Ecco, voi trascurate sempre Banchette. Come mai? Cosa vi ha fatto di male? Il nome vi ricorda quei luoghi in cui lasciate i soldi e poi vivete nel terrore che facciano una brutta fine? Ebbene, oggi provvederò a rendere giustizia a questo malcostume degno di una minoranza politica che non venga considerata all'altezza da Gigno Vinia. Il Castello di Banchette, oggi Albergo, è di origini molto antiche, documentata l'esistenza prima del 1200, e forse addirittura di origine romana. Inizialmente si trattava di una casaforte, che se avesse avuto una esse in più giustificherebbe il nome di Banchette connesso alle banche. In seguito venne costruita una Torre, che un Castello senza Torre non fa primavera, e siccome di norma viene chiamata Maschio, potete immaginare la forma quale punto di riferimento anatomico possa avere... La costruzione passò nel tempo di mano in mano: prima fu dei Di Banchette (fantasia al potere...), poi passò ai De Damas, di cui non si sa pressocché nulla, tranne che non parteciparono mai ai Presepi di Georgia Popolo. Successivamente con i Savoia passò ai Pinchia, anche costoro senza rime, nel 1722, quindi divenne appannaggio dei Passerin d'Entrèves, nobili dai gusti ben riconoscibili...in realtà si trattava di Ghibellini fuggiti dalla Guelfa Firenze. Poi arrivarono i Novarese, i Quaglia, che servivano però solo per guarnire, e infine il mitico Emilio Pinchia, che fece recuperare il castello secondo il gusto del D'Andrade, anche se per mano di Ottavio Germano, che faceva un buon prezzo grazie all'uso di mattoni vuoti e di cartapesta. Pinchia va anche ricordato per avere partecipato alla Presa di Roma del 1870, cosa che fa tanto piangere il Vescovo Cerrato. Di un castello del genere non è che vi sia molto altro da dire, se non che, ovviamente, brulica di fantasmi. In particolare viene frequentato di notte da un cavaliere aduso a lunghi viaggi, assassinato nottetempo da un fidanzato (non suo, di Alexina) geloso. Alexina, che abbiamo appena citato, ma solo tra parentesi, quindi voi fagnani manco l'avrete letta, era la figlia dei feudatari di metà Quattrocento e, come tutti avrete capito, Alexina non è che il diminutivo di Anna Malo. Al cavaliere giravano parecchio le balle di essere tornato dal Libano per farsi ammazzare, non a Bomarzo, nemmeno a Caprarola, ma, dico, a Banchette. Quindi lo si può incontrare spesso di notte, soprattutto in prossimità della biblioteca, la qual cosa è di grande conforto, perché conferma che il suo voto non va alla Lega. Ha solo un difetto: non è capace di passare attraverso i muri, anche se son fatti con mattoni di cartapesta. Ma tanto io non credo ai fantasmi, quindi non sono neanch'io adeguato alle attese di Gigno Vinia.
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