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Un referendum per la crescita.

Un referendum per la crescita.

Ho deciso di aderire al Comitato promotore per i referendum contro l'austerità e l'obbligo di pareggio di bilancio.

L'iniziativa è partita, a livello nazionale, da un gruppo di economisti e giuristi, di orientamento europeista, e si propone l’abrogazione di alcune parti della legge n. 243 del 2012 che dà attuazione al cosiddetto principio del «pareggio di bilancio». Chi fosse interessato ad approfondire può fare riferimento al sito www.referendumstopausterita.it

In questi ultimi anni, con il pretesto della crisi, si sono affermate a livello europeo e nazionale politiche restrittive e di stampo liberista che, senza distinguere tra spesa pubblica positiva (quella che serve a fare investimenti in infrastrutture e servizi) e spesa pubblica negativa (quella che sostiene ingiustizie, privilegi, sprechi e i debiti fatti per vivere al di sopra di ragionevoli parametri di sostenibilità), hanno scaricato sul ceto medio (lavoratori, artigiani, piccole imprese) i costi e le responsabilità di una dissennata deregolamentazione dei mercati speculativi finanziari.

In questi ultimi anni è passata anche l'idea che la partecipazione dei cittadini non serva, ormai la politica è identificata quasi esclusivamente con la funzione legislativa e di governo. Gli italiani restano in attesa di provvedimenti di legge "salva Italia" "bella Italia" "nuova Italia" "rilancia Italia" "sblocca Italia" "rifare l'Italia".

Le cosiddette riforme strutturali urgenti, se va bene, risultano poi essere dei rimedi di breve periodo alle più vistose emergenze o, peggio, decreti urgenti che per essere applicati necessitano di altre decine di decreti, circolari, decisioni ministeriali che non saranno mai assunte.

Ho aderito alla proposta di referendum perché ritengo molto utile un'iniziativa che rimetta al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica il tema delle scelte di politica economica.

L'illusione che sia il governo nazionale a fare tutto rischia di trasformarsi rapidamente in nuova delusione rivelandosi un pericoloso boomerang anche per chi (a destra e a sinistra) l'ha coltivata.

Viceversa la rassegnazione al fatto che ormai tutto sia già deciso e scritto e che l'unica economia possibile sia quella imposta dalle "esigenze dei mercati" rischia di essere (ancora di più di quanto sia già stata) la chiave attraverso la quale si distruggono i diritti collettivi e individuali di chi lavora e produce e si giustificano nuovi privilegi, ingiustizie e diseguaglianze crescenti.

Pur non essendo mai stato un fanatico dello strumento referendario credo che oggi possa essere utile riproporre, anche attraverso l'utilizzo di questo strumento, la necessità di ripensare ai fondamentali del nostro sistema economico, in primis alle disparità e diseguaglianze generate dagli attuali modelli di accumulazione e distribuzione delle ricchezze.

Ci sarebbe molto altro da aggiungere ma l'essenziale è che ciascuno di voi possa valutare se e come aderire al Comitato promotore organizzando sul territorio iniziative di raccolta firme, o semplicemente sottoscrivere la richiesta di referendum presso le segreterie generali del vostro Comune o informandovi presso il sito del Comitato sui punti di raccolta organizzati.

Nulla di miracoloso ma una possibilità concreta di ritornare protagonisti e non solo spettatori e di contribuire al cambiamento.

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