“L’avversione si manifestò sempre più apertamente, concretizzandosi in una lotta di cui Oliviero Capello fu, fin dall’inizio, il più tenace e leale sostenitore, tanto da essere in seguito definito “L’anima stessa della Resistenza”. I maggiori problemi di Oliviero Capello, come soldato e come uomo politico, si manifesteranno quando al figlio della Duchessa Margherita, figlia di Anna D’Alençon, l’ultima dei “Paleologi”, il duca Guglielmo X di Mantova e del Monferrato, gli furono conferiti pieni poteri sullo Stato stesso del Monferrato. I suoi sudditi non riusciranno mai a sopportarne il suo carattere di sovrano. Egli era possessore di una disposizione dispotica del comando, che lo Stato del Monferrato non riusciva proprio a tollerare. Non mancarono quindi le sommosse, le ribellioni e persino le congiure, al quale il Marchese rispose sempre con crudeli repressioni e condanne. A causa della grave forma di gibbosità cifotica che lo aveva colpito fin dalla nascita che lo penalizzava in forma di figura, i reggenti avevano valutato l’opportunità di assecondare il passaggio del titolo ducale in favore del terzogenito Ludovico. Ma la forza d’opposizione che Guglielmo X mise in atto per accaparrarsi il potere fu tuttavia irremovibile. Il 28 giugno 1540 era rimasto orfano del padre e fu posto quindi sotto la tutela della madre e del CardinaleErcole fino al 1559. Nonostante quest’educazione, anche se nel 1586 fece liberare ed accolse alla sua Corte il poeta Torquato Tasso, imprigionato a Ferrara dal genero duca Alfonso II d'Este durante le sue nozze, il suo carattere era dedito al lusso ed a sfrenati festini senza limiti di decenza , ed il suo carattere non poteva certo ammettere ostacoli da chiunque volesse frapporvisi, concludendo sempre con l’uso di metodi che non ammettevano alcuna replica, a costo di usare una brutale ferocia su chiunque osasse in qualche modo contrastarlo. Secondogenito di Federico II, primo duca di Mantova, i primi segnali degli ostacoli che Guglielmo X incontrò per il mantenimento del Monferrato, condizionarono la sua azione di governo fino al 1570, in particolare nella politica estera, nella quale dovette destreggiarsi in una complicata opera di equilibrio tra l’antagonista Duca di Savoia, la Francia, la Spagna e l’Impero. Nel 1536, il Monferrato era stato assegnato con arbitrato imperiale al padre di Guglielmo X, in seguito al matrimonio con Margherita Paleologo, ultima erede di quel Marchesato. Le prime difficoltà per il duca Guglielmo X di Monferrato, sorsero il 2 marzo 1555, quando i Francesi, con un colpo di mano, si impadronirono di Casale Monferrato, mantenendone il governo in nome del re di Francia, fino alla pace di “Cateau-Cambresis” del 1559.Già prima della conclusione di quel trattato, la diplomazia gonzalesca aveva dovuto respingere con fermezza le richieste della città di Casale Monferrato, che avrebbe preferito di gran lunga il dominio francese. Guglielmo X si occupò degli affari di governo dal 1556 e si affrancò dai suoi tutori, definitivamente, nel 1559, quando diede il via all’attuazione del suo programma per il Monferrato, destinato a scontrarsi in poco tempo con il regime di autonomia comunale di cui godeva CasaleMonferrato. Già dal tempo dei Paleologi, la città aveva una propria amministrazione della giustizia e un proprio sistema economico e finanziario, prerogative che ovviamente si contrapponevano al regime assoluto instaurato da Guglielmo X. Sapendo delle difficoltà che avrebbe incontrato, ma convinto di essere sostenuto da quell’alleanza ormai consolidata dalla posizione spagnola, nel 1561, GuglielmoX designò al governo del Monferrato la sorella Isabella, la quale poteva garantire la difesa grazie alle truppe spagnole del marito Ferdinando D’Avalos. Ma, come già abbiamo ricordato nel precedente articolo (https://www.giornalelavoce.it/la-congiura-di-oliviero-capello-146637), l’insofferenza di Casale si fece più marcata, e fu solo la madre Isabella, che assumendo il governo in sostituzione del figlio, tentò vanamente di sedare, come monferrina, i sentimenti ostili della popolazione, anche se altri storici sostengono che fu già verso la fine del 1563, che esplose il primo episodio di lotta aperta tra Casale e il duca, in seguito alle richieste ed alle intimidazioni di rinunciare alla giurisdizione ed alle libertà cittadine, fatte da MargheritaPaleologa, madre di Guglielmo X e governatrice del Monferrato. Per volere di quest’ultimo, intimò l’arresto e l’esilio di uno dei due Proconsoli, che certo non piegarono Casale, anzi, di fronte alle ripetute sollecitazioni gonzalesche, rispose con un forte atto di audacia, incaricando il “FidatissimoProconsole” Oliviero Capello, nell’intento di rimettere la controversia alla Giustizia Imperiale. Così il 28 luglio 1564 il Capello partì per Vienna trascorrendovi alcuni mesi, riuscendo anche a suscitare una certa diffidenza nei confronti dei Gonzaga, tanto che l’Imperatore Massimiliano II pronunciò una sentenza sostanzialmente favorevole alla città di Casale Monferrato e con una lettera inviata il 23 gennaio 1565, invitava il duca Guglielmo X a non violare gli antichi privilegi della città. A Casale, la notizia del successo riportato da Oliviero Capello però, generò un irresponsabile entusiasmo con l’arbitrario decreto della costruzione di un Forte presso una Porta della Città il 2 marzo 1565. Quando in maggio il Capello fece ritorno a Casale, l’atto di aperta ribellione si era fatta gravissima e Guglielmo X incominciò a sostenere apertamente un segreto accordo con Emanuele Filiberto diSavoia, di cui erano ben note le aspirazioni al possesso del Monferrato. Solo nel giugno del 1565, dopo il fallimento del Capello, per placare l’incidente diplomatico, il Forte veniva smantellato. Guglielmo X si dispose comunque propenso ad una trattativa ma si ritirò a Frassineto con la sua Corte e un gran numero di armati, invitando Oliviero Capello a coprire quelle tre miglia di distanza da Casale Monferrato, per stipulare un patto che comunque la Spagna avrebbe voluto positivo. Solo al momento del commiato, Oliviero Capello non gli nascose la propria freddezza, dichiarandolo “Sorgente Di Tutti I Suoi Disgusti”. Dopo l’apparente riappacificazione, Guglielmo X rientrò a Casale Monferrato, ma quando il Capello fu nuovamente eletto “Proconsole”, il duca interpretò tale atto non tanto come una sfacciata sfida, ma come un affronto personale, così il Capello, sentendosi in grave pericolo fuggì a Motta de’ Conti, presso i domini Sabaudi. Guglielmo X, infuriato comminò il confino del Capello a Cremona considerando tutto il popolo di Casale Monferrato come “Ribelle”, così Oliviero Capello giocò la sua ultima carta, recandosi a Roma per conferire con il Papa Pio V il 28 dicembre1566, intromettendosi così, a sua insaputa, nei già difficili rapporti tra il pontefice e Guglielmo X, a causa della mancata conferma da parte del papa del giuspatronato che dai tempi di Pio IV, Mantova vantava sulla cattedrale. In un raro scritto dello stesso Oliviero Capello edito a Milano nel 1560 e intitolato “La regale et trionfante entrata inSpagna nelle nobil città di Toledo”, sappiamo, per sua diretta testimonianza, di un tranello tesogli da Francesco de’ Medici che egli riuscì ad evitare. Mentre Oliviero Capello, all’oscuro di tutto, era impegnato in un lungo ed insidioso viaggio di ritorno, Guglielmo X era nuovamente a Casale Monferrato nel settembre 1567, deciso a domare definitivamente “il Capello e i suoi “ribelli”. I casalesi intanto rafforzavano la Rocca, i cui resti esistono ancora in via dell’Asilo, con la costruzione di un Bastione. In un’atmosfera così tesa, Oliviero Capello e gli altri 11.200 abitanti che allora contava Casale, ben 3000 dovettero lasciare la città. Inizialmente Guglielmo X cercò, senza oltretutto riuscirvi, di indurre il duca di Albuquerque, governatore di Milano, ad imprigionarlo il 4 febbraio in quella stessa città e i l 12 dello stesso mese ottenne che il proprio Consiglio di Casale dichiarasse “ribelli” Oliviero Capello ed i suoi compagni. Il 21 marzo 1567 il duca convocava nel Castello di Casale i suoi feudatari ed i rappresentanti delle comunità per imporre ulteriori gravami e gabelle per un ammontare di 100.000 scudi. OlivieroCapello ed i suoi uomini tentarono un ultimo disperato tentativo di rivolta. Guglielmo X sarebbe stato ucciso con un’archibugiata il 5 ottobre, mentre ascoltava la messa in Duomo. Si sarebbe poi dato l’assalto al Castello ed erano già pronte le lunghe scale delle chiese. Nel frattempo, Oliviero Capello ed alcuni suoi accoliti giravano per le terre vercellesi e per il Monferrato allo scopo di assoldare uomini. Alla Cascina del Cavalletto, fra Rive, Balzola e Villanova, un gruppo di Vercellesi e Milanesi avevano ricevuto “Armi nere, Archibugi da fuoco, pistole e rotelle”. Ma all’ultimo momento la congiura fu scoperta e il duca già in Duomo, fu avvisato dal cugino VespasianoGonzaga, Signore di Sabbioneta. Uscì di corsa e fece chiudere le porte della chiesa, tagliare le funi delle campane e spianare un cannone davanti la porta del Duomo. Furono bombardate la Torre Civica e la Rocca ed il Gonzaga riparava in tutta fretta a Frassineto con l’intera famiglia, pronto a scendere il fiume verso Mantova. A Casale Monferrato furono compiuti numerosi arresti e tra i malcapitati vi furono i canonici Gerolamo Vallario e Gerolamo Baiano. I nobili Corrado Mola, Lorenzo Valle e soprattutto Flaminio Paleologo, figlio naturale dell’ultimo marchese Gian Giorgio. Nonostante le numerose richieste ufficiali de Re, non fu mai liberato, anzi morì in carcere tre anni dopo nella prigione di Goito. Tutti vennero interrogati, incarcerati, torturati e giudicati dal Tribunaledell’Inquisizione nel Convento di San Domenico, presieduto dal Vescovo Ambrogio Aldegatti. Quattro dei principali responsabili , tra cui i due canonici, vennero decapitati in piazza e le loro teste mozze, furono issate sui pilastrini della Torre, come macabro monito agli altri cittadini casalesi. Anche Oliviero Capello non sfuggiva alla vendetta del duca. Il 21 ottobre 1567, a Chieri, dove si era rifugiato, veniva assassinato da Marcantonio Cotto, nobile di Castagnole Monferrato. Il sicario venne incriminato per farsa davanti al Tribunale Ducale e recitò la commedia della legittima difesa, per cui fu ovviamente assolto, insieme con il nipote complice dell’assassinio.
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