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31 Dicembre 2025 - 08:00
L'organizzazione terroristica ISIS ha rivendicato la responsabilità dello scontro a Yalova in cui sono rimasti uccisi 3 poliziotti!
La porta di un appartamento a Yalova, cittadina affacciata sul Marmara, ha ceduto in pochi secondi. All’interno, una cellula dell’ISIS (Stato Islamico) ha reagito aprendo il fuoco. Raffiche di armi automatiche, fumo denso, colpi che rimbalzano nella tromba delle scale. Quando, dopo circa otto ore di assedio, la situazione è stata riportata sotto controllo, il bilancio era già pesantissimo: tre agenti delle forze di sicurezza turche uccisi e sei militanti del sedicente Stato islamico morti. Da quell’episodio è partita, all’alba di martedì 30 dicembre 2025, una delle più vaste operazioni antiterrorismo degli ultimi anni in Turchia. Da Istanbul ad Ankara, da Şanlıurfa ad Antalya, perquisizioni e arresti simultanei hanno portato al fermo di 357 persone sospettate di legami con l’ISIS in 21 province. L’operazione nasce da un allarme preciso: il rischio di attentati durante le festività natalizie e di fine anno.
|#SONDAKİKA
— Külliyat (@kulliyatX) December 30, 2025
DAES terör örgütü,Yalova’da 3 Polisin şehit olduğu ÇATIŞMAYI ÜSTLENDİ! pic.twitter.com/4QoPdoTGFR
Gli eventi di Yalova si collocano tra la notte di domenica 29 dicembre e le prime ore di lunedì 30 dicembre 2025, secondo l’orario locale. Le forze di sicurezza erano intervenute su un appartamento individuato come covo jihadista nell’ambito di un’indagine coordinata. L’irruzione ha incontrato una resistenza armata immediata. Il bilancio ufficiale parla di tre poliziotti uccisi e nove feriti, otto agenti e un guardiano notturno. I sei militanti morti, secondo quanto riferito dalle autorità, erano tutti cittadini turchi. Quello scontro ha fatto da detonatore a una stretta nazionale che si è materializzata poche ore dopo.
All’alba del 30 dicembre, polizia e procure hanno dato esecuzione a una serie di operazioni coordinate su scala nazionale. A Istanbul sono stati perquisiti 114 indirizzi e fermate 110 persone. L’ufficio del procuratore capo ha precisato che 41 di questi soggetti avrebbero collegamenti diretti con la cellula di Yalova. Le indagini indicano anche l’esistenza di una rete di raccolta fondi che utilizzava donazioni religiose, come fitrah e zakat, per convogliare denaro verso cellule dell’ISIS attive in Siria e verso attività di indottrinamento. Nella capitale Ankara sono stati arrestati 17 sospetti, tra cui 11 cittadini stranieri, trovati in possesso di materiale digitale ritenuto collegato a teatri di conflitto. Il quadro che emerge è quello di una struttura diffusa, capace di operare in più città e di sostenersi attraverso finanziamenti frammentati ma costanti.
Secondo gli investigatori, l’operazione è legata anche a informazioni di intelligence su possibili attacchi programmati per Natale e Capodanno. Un’ipotesi che riporta alla memoria il 1° gennaio 2017, quando un attentatore legato all’ISIS uccise 39 persone nella discoteca Reina di Istanbul. È in questo contesto che la risposta delle autorità assume un significato immediato: colpire in anticipo cellule ritenute pronte ad agire contro eventi affollati, luoghi di culto e obiettivi simbolici.
Il ministro dell’Interno Ali Yerlikaya ha fornito un elenco ampio delle province interessate, tra cui Adana, Ağrı, Ankara, Antalya, Bingöl, Çorum, Denizli, Erzincan, Gaziantep, Giresun, İstanbul, Kastamonu, Kilis, Konya, Muğla, Niğde, Osmaniye, Şanlıurfa, Şırnak, Yalova e Van. Una diffusione geografica che non sorprende: la Turchiaresta un nodo strategico tra Medio Oriente ed Europa, utilizzato come piattaforma logistica e finanziaria da reti transnazionali che puntano su piccoli nuclei difficili da individuare.
Le autorità giudiziarie hanno ricostruito un assedio durato circa otto ore nell’appartamento di Yalova, ritenuto un punto di concentrazione della pianificazione operativa. La risposta armata della cellula è stata intensa, fino all’intervento delle unità specializzate. In un Paese segnato tra il 2015 e il 2017 da una lunga serie di attentati, uno scontro di questo tipo in area urbana riapre il dibattito sull’efficacia della prevenzione e sugli strumenti investigativi.
Un capitolo centrale dell’inchiesta riguarda i flussi finanziari. Gli inquirenti sostengono di aver documentato trasferimenti di denaro raccolti come offerte religiose e poi dirottati verso strutture in Siria, oltre che verso scuole religiose e attività di formazione ideologica sul territorio turco. Si tratta di meccanismi già noti: micro-versamenti, contabilità informale, utilizzo di contesti religiosi per mascherare la raccolta. La difficoltà, sul piano giudiziario, è distinguere la beneficenza lecita dai finanziamenti occulti, un lavoro che richiede analisi finanziarie e digitali complesse.
I 357 fermati comprendono profili diversi: facilitatori logistici, addetti alla propaganda online, soggetti ritenuti pronti a compiere azioni violente. Ad Ankara, la presenza di numerosi cittadini stranieri indica che i canali internazionali restano attivi e che l’ISIS continua a sfruttare reti migratorie e contatti con i fronti di guerra. La questione aperta non riguarda solo chi è stato arrestato, ma anche la tenuta delle catene di comando e di ispirazione.
Il precedente più recente resta l’attacco del 28 gennaio 2024 alla chiesa cattolica di Santa Maria a Istanbul, rivendicato dall’ISIS e costato la vita a un fedele. Le operazioni successive portarono a decine di arresti e all’individuazione di una rete che, secondo le autorità, puntava su obiettivi religiosi. Da allora, le forze di sicurezza hanno intensificato le retate preventive, soprattutto in prossimità di festività e grandi eventi.
Le mosse di Ankara si inseriscono in una pressione internazionale più ampia contro il jihadismo. Nelle stesse settimane, gli Stati Uniti hanno annunciato operazioni contro cellule dell’ISIS in Siria e Nigeria, mentre altri Paesi hanno segnalato episodi ispirati o coordinati. La Turchia, che durante la guerra siriana fu anche corridoio di transito, rivendica oggi una linea di tolleranza zero, intrecciata a una gestione giudiziaria delle reti interne. Il legame con i dossier siriani e iracheni e il rapporto con le forze curde sostenute da Washington aggiungono livelli di complessità che vanno oltre la sola sicurezza interna.
La comunicazione ufficiale è stata affidata in gran parte al ministro Ali Yerlikaya, che attraverso X e i canali istituzionali ha ribadito concetti chiave come coordinamento, simultaneità e assenza di tolleranza verso il terrorismo. Una strategia comunicativa pensata per rassicurare l’opinione pubblica alla vigilia del 31 dicembre.
Alcuni elementi appaiono consolidati: tre agenti e sei membri dell’ISIS sono morti a Yalova; l’operazione del 30 dicembre 2025 ha portato a 357 fermi in 21 province; a Istanbul si contano 110 arresti e 114 perquisizioni; ad Ankara sono stati fermati 17 soggetti, di cui 11 stranieri. Tra le piste investigative spicca una rete di finanziamenti travestiti da donazioni religiose. Resta da chiarire quanto le cellule colpite rispondessero a direttive centrali e quale sia l’estensione reale dell’infiltrazione finanziaria. Sul piano politico, l’operazione consente al governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan di ribadire la propria linea di sicurezza. Da Damasco sono arrivate anche condoglianze ufficiali per i caduti di Yalova, un segnale significativo in un contesto di rapporti difficili.
La sequenza che va dal Reina del 2017 alla chiesa di Santa Maria del 2024 mostra come la minaccia jihadista non sia scomparsa, ma abbia cambiato forma. Le operazioni di fine dicembre rappresentano un passo rilevante sul piano repressivo, ma il nodo resta la prevenzione, che passa dal controllo dei flussi finanziari, dalla cooperazione internazionale e dalla capacità di intercettare reti sempre più frammentate.
Fonti: Ministero dell’Interno della Turchia, Procura di Istanbul, Procura di Ankara, agenzia Anadolu, Reuters, Associated Press, comunicati ufficiali del governo turco.
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