Nel 2014 ricorreva il centesimo anniversario dallo scoppio del primo conflitto mondiale. Nel 2015, invece, verrà ricordato il centenario dall’entrata in guerra dell’Italia. In occasione di queste date, l’Associazione nazionale Alpini di Brandizzo - l’Ana - ha deciso di ricostruire la storia dei tanti cittadini brandizzesi, in tutto sessanta sui quattrocento partiti per combattere, che non tornarono più. Il lavoro è stato affidato ad Angelo Bevere, ex assessore della giunta di Enrico Pastore e componente dell’associazione Alpini. “Ho cominciato il mio lavoro circa due mesi fa all’Archivio di Stato di Torino. Nonostante i nomi dei deceduti e dei dispersi siano conosciuti perché elencati nel parco della Rimembranza, non è stato facile affrontare la ricerca - esordisce Bevere -. Alcuni nomi non erano presenti nei registri mentre altre volte mi sono capitati dei casi di omonimie. Dopo aver individuato il numero di matricola di tutti i militari brandizzesi, sono risalito ai ruoli matricolari”. Ovvero, la descrizione dello stato di servizio di ogni leva: le loro note biografiche e le cause di morte. “Quello che ho potuto constatare - continua il cittadino - è che la maggior parte di quelli che partirono non erano volontari ma uomini strappati alla loro famiglia ed al loro lavoro. Non erano nemmeno così giovani come si possa pensare. La loro età media era di 25 anni”. Anche le cause del decesso furono tra le più svariate. “Ci furono morti per malattie come tubercolosi e polmonite e morti per ferite riportate in guerra”. Le più numerose avvennero sull’Altopiano dell’Asiago, durante la disfatta di Caporetto e nei campi di concentramento austriaci tedeschi o ungheresi. “La ricerca mi ha permesso di scoprire che la maggior parte dei brandizzesi era impegnata nel corpo della fanteria e degli alpini”. Nel lavoro sono anche presenti i nomi dei soldati decorati con medaglie d’argento e di bronzo. Nicolao Cena, Giuseppe Belluto e Giuseppe Cena sono alcuni degli esempi citati. Parte dello studio è stato svolto anche presso l’archivio storico comunale. “Qui ho scoperto altri quattro deceduti che non compaiono al cimitero e ho trovato le comunicazioni che la prefettura inviava ai sindaci per comunicare la morte dei vari soldati”. Sempre Bevere sostiene che il lavoro presenta anche una ricca documentazione fotografica e diversi cenni alle donne, il cosiddetto fronte interno. “Loro si distinsero meglio degli uomini per la dedizione al lavoro. Si dedicarono ai servizi, all’ industria e all’ agricoltura. Inoltre, al fronte scavavano trincee con i soldai, mentre alcune furono catturate e uccise dopo atroci torture”. Alla domanda sul “perché del lavoro” Bevere risponde che è stato un dono che ha voluto fare ai “suoi amici alpini di Brandizzo”. Ma non solo. “La ricerca rientrerà in lavoro più ampio realizzato dalla sezione Ana di Torino”. Lo scopo, quello di divulgare la storia nelle scuole. “Far capire agli alunni brandizzesi che la prima guerra mondiale non è solo quella che si legge nei libri ma è anche quella che ha toccato le loro famiglie”.
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