C’era un tempo in cui si vantavano di essere le piccole “isole felici” a ridosso della città. C’erano vecchie case, a testimonianza di un passato agricolo non troppo lontano, e stradine di campagna percorribili a piedi. C’era chi lavorava nella piccola macelleria, chi nell’edicola che, oltre ai giornali, vendeva di tutto un po’. Ancora, c’era chi si guadagnava la giornata vendendo pane fresco e generi di prima necessità nell’unico negozio di alimentari, chi curava i pazienti nel solo studio medico, chi sfornava pizze e chi acconciava i capelli... Scriviamo “c’erano”, perché oggi, vagando per le frazioni chivassesi, queste piccole attività non esistono più. Sono state uccise dall’incessante crisi economica che da anni semina povertà in tutto il paese. Altre sono state sostituite dai grandi centri commerciali “ultima generazione” della periferia chivassese, dalle moderne autostrade e dalla linea ferroviaria dell’alta velocità. La sensazione è quella di essere immersi in quelli che comunemente vengono chiamati “villaggi dormitorio”- luoghi fatti di case da abitare ma privi di una propria identità- completamente dimenticati dall’amministrazione comunale del sindaco Libero Ciuffreda. Da Betlemme e Boschetto a commentare la desolante situazione sono le proprietarie degli unici esercizi commerciali che ancora non hanno abbassato le serrande. Domenica Borgaro, titolare dell’edicola in via 4 Marzo 1966 a Betlemme, e Luisella Mantino, del negozio di alimentari di via Sant’Anna a Boschetto. “Quando sono arrivata qui, quasi trent’anni fa, Betlemme era un’isola felice - racconta Domenica, amareggiata -. Avevamo una macelleria, due negozi di alimentari, il tappezziere che foderava i divani e anche la produzione di latte fresco. Addirittura, avevamo l’asilo per i bambini ed uno studio medico, ma negli anni hanno chiuso pure quelli”. L’unica ad essere sopravvissuta è l’edicola. “Rispetto ad una volta, oggi è davvero molto difficile riuscire a portare avanti il negozio - continua l’edicolante -. Guadagno circa il 70 per cento in meno rispetto al passato, sopravvivo solamente grazie a chi, per amicizia, viene ancora a comprare da me”. Fino a qualche anno fa la situazione era ben diversa. Infatti continua: “Questa era una via molto trafficata dagli automobilisti che si mettevano in viaggio per andare a Mazzè o a Caluso, quindi gente che si fermava c’era sempre. Poi è arrivata la costruzione della linea dell’Alta Velocità a darci la mazzata. Da quando è stata realizzata, chi viaggia preferisce passare fuori dal centro abitato”. Riguardo al futuro della propria attività, Borgaro invece sostiene: “I miei figli si occupano di altro e per come vanno le cose posso certamente dire che non la tramanderò…”. A ritenersi privilegiata della propria condizione è Luisella Mantino che, dal suo negozio di alimentari aperto cinque anni fa, sostiene: “Mi ritengo fortunata perché, nonostante le difficoltà e le vendite siano calate rispetto al passato, riusciamo a lavorare. Questo lo dobbiamo soprattutto ai paesani che vengono ogni giorno a comprare il pane o i prodotti freschi”. Nonostante questo, la preoccupazione per il futuro rimane. “L’apertura dei diversi centri commerciali a Chivasso ha fortemente penalizzato le nostre vendite - aggiunge -. A preoccuparmi, però, è la possibile apertura del Bennet. Se questo accadrà saremo davvero finiti”. E in tutto questo, le domande che si pongono convergono tutte verso l’amministrazione comunale. Cosa dovrebbero fare Ciuffreda & company per prevenire la morte delle frazioni? A detta dei commercianti, rivolgere una maggiore attenzione alle frazioni. “Ci sentiamo abbandonati e scoraggiati - commenta infatti Luisella -. In tutti questi anni non abbiamo mai visto nessuno degli attuali amministratori venire a vedere la situazione in cui ci troviamo e invece dovrebbero farlo. E’ vergognoso, anche noi siamo cittadini, anche noi paghiamo le tasse e dovremmo ricevere lo stesso trattamento”. Chissà che, a Palazzo Santa Chiara, a qualcuno non venga in mente di far qualcosa…
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