Cerca

"SAN CALOCERO A CALUSO"

"SAN CALOCERO A CALUSO"
Riassumendo le vicende dello scorso articolo, L’ufficiale Romano Calocero, mentre era in atto la persecuzione contro i cristiani attuata dall’imperatore Adriano, nel II secolo, il legato imperiale Italico per la provincia retica, durante il viaggio per la città di Roma, giunse a Brescia, e qui apprese che il comandante dei soldati Calocero si era convertito al cristianesimo grazie all’opera degli illustrissimi fratelli Faustino e Giovita, ed era quindi contrario all’usanza dei sacrifici indetti per la salvezza dell’Imperatore, che a quel tempo stava visitando la parte Occidentale dell’Impero. Interrogato dall’Italico fu aspramente biasimato e fece incarcerare i fratelli Faustino e Giovita sottoponendoli al tormento del cavalletto e sferzati. Allora Calocero dichiarò pubblicamente di sconfessare gli i doli e di essere cristiano e molti soldati della sua corte lo seguirono senza indugio.  Così il soldato fu condotto a Milano e Faustino e Giovita, dopo aver subito nuovamente ogni sorta di crudeltà, perché considerati degli “incantatori”, Italico li costrinse a seguirli a Roma con i ceppi ai piedi per comparire davanti al Tribunale dell’Imperatore. Consegnò invece Calocero a Sapricio, prefetto della Liguria, che lo condusse ad Asti dove erudì nella nuova religione San Secondo, che fu poi decapitato anche lui fuori dalle mura della città.   Nel frattempo la sua sorte era già stata decisa. Condannato secondo la legge militare, Calocero fu mandato ad Albenga, nella campagna nord-orientale della città, tra il Pontelungo e la foce del Centa e decapitato il giorno decimo quarto delle calende di Maggio, corrispondente all’attuale 18 aprile. Il suo corpo fu portato via di notte e sepolto sul monte situato nei pressi della città, dove poi fu eretto un sacello in suo onore. Non abbiamo notizie certe sull’arrivo del culto di questo Santo nel Canavese, me è probabile, come si era già menzionato, l’importanza dell’Abbazia di Fruttuaria, nel territorio di San Benigno Canavese e con le vie del sale, che attraverso il basso Piemonte, giungevano a Chivasso per rifornire il Canavese stesso. Principalmente comunque, possiamo dedurre che avendo l’Abbazia fruttuariense, molti possedimenti in Liguria, come L’Abbazia del Faro a Genova ed altri possedimenti ingauni, avrebbe favorito una nuova enclave cultuale e forse anche l’emigrazione di qualche vera reliquia o “ex contactu”. Infatti, in cima alla lancia, applicata alla statua, solo in occasione della festa patronale di Caluso, quando viene tolta dalla nicchia, si trova un piccolo reiquiario di filigrana d’argento nel quale è conservata una minuscola  reliquia con il relativo cartiglio “S. Caloceri M.”. Non siamo invece d’accordo sull’interpretazione che vorrebbe il nome di Caluso, derivato dal Santo Patrono, in quanto il toponimo è senz’altro più antico della chiesa castrense  e risulta assai diffuso in precedenza nel territorio canavesano.   Nella bolla di Innocenzo III emanata nel 1204 compaiono anche le chiese dei “Sancti Andreae, et Sancti Calloceri de Caluxio”. Infatti nei pressi della località sulla via del sale, lungo la strada romana Torino-Pavia si trovava la chiesa di San Calocero di Torcello. La chiesa di San Calocero “in castro” di Caluso, situata a sud della cinta muraria del castello, viene retrodatata al 1177. Dai ruderi attuali si può risalire alla sua origine romanica sia sulla parte basale che sull’orientamento canonico, e come ben si vede tuttora doveva proseguire ad oriente e terminare con l’abside. Si è notato inoltre che nella muratura rimasta sono inglobati alcuni “lateres” romani. Ad un attento esame si può intravedere l’esistenza di una nicchia rettangolare  all’interno del lato sud, identificabile forse in una nicchia per lumi, e di una porta in seguito tamponata sul lato settentrionale, cioè rivolta verso il castello e di cui al momento non ci è possibile comprendere se si fosse trattato di un ingresso principale o secondario. L’importanza storica di questa chiesa deriva dal fatto di essere stata “Castrense”, cioè parte di un sistema fortificato, sotto la protezione dei castellani, i quali, come è noto, avevano voluto dei patroni dei “Santi guerrieri” fin dall’alto medioevo, come il San Michele dei Longobardi, che continuerà il suo patrocinio per tutto il Medioevo come nei casi di Candia, Rivarolo, Brosso e Strambino. Nulla stupisce quindi che a Caluso sia stato accolto il martire ufficiale Calocero che, come difese valorosamente la sua fede, altrettanto avrebbe fatto verso i suoi devoti. Le tre chiese “Ecclesie S.torum Andree Callocerii et Petri de Caluxio” pagavano cumulativamente 18 soldi di decima.   La costruzione iniziata nel 1522 della nuova parrocchiale al centro del paese , toglierà lentamente, ma inesorabilmente l’importanza delle due chiese titolari. Infatti la volta di S.Calocero crollerà nel 1880 e non sarà più ricostruita, ma la parrocchia però rimarrà sempre sotto il titolo dei Santi Andrea e Calocero, nonostante l’ufficiale dedicazione mariana. All’interno comunque rimangono già dal 1651 importanti testimonianze della sua presenza, come la volta affrescata con la sua immagine del 1752 di Giambettino Cignaroli, o comunque attribuibile alla loro bottega, una pala d’altare con il Santo raffigurato a cavallo e la statua processionale di cui abbiamo già parlato. Il Santo è effigiato anche nella parte centrale di Caluso , situato tra le vie Diaz e via Vittorio Veneto. Un’altra chiesa dedicata a San Calocero doveva esistere nel vicino paese di Barone Canavese, ma di essa, al momento, non sono reperibili sicuri documenti. L’unica certezza è che possedeva due particelle di reliquie , delle quali una è stata recentemente rubata. Infine dell’”Ecclesia S.ti Callocerii de Torcello, elencata nel trecentesco libro “Liber Decimarum” eporediese, non rimangono che il ricordo attraverso i documenti e la recente identificazione del sito nei pressi della frazione Castelrosso a Chivasso.   Il Padre agostiniano Borla, autore delle “Memorie Storiche di Chivasso” (XVIII secolo), è stato l’ultimo a vedere e ad indagare i rimanenti ruderi della chiesa, lasciandoci poche, ma precise notizie di quanto poco ebbe modo di constatare prima che i soldati francesi la distruggessero completamente. Nella sua descrizione vi sono due pietre miliari, l’una cilindrica, l’altra a forma di parallelepipedo con incise iscrizioni dedicate all’imperatore Costantino che furono rinvenute, insieme ad altri reperti, il 17 aprile del 1772, durante i lavori di demolizione dell’antica chiesa di San Calocero. Tutti i reperti che lo storico chivassese descrisse minuziosamente sono andati perduti. Rimane però il ricordo locale di questo luogo sacro, che è dato dal toponimo “Fontane di San Calocero”, presso le quali era la chiesa e nelle cui vicinanze, come si è già detto, transitava l’antica strada Torino-Pavia. Naturalmente si ignora l’origine del titolo “caloceriano” dato all’edificio di culto e situato su di una importante via di comunicazione già dall’antichità, tanto che fu addirittura ipotizzato il passaggio del Santo condotto al martirio. Venerato ancora oggi per i suoi poteri taumaturgici sulle malattie della pelle, al santo si attribuisce la scampata epidemia di vaiolo dell'Ottocento, annoverandolo naturalmente tra i Santi, che con i loro miracoli, dovrebbero avere il compito di proteggerci eternamente.
Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori