E' necessario ricordare il tragico eccidio di Villadeati del 9 ottobre 1944. Ce ne offre un quadro preciso un testimone oculare, l'avvocato Carlo Schindler. "Nell'estate del 1944 il Comando della VII Divisione Monferrato si era trasferito nei boschi che circondano Villadeati. Pochi giorni prima un distaccamento della Monferrato aveva catturato un autocarro tedesco nei pressi di Cavagnolo. Nel combattimento un tedesco era rimasto ucciso e l'autista illeso, fatto prigioniero, era stato trasportato al Comando di Villadeati. Si chiamava Ernst ed era un abile meccanico. Riparò gli automezzi del Comando, si acquistò la fiducia di tutti tanto che girava liberamente per il paese, bene accolto nelle case, chi gli offriva un piatto di minestra, chi un pane appena sfornato, un bicchiere di vino o del tabacco, ed Ernst accettava ringraziando, sorrideva, accarezzava i bambini. Tutto questo durò circa due mesi. Una notte però Ernst scomparve, raggiunse Casale, si presentò al Comando delle S.S. e fece il suo rapporto. Il Comando Partigiano accortosi della fuga al mattino, fece affannose ricerche per riprendere il fuggitivo, ma invano. Decise allora di abbandonare la zona. Intanto a Casale il maggiore Mayer preparava una spedizione di 400 S.S. più elementi della g.n.r. e brigate nere con autoblinde e 24 autocarri per il bottino. Giunsero all'improvviso verso le sette del 9 ottobre, in una mattina grigia e piovosa, provenienti da Odalengo Piccolo con Ernst che faceva da guida. Frattanto l'allarme era stato dato in paese ed i giovani erano fuggiti come avveniva solitamente in simili circostanze ed erano rimasti soltanto gli anziani, le donne e i bambini. Appena giunto, il maggiore Mayer fece radunare tutti gli uomini e ne fece estrarre a sorte dieci che dovevano essere fucilati per rappresaglia se entro le ore 12 non fossero stati resi noti i nascondigli dei partigiani. Nel frattempo il resto della masnada per non perdere tempo iniziava il saccheggio delle case. Sopraggiunse Don Ernesto Camurati, il parroco di Villadeati, a difendere i suoi parrocchiani. Invano si rivolse al maggiore Mayer facendogli presente che in ogni modo quei padri di famiglia, armati soltanto dei loro attrezzi di lavoro, non potevano opporsi agli armati di mitra che passavano sulle loro terre, di qualsiasi parte essi fossero. Invano, poichè Ernst, il tedesco che aveva accettato sorridente le gentilezze ed i doni di quegli infelici, che aveva accarezzato i loro bambini, accusava ora implacabile: tu hai dato il pane hai partigiani, tu hai dato la carne e tu hai dato il vino, i tuoi ragazzi facevano le staffette ai partigiani. Don Camurati rivoltosi al maggiore tedesco disse: "Se vi occorre una vittima prendete me e risparmiate questi padri di famiglia, non create delle vedove e degli orfani". Ma la ferocia del tedesco non si commosse all'offerta dell'eroico prete ed ordinò che anche il parroco fosse fucilato insieme ai suoi parrocchiani, tanto, disse, era anch'egli un favoreggiatore dei partigiani. All'ultimo momento si accorsero che i condannati già allineati per l'esecuzione erano undici in seguito all'intervento di Don Camurati e la meticolosità teutonica fece sì che l'ultimo della fila a destra ebbe salva la vita. Il sacerdote chiese al maggiore di concedere almeno ai condannati dieci minuti di colloquio con i familiari anche per regolare i loro interessi, ma anche questo venne negato, la risposta fu: "Se volete pregate e fate presto". Allora Don Ernesto uscì con passo fermo dalla fila e voltando le spalle al plotone d'esecuzione già allineato, con voce calma e serena recitò la preghiera dei morti, poi tracciato nell'aria un gran segno di croce, andò a rimettersi in fila per affrontare il martirio insiema ai suoi parrocchiani. Un secco comando, una scarica, il sacrificio era compiuto ed altri dieci martiri si aggiungevano all' eroica schiera dei caduti per la libertà". Il parroco non morì subito, ma venne finito con due colpi alla nuca dal maggiore Mayer che secondo le testimonianze di alcuni congiunti delle vittime esclamò: "Il pastore era duro a morire". Poi vennero finiti anche gli altri con un colpo alla nuca. Il maggiore della Wehrmacht tedesca Wilhelm Meyer, talora indicato come Mayer, è stato comandante della piazza militare di Casale Monferrato nel periodo dell’occupazione nazista. Questo ufficiale, che dipendeva gerarchicamente dal Kommandantur 1014 di Valenza dal colonnello Becker, fu particolarmente arrogante, violento e disumano, legando il proprio nome ad alcuni dei più tristi episodi della storia monferrina di quel periodo. Meyer si distinse anche in altre imprese: per esempio in quello stesso ottobre 1944 aggredì fisicamente e con violenza don Antonio Volpato, accusato di dare ospitalità presso l’oratorio salesiano di Casale a ribelli ed ebrei. In quell’occasione preannunciò che avrebbe fatto fucilare tutti i preti, con il Vescovo in testa. Ancora il 6 ottobre 1944 ordinò la fucilazione di Nazareno Lazzarini, ufficiale della “Monferrato”, riconosciuto mentre stava portando all’ospedale un partigiano ferito. Gli uomini del maggiore tedesco ne gettarono poi il corpo nel Po e non fu mai più ritrovato. Sempre al nome di Meyer sono legate le rappresaglie compiute a Pontestura, Cantavenna, Ozzano, Rosignano. Il 24 aprile 1945, il comando tedesco di Casale, insediato nelle scuole “Ciano”, fu assediato dalle formazioni partigiane giunte in città, in particolare dalla Divisione “Patria”. Fino all’ultimo il comandante rifiutò di arrendersi. L’indomani i partigiani della 3ª Brigata “Lazzarini” della Divisione “Monferrato” trasferirono Meyer nel carcere di Moncalvo. Si giunse così al 10 maggio 1945, quando il maggiore, riconosciuto come autore dell’eccidio di Villadeati, fu condotto nella località “Rondò”, proprio dove sette mesi prima aveva messo al muro undici innocenti. Dopo un processo sommario fu condannato alla fucilazione. Sprezzante come sempre, rifiutò i conforti religiosi e morì fumando una sigaretta. Il suo corpo venne sepolto in uno spazio al di fuori del cimitero di Villadeati e non in terra benedetta; solo nell’ottobre 1949 le spoglie poterono essere riesumate: prima di allora non si erano trovate persone disponibili a testimoniare. I resti del famigerato maggiore furono ricollocati nell’ossario comunale. Nessun famigliare ne richiese il rimpatrio in Germania. Attualmente ciò che rimane di uno dei più feroci rappresentanti della rabbia nazista contro gli italiani riposano nel cimitero militare germanico di Costermano nei pressi di Verona, mentre di Ernst, l'accusatore e responsabile con le sue accuse della strage di Villadeati,scomparve nel nulla.
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