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08 Gennaio 2016 - 11:19
Ricorreva nel 2015 il 150° anniversario della Conquista del Cervino. Il C.A.I. di Cuorgnè ed il CORSAC hanno voluto ricordare questa tappa fondamentale nella storia dell’alpinismo dedicandole una serata nell’ambito degli “Incontri d’Autunno” dello stesso CORSAC.
Lo hanno fatto con una modalità inconsueta e molto interessante: raccontare le tappe salienti della corsa per la conquista della vetta mettendo a confronto film differenti, realizzati a distanza di pochi anni da registi appartenenti a nazioni tra loro in contrasto. Le vicende raccontate sono le stesse ma il modo di presentarle, di descrivere i protagonisti e l’ambiente che li circonda risente in modo eclatante del contesto in cui il regista si trovò ad operare. Si è trattato di una serata per appassionati di montagna e per cinefili, organizzata in collaborazione con il Museo della Montagna di Torino ed affidata con esito felice a Marco Ribetti, che per il Museo è curatore della Cineteca Storica e della Videoteca.
La conquista del Cervino vide protagonisti due scalatori, alquanto diversi per stile e temperamento: l’italiano Carrel e l’inglese Whymper, che alternativamente si sfidarono, cercarono insieme la vetta, di nuovo si contrapposero. Ebbe la meglio Wympher che, nel 1865, raggiunse l’obiettivo scalando la parete nord della montagna con una cordata anglo-elvetica; Carrel, che saliva dal versante opposto con una cordata tutta italiana (come avevano voluto il C.A.I. e Quintino Sella) abbandonò l’impresa allorché si accorse di essere stato battuto sul tempo.
La vittoria dell’inglese si concluse però con una tragedia: durante la discesa, quattro componenti della spedizione su sette morirono precipitando per la rottura della corda che li legava.
Wymper venne accusato di averla tagliata per salvare sé stesso. Sarebbe poi stato proprio Carrel a scagionarlo, salendo a recuperare la corda: si era spezzata, su questo non vi potevano essere dubbi.
Ribetti ha scelto tre pellicole, due delle quali girate dal medesimo regista (l’altoatesino Luis Trenker) a distanza di dieci anni l’una dall’altra: dieci anni di progressi fondamentali nelle tecniche cinematografiche e di sconvolgimenti epocali nell’assetto politico dell’Europa.
L’altro film è dell’ungherese Emeric Pressburger, emigrato in Inghilterra. “Der Kampf ums Matterhorn” di Trenker risale al 1928, all’epoca del Cinema Muto; “Der Berg Ruft” è del ’38. La prima versione del “La Grande Conquista” (questo il titolo in italiano) puntava molto sulla rivalità sentimentale fra i protagonisti e la recitazione era alquanto calcata: “Queste espressioni del viso che ci sembrano un po’ ridicole – ha spiegato Ribetti - servivano a far capire i sentimenti dei personaggi: i dialoghi erano infatti affidati ai cartelli. Solo più tardi il film venne sonorizzato”.
La versione del 1938 è “molto più articolata e spettacolare e le immagini sono molto più ricche; la qualità delle riprese in parete è unica per l’epoca e rimarrà ineguagliata a lungo”.
Quanto ai messaggi trasmessi, l’impronta era fortemente anti-inglese: il film venne prodotto in Germania e si era alle soglie del secondo conflitto mondiale.
Molto interessante il confronto con “The Challenge”, girato l’anno precedente in Inghilterra da Pressburger. Scene analoghe vengono descritte in maniera opposta: l’incontro avvenuto a Torino fra Carrel e gli esponenti del C.A.I. , nella versione inglese viene visto “come una caciara” mentre nel processo indetto contro Wymper “noi ci rappresentiamo come un popolo serio ed onesto; gli inglesi ci descrivono come montanari un po’ beceri che mettono in atto un linciaggio contro il loro connazionale”.
D’altra parte – ha aggiunto Ribetti– “Pressburger si rivolgeva al grosso pubblico, Trenker agli appassionati di montagna”. Confrontando ancora le due opere ”nel film italo –tedesco le scene del nostro versante sono più belle mentre la versione inglese è più equilibrata. Trenker è un grande regista di film di montagna ma ha il difetto di scadere spesso nel patetico”.
Raccontare – come si è fatto in questa serata - una vicenda storicamente accaduta attraverso la lettura che ne hanno dato registi diversi in epoche differenti è stimolante: incuriosisce, tiene viva l’attenzione, attiva processi di ragionamento che normalmente rimangono latenti.
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