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Spray al peperoncino in carcere: al via la sperimentazione per la Polizia Penitenziaria

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria introduce in via sperimentale l’uso dello spray urticante negli istituti di pena. Obiettivo dichiarato: rafforzare la sicurezza degli agenti. Tra cautele, formazione obbligatoria e timori sul rispetto dei diritti dei detenuti

Spray al peperoncino in carcere: al via la sperimentazione per la Polizia Penitenziaria

Spray al peperoncino in carcere: al via la sperimentazione per la Polizia Penitenziaria

Parte la sperimentazione dello spray al peperoncino nelle carceri italiane. Una notizia che segna un cambio di passo – o quantomeno un tentativo – nella gestione della sicurezza all’interno degli istituti penitenziari, sempre più sotto pressione tra carenze di organico, sovraffollamento e un numero crescente di aggressioni al personale.

Con un provvedimento firmato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Stefano Di Michele, la Polizia Penitenziaria viene dotata in via sperimentale dello spray urticante al peperoncino, un dispositivo già utilizzato da tempo in altri Paesi e da altri corpi di polizia, ma finora assente dall’equipaggiamento ordinario degli agenti penitenziari italiani. La sperimentazione, avviata nelle ultime settimane, avrà una durata di alcuni mesi e interesserà diversi istituti sul territorio nazionale.

spray

L’obiettivo dichiarato è di fornire agli agenti uno strumento di autodifesa “meno letale”, da utilizzare esclusivamente in situazioni di pericolo concreto: aggressioni, colluttazioni, tentativi di evasione o gravi episodi di violenza tra detenuti. L’uso dello spray, viene chiarito, dovrà rispettare criteri stringenti di necessità, proporzionalità e gradualità, ed essere preceduto – ove possibile – da un avvertimento verbale.

Non si tratta, almeno sulla carta, di un “liberi tutti”. L’utilizzo sarà consentito solo dopo un percorso di formazione specifica del personale, con procedure precise anche per la fase successiva all’intervento: assistenza sanitaria immediata al detenuto colpito, ventilazione degli ambienti e relazione dettagliata sull’accaduto. È inoltre escluso l’uso dello spray all’interno dei mezzi di trasporto della Polizia Penitenziaria, considerati ambienti chiusi e ad alto rischio.

La decisione arriva in un contesto tutt’altro che sereno. Le carceri italiane continuano a fare i conti con numeri drammatici, tra sovraffollamento cronico, condizioni strutturali spesso al limite e un clima interno che, secondo i sindacati di categoria, è diventato sempre più esplosivo. Proprio le organizzazioni sindacali, da tempo, chiedevano strumenti di tutela aggiuntivi per gli agenti, denunciando una lunga lista di aggressioni finite troppo spesso con referti medici e silenzi istituzionali.

Non mancano, però, le perplessità. Associazioni per i diritti umani e garanti dei detenuti invitano alla cautela, ricordando che lo spray al peperoncino è comunque un agente chimico irritante, con effetti potenzialmente gravi su persone fragili o con patologie pregresse. Il timore è che uno strumento pensato per situazioni estreme possa diventare una scorciatoia gestionale in contesti già segnati da tensioni strutturali.

Il Dipartimento assicura che la sperimentazione servirà proprio a questo: valutare benefici, criticità e impatti reali, prima di qualsiasi eventuale estensione su larga scala. Insomma, un test sul campo che, inevitabilmente, riaccende il dibattito su cosa significhi oggi “sicurezza” in carcere e su quanto lo Stato sia disposto a investire non solo in strumenti, ma anche in personale, spazi e percorsi di mediazione.

''Come OSAPP - commenta in una nota il segretario generale del sindacato, Leo Beneduci - riteniamo che si sia andati un passo in avanti rispetto alla tutela dell'ordine e della sicurezza interni alle carceri e per la salvaguardia dell'incolumità fisica della Polizia Penitenziaria ma il vero problema che la stessa Amministrazione non riesce a risolvere è legata alla promiscuità interna negli istituti di pena e alla mancata realizzazione di strutture idonee a cui destinare i soggetti responsabili delle violenze''.

Per ora, lo spray al peperoncino entra in carcere in punta di piedi, con la formula prudente della sperimentazione. Resta da capire se sarà davvero un passo avanti nella tutela di chi lavora dietro le sbarre o l’ennesima toppa messa su un sistema che continua a scricchiolare. Insomma.

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