che in seguito, a riscatto delle pratiche pagane, le dimore dei Vescovi della città. La "Cavea" era divisa in sezioni e muri concentrici, di cui sono ancora visibili le sostituzioni, la nuova manica lunga del palazzo già vescovile e poi reale. Le strutture visibili nei sotterranei conservano ancora un notevole fascino. A Torino i "Gromatici", urbanisti della città, riservarono al teatro una località nell'angolo nord delle mura, dove esse, per ovviare a un dislivello del terreno, appaiono tagliate verso l'interno. Uno stato di residui bruciati testimonia un primo incendio, avvenuto ancora nel corso del I secolo. Ricostruito e Costruiti secondo le regole tramandate da Vitrurio, i teatri romani furono, come gli anfiteatri, parti integranti delle strutture urbane anche nelle colonie, fornendo l'occasione di un'acculturazione pacifica, di un'acculturazione pacifica unita ad una vera e oropria forma di svago periferico. Infatti, come vedremo, il pubblico del teatro di epoca romana, non è più costituito, come in Grecia, da appassionati dell'arte, colti e raffinati, ma si tratta di una plebe turbolente, dalla quale è difficile perfino ottenere il silenzio. Il primo teatro di Torino venne costruito all'inizio del I secolo dopo Cristo e fu più volte trasformato ed ampliato, inserendo in un recinto quadrangolare, definito da due vie pavimentate in pietra che delimitavano "Insula", entro la quale sorgeva. Ancora oggi, proprio a poca distanza dal Duomo di San Giovanni, in uno scavo a cielo aperto, si offre alla vista dell'attento visitatore, il primo e più antico teatro romano. In origine "L'orchestra", più bassa del piano laterizio che vediamo oggi, era pavimentata con un battuto in malta, gettato su un acciottolato e che nessun "Balteo" la divideva dalla "Cavea, Lo spazio per gli spettatori , i cui "Meaniana"poggiavano su un terrapieno contenuti da muri "Anulari" e livellato da un piano inclinato di conglomerato. Lungo l'orchestra correva un Euripio (canale), che raccoglieva, coperto da grandi lastre di pietra, le acque della cavea, sfociando in una conduttura sotto "I'Iposcenio", mentre un altro condotto percorreva percorreva il primo ambulacro anulare. La scena era semplificata: le sue porte si aprivano su una "Porticus post scaemas", con ancora visibili i resti che potevano ospitare gli spettatori in caso di pioggia per gli spettatori, che giungeva fino alle mura con una mole discreta, ornata di pitture murali, rappresentanti cesti di verdure e uccelli. Un interessanterilievo ad acquarello, mostrava i luminosi colori del fogliame, le figure degli uccelli nascosti tra il verde, lo zoccolo nero che ne definiva che definiva, l'area tra le palastre decorate con anfore candelabre.Lo spettacolo vivente, cioè il teatro, ebbe presso il popolo romano, sia quello dell'urbe, che quello delle province grandissima importanza. Dotato di potente originalità, il teatro latino svilluppava i caratteri di una letteratuera nazionale tipicamente realistica. "Satura", "Fescennino","Atellana", "Mimo" furonole tappe a cui la rappresentazione approdò, prima della commedia "Palliata", imitata alla Greca, si rapresentasse, sostituita poi, in un secondo tempo, da quella togata di modi e costumi latini. Gli edili erano incaricati di pagarsi le spese, spesso molo rilevanti: ottomila sesterzi furono pagati per due spettacoli a Terenzio dell'Eunuco. Il popolo aveva ingressso gratuito mediante tessere che assegnavano il posto secondo il rango sociale.Gli attori recitavano ruoli fissi ed erano per lo più reclutati tra gli schiavi e considerati in genere socialmente "infami". Ciò comunque non impedì che alcuni di essi fossero invece particolarmente apprezzati e ben pagati. "Porticus" e androni consentivano al pubblico dei teatri romani di rifocillarsi. Inoltre vi si profondevano fiori, si bruciavano profumi, si gettavano doni, spesso a scopo elettorale, vi si convogliavano acque per rinfrescare l'ambiente con fontane. Il primo teatro torinese risaliva alla prima deduzione della colonia "Julia Augusta Taurinorum", ed era stato costruito in un luogo ameno e salubre e anche di tradizionale religiosità. Ciò è confermato dal fatto dal fatto che in seguito, a riscatto delle pratiche pagane, le dimore dei Vescovi della città. La "Cavea" era divisa in sezioni e muri concentrici, di cui sono ancora visibili le sostituzioni, la nuova manica lunga del palazzo già vescovile e poi reale. Le strutture visibili nei sotterranei conservano ancora un notevole fascino. A Torino i "Gromatici", urbanisti della città, riservarono al teatro una località nell'angolo nord delle mura, dove esse, per ovviare a un dislivello del terreno, appaiono tagliate verso l'interno. Come ad Aosta era circondato da un muro rettangolare, oggi perduto. La "Cavea" si apriva in un "Parados" centrale e restano tracce del pavimento del piano dell'orchestra e di una transenna marmorea che doveva realizzare un piacevole effetto di diocromia, contrastando con il materiale rossastro della costruzione. Lungo la scena i buchi ad intervalli regolari dovevano servire per i contrappesi necessari alla manovra del sipario, che anzichè alzarsi, si abbassava prima di ogni rappresentazione, calando, in una apposita sede, davanti al palcoscenico. Il primo incendio, avvennne ancora nel corso del I secolo. Ricostruito e consolidato si caratterizzò per maggiore impegno progettuale e per approfondimenti tecnici. Ciò avvenne tra il II e il III secolo dopo Cristo. Il teatro allora fu allora radicalmente ripensato per renderlo più capiente, migliorarne gli apparati della scena e i percorsi interni, mentre altri elementi decorativi grandiosi in pietra sagomata. Grandi pilastrine ne definivano l'ambulacro, mettendo in mostra soglie in pietra, mentre altri mentre altri elemenenti decorativi grandiosi in pietra sagomata, rivelano una fronte monumentale. in questa seconda ricostruzione la "Porticus Post Scaenam", viene ampliata e decorata con un colonnato. La scena sopraelevata e mossa doveva ospitare spettacoli semre più impegnativi, in grado di qualificare e arricchire continuamente l'immagine della città, ma infaustamente anche questo teatro fu preda del fuoco. La stessa accresciuta popolazione ne aveva richiesto a gran voce una ricostruzione ampliata, che venne arricchita ed ornata da marmi, lesene e stucchi, diventando il più ampio dei teatri romani d'Occidente. Il terzo non più ampio come il secondo e fu ancora decorato con lesene, marmi, cornici e fogliame di quercia e colonne. Tubazioni in piombo portavano l'acqua potabile ad una fontana consentendo così gli annaffiamenti, ma il destino volle che anche il terzo teatro romano di Torino bruciasse nel III secolo dopo Cristo. Ora i resti monumentali di quello che fu un importante luogo di ritrovo per la città antica, si riaprono alla vista di quanti, con fervida immaginazione far rivivere. Lo spettacolo della cultura nel calore di una rinnovvata partecipazione.consolidato si caratterizzò per maggiore impegno progettuale e per approfondimenti tecnici. Ciò avvenne tra il II e il III secolo dopo Cristo. Il teatro allora fu allora radicalmente ripensato per renderlo più capiente, migliorarne gli apparati della scena e i percorsi interni, mentre altri elementi decorativi grandiosi in pietra sagomata. Grandi pilastrine ne definivano l'ambulacro, mettendo in mostra soglie in pietra, mentre altri elemenenti decorativi sempre in pietra sagomata, rivelano una fronte monumentale. In questa seconda ricostruzione la "Porticus Post Scaenam", viene ampliata e decorata con un colonnato. La scena sopraelevata e mossa doveva ospitare spettacoli semre più impegnativi, in grado di qualificare e arricchire continuamente l'immagine della città, ma infaustamente anche questo teatro fu preda del fuoco. La stessa accresciuta popolazione ne aveva richiesto a gran voce una ricostruzione ampliata, che venne arricchita ed ornata nuovamente da marmi, lesene e stucchi, diventando il più ampio dei teatri romani d'Occidente. Il terzo nonostante non fosse più imponente come il secondo fu ancora decorato con lesene, marmi, cornici e fogliame di quercia e colonne. Tubazioni in piombo portavano l'acqua potabile ad una fontana consentendo così gli annaffiamenti, ma il destino volle che anche il terzo teatro romano di Torino bruciasse nel III secolo dopo Cristo. Ora i resti monumentali di quello che fu un importante luogo di ritrovo per la città antica, si riaprono alla vista di quanti, con fervida immaginazione possono far rivivere lo spettacolo della cultura nel calore di una rinnovvata partecipazione. Il primo teatro di Torino costruito all'inizio del I secolo dopo Cristo e fu più volte trasformato ed ampliato, inserendo in un recinto quadrangolare, definito da due vie pavimentate in pietra che delimitavano "Insula", entro la quale sorgeva. Ancora oggi, proprio a poca distanza dal Duomo di San Giovanni, in uno scavo a cielo aperto, si offre alla vista dell'attento visitatore, il primo e più antico teatro romano. In origine "L'orchestra", più bassa del piano laterizio che vediamo oggi, era pavimentata con un battuto in malta, gettato su un acciottolato e che nessun "Balteo" la divideva dalla "Cavea, Lo spazio per gli spettatori , i cui "Meaniana"poggiavano su un terrapieno contenuti da muri "Anulari" e livellato da un piano inclinato di conglomerato. Lungo l'orchestra correva un Euripio (canale), che raccoglieva, coperto da grandi lastre di pietra, le acque della cavea, sfociando in una conduttura sotto "I'Iposcenio", mentre un altro condotto percorreva percorreva il primo ambulacro anulare. La scena era semplificata: le sue porte si aprivano su una "Porticus post scaemas", con ancora visibili i resti che potevano ospitare gli spettatori in caso di pioggia per gli spettatori, che giungeva fino alle mura con una mole discreta, ornata di pitture murali, rappresentanti cesti di verdure e uccelli. Un interessanterilievo ad acquarello, mostrava i luminosi colori del fogliame, le figure degli uccelli nascosti tra il verde, lo zoccolo nero che ne definiva che definiva, l'area tra le palastre decorate con anfore candelabre.Lo spettacolo vivente, cioè il teatro, ebbe presso il popolo romano, sia quello dell'urbe, che quello delle province grandissima importanza. Dotato di potente originalità, il teatro latino svilluppava i caratteri di na letteratuera nazionale tipicamente realistica. "Satura", "Fescennino","Atellana", "Mimo" furonole tappe a cui la rappresentazione approdò, prima della commedia "Palliata", imitata alla Greca, si rapresentasse, sostituita poi, in un secondo tempo, da quella togata di modi e costumi latini. Non mancarono anche tragedie, ma si preferivano farse burlesche, recitate da individui misti, maschere, a cui si aggiunsero poi acrobati, saltimbanchi e danzatrici. Il carattere accentuatamente allegro. il carattere accentuatamente allegro, divertiva il pubblico che accentuatamente allegro, divertiva il pubblico che accorreva numeroso alle rappresentazioni, così gli impresari (Conductores) all'intenzione ne sfruttavano lucrosamente il successo. Più tardi lo stato stesso assunse l'onere del teatro. Gli edili erano incaricati di pagarsi le spese, spesso molo rilevanti: ottomila sesterzi furono pagati per due recite a Terenzio per due recite dell'Eunuco. Il popolo aveva ingressso gratuito mediante tessere che assegnavano il posto secondo il rango sociale.Gli attori recitavano ruoli fissi ed erano per lo più reclutati tra gli schiavi e considerati in genere socialmente "infami". Ciò comunque non impedì che alcuni di essi fossero invece particolarmente apprezzati e ben pagati. "Porticus" e androni consentivano al pubblico dei teatri romani di rifocillarsi. Inoltre vi si profondevano fiori, si bruciavano profumi, si gettavano doni, spesso a scopo elettorale, vi si convogliavano acque per rinfrescare l'ambiente con fontane. Il primo teatro torinese risaliva alla prima deduzione della colonia "Julia Augusta Taurinorum", ed era stato costruito in un luogo ameno e salubre e anche di tradizionale religiosità. Ciò è confermato dal fatto dal fatto che in seguito, a riscatto delle pratiche pagane, le dimore dei Vescovi della città. La "Cavea" era divisa in sezioni e muri concentrici, di cui sono ancora visibili le sostituzioni, la nuova manica lunga del palazzo già vescovile e poi reale. Le strutture visibili nei sotterranei conservano ancora un notevole fascino. A Torino i "Gromatici", urbanisti della città, riservarono al teatro una località nell'angolo nord delle mura, dove esse, per ovviare a un dislivello del terreno, appaiono tagliate verso l'interno.Come ad Aosta era circondato era circondato da un muro rettangolare, oggi perduto. La "Cavea" si apriva in un "Parados" centrale e restano tracce del pavimento del piano dell'orchestra e di una transenna marmorea che doveva realizzare un piacevole effetto di diocromia, contrastando con il materiale rossastro della costruzione. Lungo la scena i buchi ad intervalli regolari dovevano servire per i contrappesi necessari alla manovra del sipario, che anzichè alzarsi, si abbassava prima di ogni rappresentazione, calando, in una apposita sede, davanti al palcoscenico. Del concitato spettacolo se ne può trarre una descrizione di Plauto: "Le cortigiane non devono stare nei primi posti: quieti stiano i littori con le loro verghe; se gli schiavi si vogliono sedere, prima si comprino la libertà; le balie si occupino dei marmocchi o non li portino a teatro; le matrone trattengano i loro strilli e le chiacchiere". E', come si vede, una colorita immagine di popolare partecipazione che si espreimeva nei "Clamores" e "Plausus: approvazione e disapprovazione verso le varie "Fabulae e Scaenicae". Un primo incendio, avvenuto ancora nel corso del I secolo, ricostruito e consolidato si caratterizzò per maggiore impegno progettuale e per approfondimenti tecnici. Ciò avvenne tra il II e il III secolo dopo Cristo Il teatro allora fu allora radicalmente ripensato per renderlo più capiente, migliorarne gli apparati della scena e i percorsi interni, mentre altri elementi decorativi grandiosi in pietra sagomata. Grandi pilastrine ne definivano l'ambulacro, mettendo in mostra soglie in pietra, mentre altri elemenenti decorativi grandiosi in pietra sagomata, rivelavavano una fronte monumentale. in questa seconda ricostruzione la "Porticus Post Scaenam", viene ampliata e decorata con un colonnato. La scena sopraelevata e mossa doveva ospitare spettacoli semre più impegnativi, in grado di qualificare e arricchire continuamente l'immagine della città, ma infaustamente anche questo teatro fu preda del fuoco. La stessa accresciuta popolazione ne aveva richiesto a gran voce una ricostruzione ampliata, che venne arricchita ed ornata da marmi, lesene e stucchi, diventando il più ampio dei teatri romani d'Occidente. Il terzo non più ampio come il secondo fu ancora decorato con lesene, marmi, cornici e fogliame di quercia e colonne. Tubazioni in piombo portavano l'acqua potabile ad una fontana consentendo così gli annaffiamenti, ma il destino volle che anche il terzo teatro romano di Torino bruciasse nel III secolo dopo Cristo. Ora i resti monumentali di quello che fu un importante luogo di ritrovo per la città antica, si riaprono alla vista di quanti, con fervida immaginazione sapranno far rivivere. Lo spettacolo della cultura nel calore di una rinnovvata partecipazione.
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
...
Dentro la notiziaLa newsletter del giornale La Voce
LA VOCE DEL CANAVESE Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.