L’ottimismo e l’amore fraterno per i fedeli sono i valori con cui, da ben 16 anni, guida Rondissone. Con i suoi 76 anni, don Gino Casardi è il prevosto delle Chiesa dei Santi Vincenzo ed Anastasio. L’abbiamo incontrato qualche giorno fa per una chiacchierata sulle attività della parrocchia e sulla vita del paese. Allora don Gino cominciamo dai suoi fedeli. Che rapporto ha con loro? Posso dire di avere un rapporto cordiale, amichevole e fraterno con la popolazione. Quando sono arrivato qui sono stato accolto come se fossi un principino: parecchi volontari, ad esempio, si presentarono subito per partecipare alle attività del catechismo, dell’oratorio e della parrocchia. Lo stesso rapporto continua ancora oggi. E in questi anni come è cambiata la vita del paese? Di sicuro sono cambiate tante cose. Io sono cresciuto e anche i cittadini sono più maturi rispetto al passato. Negli ultimi anni, poi, la comunità si è arricchita di tanti stranieri ma posso dire che rispetto a tanti comuni vicini qui non vengono fatte discriminazioni. In che senso? Da noi gli stranieri sono accolti con gioia e fratellanza. Si lavora insieme e si instaura un rapporto di rispetto reciproco. Soffermiamoci sulla parrocchia. Nel corso del tempo sono stati fatti davvero tanti lavori... Sì, la canonica è stata rimessa tutta a nuovo e così anche l’oratorio. Sono stati restaurati il tetto e l’organo della Chiesa madre e le cappelle della Madonna delle Grazie, quella dedicata a San Francesco e Santa Caterina e quella di San Rocco, che si trova sulla provinciale per Torrazza. A marzo invece metteremo a posto le finestre, il riscaldamento e l’impianto elettrico. Quali sono le attività che state svolgendo invece? Ci occupiamo della catechesi dei bambini e degli adulti. In questo momento stiamo preparando le cresime e le comunioni che si terranno a maggio. Il sabato e la domenica, poi, i ragazzi svolgono attività creative all’oratorio anche se durante la settimana non lo fanno a causa degli orari scolastici e del catechismo. Ha qualche rammarico? Sì, l’indifferenza e l’apatia che ultimamente i giovani hanno nei confronti della Chiesa. Ma questo è anche il risultato del clima di sfiducia portato dalla crisi economica nelle famiglie. Cambiamo argomento. Di cosa avrebbe bisogno Rondissone? Innanzitutto del lavoro. Poi vorrei che in paese tornassero la serenità, il sorriso e la pace che sono stati sostituiti dall’angoscia e dalla povertà. Soprattutto ai bambini non dovrebbe mancare niente. E in questo la Chiesa come interviene? Insieme alla Caritas di Ivrea e al Comune cerchiamo di offrire quel poco che riusciamo per andare avanti. Concludiamo con una questione spinosa, il possibile passaggio di gestione della rete idrica a Smat. Molti parlano della sua vicinanza al Comitato Civico per la difesa dell’acqua pubblica, per altri invece appoggia la scelta del Comune. Lei da che parte sta? Sinceramente preferirei non parlare di questo. Qualunque sarà la decisione, io starò dalla parte dei parrocchiani. Per il resto, posso solo dire che mi sono trovato di fronte a persone che non hanno saputo accettare gli errori delle altre. E su questo chi vuole intendere, intenda.
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