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AUTENTICI VOLTI MEDIEVALI

AUTENTICI VOLTI MEDIEVALI
E’ risaputo che il Piemonte entra con un certo ritardo nella vita preistorica italiana. Probabilmente gruppi di cacciatori, organizzati in bande, esploravano vaste aree per mantenere la sopravvivenza. Quanto alle popolazioni si parla di “Liguri”, termine generico ed incerto, sotto cui si raccoglie una popolazione che non ha lasciato di sé alcuna testimonianza epigrafica o linguistica diretta. Gli stessi Liguri in epoca romana, ormai assimilati, non sanno precisare le proprie origini. Autoctoni, oppure originari del Baltico precedono i Celti nelle loro migrazioni. In seguito ne sono facilmente assorbiti, tanto che i Romani non saranno in grado di distinguere il loro profilo etnico e li definiranno generalmente come Galli. Ora noi ci chiediamo: ”Che aspetto poteva avere assunto questa fusione di popoli?” In effetti i Celti scendono dai Passi Alpini tra la fine del V secolo e l'inizio del IV. Ariani e bellicosi , per il Piemonte si tratta di una graduale penetrazione di piccoli gruppi di famiglie che nell’arco di circa due secoli finiranno per confondersi totalmente con la preesistente popolazione ligure. Il tutto si svolge pacificamente: “Ma quale saranno stati i tratti somatici nati dalla fusione di queste due popoli?”   Tutto ciò che sappiamo è che gli stanziamenti celtici portano sulle nostre terre bande di guerrieri di alta statura, capelli biondi o castani, che spesso usano tingere di rosso, occhi azzurri e colorito chiaro. Indossano una sorta di pantaloni, le “brachae”, per i Romani ridicoli, ma che finiranno per adottare e il “Sagum”, un tipo di mantello in pelle con cappello appuntito che gode di larga diffusione. Comunque le notizie che giungono a Roma dalle nostre regioni non sono incoraggianti: foreste impenetrabili, lande deserte, colline selvose, vaste estensioni occupate da acquitrini e laghi, valli e montagne, neve e ghiacci perenni, genti schive. Che Annibale sia riuscito a passare ha del miracoloso. Ma la vaga descrizione “di gente schiva” non appare un poco superficiale?: ”Come si era trasformato il volto di questa gente?”   Poi giunge la penetrazione romana in un succedersi di Colonie, autentiche teste di ponte per la marcia verso l’Alta Pianura e le Alpi; il Piemonte cessa di essere una terra di frontiera e di transizione per divenire una zona di espansione demografica  a favore del grande numero dei veterani in attesa di una sistemazione dopo le guerre civili. Quindi abbiamo nuovi insediamenti e nuove fusioni. Gli scavi archeologici rivelano, a testimonianza di ciò, i volti delle città costellati di edifici pubblici e privati, teatri e anfiteatri, mura e archi che rimarcano un’opera di intensa romanizzazione volta a mutare il volto della regione. Ma anche i “volti” delle persone saranno cambiati. Interessante sarebbe conoscere come sarebbero stati. Con la caduta dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, si vengono a creare per lunghi secoli, nuovi stili di vita spartani e per nulla pacifici. I nuovi confini sono continuamente precari e il potere centrale è talmente lontano che per ristabilire un ordine occorreranno nuovamente numerosi eventi in diversi secoli di cambiamenti.   Dopo il disfacimento dell’Impero Carolingio, l’incessante serie di incursioni di popoli stranieri segna la fine della costruzione politica voluta da Carlo Magno e con la deposizione di Carlo il Grosso nell’877 si inizia un lungo e tormentato periodo di lotte tra i vari Signori, reali detentori del potere, perdendosi così l’unità dell’Impero e le scorrerie sono aperte a Saraceni, Ungari e Normanni. Così nella metà del X secolo l’attuale Piemonte viene suddiviso in quattro grandi Marche e nel corso dell’XI secolo, quando la crisi del potere pubblico, cioè quello emanato dall’Imperatore, è diventata acutissima. Così, come in tutta l’Europa Occidentale, nel corso del secolo XII, l’organizzazione del “Contado” è quella delle signorie laiche ed ecclesiastiche nate dalla polverizzazione delle grandi marche e contee. E’ un’organizzazione legata ai castelli e sia i rustici, che gli allodieri e i coltivatori di terre signorili, subiscono e talvolta “cercano” la protezione di un Signore fondiario presente sul territorio, un ente ecclesiastico o una famiglia di tradizione militare, collegati con quello che era, più o meno, stretto con l’antico potere centrale. Sono questi “domini” che ora controllano l’amministrazione della giustizia e il buon ordine del villaggio provvedendo così alla sua difesa. Ciò avviene con la costruzione a proprie spese di un castello o di una fortezza, con il conseguente acquisto dei poteri giurisdizionali. Vengono assunti piccoli eserciti mercenari, quasi sempre stranieri, come francesi, svizzeri o tedeschi, regolarmente pagati per i loro servigi e fino al XV secolo il Piemonte diventa teatro di angherie, aspre contese tra Signori locali ed invasioni di eserciti stranieri per inglobare o tentare il controllo dell’intera regione. In questo lungo periodo di stabilizzazione ottenuto per la maggior parte dei casi con sanguinose e cruente battaglie. Verrebbe naturale a questo punto chiedersi quale fosse l’aspetto, il “vero volto” dei piemontesi di quel periodo. Ne abbiamo alcuni esempi sulle tele dei dipinti dell’epoca, ma sappiamo anche che tali opere venivano spesso severamente esaminate e molte volte censurate se non corrispondevano al volere indiscutibile dei nobili laici o degli ecclesiastici: insomma non vi era molta libertà di scelta su questi semplici propositi.   Proprio riguardo a questo, oserei dire, curiosissimo argomento, abbiamo recuperato dai capilettere dei registri comunali di una cittadina piemontese con le immagini tratteggiate dei volti di alcune persone comuni ritratti nei catasti del 1442. Questo naturalmente per uno storico locale, e immagino per un comune piemontese, sia una curiosità di straordinario interesse. “Che aspetto avevano i nostri antenati?” Da queste tratteggiature realizzate tra età Medievale ed età Moderna, si potrebbe dedurre che la donna quattrocentesca doveva avere una figura esile, la fronte alta e il naso prominente. Il labbro superiore sporgente, il mento in alcuni casi sfuggente e le sopracciglia sottili su grandi occhi sognanti. La ritrattistica maschile invece, pare riproporci un volto non dissimile da quello femminile, con l’unica eccezione di un naso maggiormente pronunciato. Bisogna ammettere che osservarli attentamente ci procura uno strano effetto, certamente lontano da una ricostruzione virtuale, come molti documentari televisivi, seppur in buona fede, ci vogliono propinare. L’autore era un contemporaneo e chi meglio di lui, vista la professione, poteva ritrarli con la più semplice naturalezza?
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