E’ stata un’emozione senza fine quella che giovedì pomeriggio ha accompagnato il nuovo appuntamento della rassegna letteraria “I giovedì con l’autore al Mome”, alla biblioteca civica di Piazzale 12 Maggio. In una sala gremitissima di gente silenziosa ed impaziente, Fra Carlo Basili - frate cappuccino, cappellano dell’Ospedale di Chivasso ed editorialista del nostro giornale - ha presentato “Il Tempo è finito”. Una raccolta di poesie intense e toccanti nate tra le corsie dell’Ospedale dove vita e morte spesso si confondono. Una raccolta in cui Fra Carlo ha voluto essere testimone delle emozioni - spesso inesprimibili - di chi nel nosocomio vive la malattia e la sofferenza. Ma, una volta tornato a casa, se ne dimentica. A curare la presentazione del testo, insieme all’autore, è stato l’antropologo chivassese Gianni Bonotto. A recitare alcuni versi della raccolta, accompagnato dalle note musicali di Chopin suonate da Chicco Baroncelli è stato invece Guido Besso. “Queste poesie ruotano intorno al tema della morte. Un tema fondamentale per il nostro periodo - ha esordito Bonotto -. La cosa che accomuna questi versi è l’inenarrabilità, l’ineffabilità”. L’incapacità delle parole di descrivere qualcosa troppo grande per l’essere umano: la fine della vita, appunto. “La morte è un elemento indecifrabile che cerchiamo di rifuggire nonostante sia, un po’ come la nascita, qualcosa di assolutamente nostro - continua Bonotto -. Con le sue poesie aspre, quasi dure, Fra Carlo non rifugge la morte, non cerca di allontanarla, ma la accoglie e la accetta”. Dopo aver la lasciato un ampio spazio alla recita di alcuni versi da parte di Besso, ad intervenire è stato l’autore, che ha raccontato ai presenti la nascita della sua opera. “Queste poesie sono nate un po’ come esercizio poetico - dice -. Nel 2008, a causa di un problema al cuore, sono stato ricoverato in rianimazione all’Utic di Novara, il reparto di Cardiologia Terapia Intensiva Coronarica. Quando ti ritrovi in queste condizioni, da solo e incerto di cosa ne sarà della tua vita, c’è chi si rimbocca le maniche e, sostenuto dalla fede nel Signore, si rialza a vivere. Ognuno lo fa in modo diverso, io - sostiene un po’ ironicamente - ho scelto di mettermi alla prova con la poesia per pigrizia, perché è la forma di scrittura più corta”. L’obiettivo in mente, solo uno: ritornare a lavorare in Ospedale, a percorrere silenzioso le sue corsie, ad essere la “spalla di chi, nei momenti difficili, ti incontra”. “L’ho fatto anche per l’affetto di tutte quelle persone che sentivo vicine durante il mio ricovero”, aggiunge. A concludere la rassegna è stato un spazio lasciato ai commenti del pubblico. Il testo, pubblicato grazie al Circolo Acli di Chivasso e senza fini commerciali, è stato distribuito gratuitamente - o con un’offerta volontaria - a tutti i presenti.
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