Il suo nome - Guglielmo da Volpiano - non è propriamente notissimo in Canavese. I più colti sanno che si tratta del fondatore dell’abbazia di Fruttuaria, dove Re Arduino si ritirò nell’ultimo periodo della sua vita. Quanti sono a conoscenza dell’esistenza di altri “Guglielmo da”: da Orta, da Digione, da Fécamps? Qualcuno ne avrà forse sentito parlare durante un viaggio in quei luoghi ma probabilmente non sa che… si tratta della stessa persona. Qualcosa in più hanno imparato su di lui quanti hanno partecipato alla serata dedicatagli a Cuorgnè dal CORSAC ed hanno visitato la mostra ospitata durante l’ultimo fine-settimana di maggio nell’ex-chiesa della Trinità. Realizzata dall’associazione “Terra di Guglielmo” in collaborazione con gli “Amici di Fruttuaria” e con il contributo della Provincia di Torino, la mostra consente di avvicinarsi a questo personaggio sia attraverso lo strumento della ricostruzione storica che attraverso quello dell’interpretazione pittorica datane dall’artista Lella Burzio. Davvero interessante la conferenza dello storico Dorino Tuniz, che pure temeva di aver annoiato l’uditorio. Chi l’ha ascoltato con attenzione ne è uscito arricchito ed insieme assillato da una domanda non nuova: “Perché in Canavese diamo così poco rilievo ai personaggi ed alle vicende di cui ci dovremmo gloriare?”. A questo stanno cercando di porre rimedio associazioni come “Terra di Guglielmo”, presieduta da Alfredo Novelli, che dal 2003 porta avanti un lavoro di ricerca e di divulgazione focalizzato in particolare sul Medioevo e sulla figura di Guglielmo da Volpiano.
GUGLIELMO DA VOLPIANO
Guglielmo da Volpiano, monaco benedettino, fu uomo di fede e di cultura. Nato nel 962 da una nobile famiglia, venne destinato al convento ed entrò da bambino nel monastero di Lucedio, dove rivelò notevoli doti intellettive. Studiò a Vercelli e Pavia; conobbe l’abate di Cluny Maiolo e lo seguì nel monastero che era alla base del rinnovamento religioso contro le derive mondane della Chiesa. Lì si distinse ben presto per le sue capacità tanto da diventare una sorta di riformatore itinerante: a lui vennero affidati tra gli altri il Monastero di San Benigno a Digione e quelli di Fécamps, Mont-Saint-Michel, Bernay e Jumièges in Normandia, regione nella quale lasciò tracce profonde. Non fu solo riformatore religioso, abile oratore ed attento pedagogo (alle scuole monastiche affiancò delle scuole pubbliche popolari) ma anche architetto e musicologo. Il suo lavoro di costruttore fu sicuramente ispirato alle opere dei fratelli comacini, conosciute durante il periodo di studi in Lombardia. Particolarmente attento all’importanza della musica ed in particolare del canto nella vita liturgica, è ritenuto l’ispiratore del “Codice di Montpellier”, caratterizzato dalla doppia notazione con cui è scritta la musica. Notizie storiche e leggende su Guglielmo si mischiano ed a volte si confondono anche perché il suo biografo Rodolfo il Glabro era mosso da intenti agiografici e non si preoccupò tanto di ricostruire correttamente i fatti quanto di esaltare l’autorevolezza del personaggio. Tra storia e leggenda si collocano la sua nascita a San Giulio d’Orta durante un assedio e l’essere stato tenuto a battesimo dall’imperatore Ottone; alla realtà storica appartiene invece la sua opera riformatrice. Fondò l’abbazia di Fruttuaria su terreni donatigli a questo scopo dai fratelli dopo che era sopravvissuto alla malaria contratta durante un viaggio a Roma. Ne fece una sorta di “zona-franca”, indipendente da ogni potere che non fosse quello della Santa Sede, con giurisdizione sulle “Terre Abbaziali” (San Benigno, Lombardore, Feletto e Montanaro) e con successiva creazione di priorati e chiese estesi su gran parte dell’Italia Settentrionale . Dagli ultimi decenni dell’XI secolo in numerose abbazie europee si diffonderanno le “Consuetudines Fructuarienses”: rispetto alle regole di Cluny erano più rigide sul piano spirituale ma più duttili nell’adattarsi alle situazioni concrete in cui le si doveva applicare. L’indipendenza fu una costante nei monasteri da lui diretti: non accettò mai intromissioni, a quel tempo frequenti: come ha ricordato il professor Tuniz “I monasteri medievali erano centri di vita religiosa ma anche importanti entità economiche e verso di essi si rivolgeva spesso la cupidigia dei potenti, che pretendevano di nominare gli abati”. “Al di là delle singole opere di riforma – ha ancora sottolineato – il merito maggiore di Guglielmo è quello di aver contribuito per la prima volta a dare l’idea dell’Europa come di un insieme unitario, con una base comune ed una cultura unica pur nella diversità dei popoli”.
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