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30 Dicembre 2025 - 19:14
Il cavalcavia dei rifiuti
Sopra il cavalcavia, in via Parini, che porta verso Volpiano, proprio di fronte alla Boglioni, la strada cambia faccia. Non per un cantiere, né per un incidente, ma per qualcosa di più silenzioso e persistente: una discarica a cielo aperto che cresce senza fare rumore.
Sacchi neri squarciati, macerie, materiali di risulta, resti di lavorazioni industriali e rifiuti che nulla hanno a che fare con la campagna circostante. Non si tratta di un episodio isolato né di un abbandono occasionale. È un accumulo progressivo, stratificato nel tempo, che racconta con crudezza il passare dei mesi e l’assenza di un intervento risolutivo.
Tutto è iniziato verso luglio, con qualche sacco di macerie abbandonato ai margini. Poi, settimana dopo settimana, il cumulo è cresciuto. A fine settembre la situazione era già chiaramente fuori controllo. Oggi quel punto è diventato una vera e propria discarica informale, visibile, stabile, quasi normalizzata.

Il cavalcavia, in via Parini, che porta verso Volpiano
Chi transita sotto quel cavalcavia lo vede. Camion, auto, lavoratori diretti verso la zona industriale. Lo sguardo si abbassa, si accelera, si passa oltre. Ma la montagna di rifiuti resta, giorno dopo giorno, come una presenza fissa nel paesaggio. E il fatto più inquietante è proprio questo: non è nascosta, non è in una strada secondaria o isolata. È sotto gli occhi di tutti, eppure sembra invisibile.
Chi abita subito dopo il cavalcavia convive con questa realtà da mesi. Le segnalazioni non sono mancate: ai Carabinieri, al Comune, alle Ferrovie. Proprio sotto il cavalcavia, nella zona di competenza ferroviaria, dopo numerose comunicazioni, si è finalmente intervenuti a inizio novembre, ripulendo un’area che era diventata altrettanto degradata. Un segnale che dimostra come, quando c’è chiarezza sulle competenze e volontà di agire, le soluzioni arrivano. Sul cavalcavia, però, nulla è cambiato.
Ed è qui che nasce il problema più grande: la confusione. Non è chiaro se quell’area sia territorio di Brandizzo, di Volpiano o rientri nelle competenze delle Ferrovie. Una zona di confine, non solo geografico ma anche amministrativo, che rischia di trasformarsi in una terra di nessuno. E quando nessuno è chiaramente responsabile, il degrado trova spazio.
Nel frattempo, chi vive la zona continua a vedere auto e furgoni fermarsi, scaricare, ripartire. Mai colti sul fatto, mai identificati. Ma la prova resta lì, accumulata sull’asfalto e tra l’erba. E la situazione, invece di migliorare, peggiora.
La situazione è stata segnalata anche nel gruppo “Sei di Brandizzo”, dove diversi cittadini hanno documentato il progressivo peggioramento dell’area.
Il problema non è solo ambientale. È culturale. È il messaggio che passa: se lì si può buttare di tutto, allora si può fare ovunque. Quel cavalcavia diventa una soglia simbolica: da una parte il territorio produttivo, dall’altra l’abbandono. In mezzo, l’indifferenza.
Non servono grandi discorsi sull’ambiente quando i problemi sono così concreti. Qui non si parla di teorie sulla sostenibilità o di slogan sulla transizione ecologica. Si parla di rifiuti reali, lasciati per mesi nello stesso punto, in una zona di passaggio quotidiano.
Serve una presa di responsabilità chiara. Capire chi deve intervenire, quando e come. Perché una discarica a cielo aperto non nasce in una notte. Cresce perché nessuno la ferma, perché ogni sacco lasciato lì diventa un invito al prossimo.
E mentre si discute di decoro urbano e rispetto del territorio, sotto quel cavalcavia la realtà è molto più semplice e molto più amara: i rifiuti sono ancora lì. E continuano ad aumentare.

Sacchi neri squarciati, macerie, materiali di risulta, resti di lavorazioni industriali e rifiuti
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