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La Siria cancella Assad dalle banconote: basta un fiore per ricostruire la fiducia nella lira?

Rose, grano e olive sostituiscono il volto del presidente nelle nuove lire siriane. Un’operazione simbolica e monetaria che accompagna la fine delle sanzioni, il tentativo di stabilizzare i prezzi e la prova decisiva per la nuova leadership di Damasco

La Siria cancella Assad dalle banconote: basta un fiore per ricostruire la fiducia nella lira?

La Siria cancella Assad dalle banconote: basta un fiore per ricostruire la fiducia nella lira?

Al mercato di Bab Touma, a Damasco, una venditrice avvolge un mazzo di rose damascene in un foglio di giornale. Accanto alla bilancia, una banconota appena stampata mostra lo stesso fiore, stilizzato. La donna la solleva, la guarda in controluce e sorride: «Questa sembra parlare di noi, non di loro». È una scena ordinaria che racconta però un cambiamento politico ed economico tutt’altro che banale. In Siria, le nuove banconote non porteranno più il ritratto di Bashar al-Assad, ma immagini di fiori, frutti e simboli agricoli: rose, arance, olive, spighe di grano. Un racconto del Paese che parte dal basso e non dal vertice del potere. L’annuncio è arrivato alla fine dell’anno e si inserisce in una strategia più ampia della nuova leadership di Damasco, che prova a ridefinire identità nazionale ed economia. Dal 1° gennaio entreranno gradualmente in circolazione le nuove 10, 25, 50, 100, 200 e 500 lire siriane, segnando, almeno nelle intenzioni, l’avvio di una fase meno personalistica e più civica. A presentarle è stato il presidente di transizione Ahmed al-Sharaa, che ha parlato di «inizio di una nuova fase politica e identitaria», esplicitando la volontà di archiviare il culto dell’uomo forte.

lira siriana

La sostituzione del volto dell’ex presidente con elementi naturali non è una semplice scelta grafica. È un atto politico. Nella narrazione ufficiale, eliminare le effigi presidenziali significa interrompere decenni di “venerazione degli individui” per spostare l’attenzione su lavoro, terra e produzione. Le banconote diventano così uno strumento simbolico e pratico allo stesso tempo: indicano discontinuità con il passato e accompagnano una riforma monetaria che punta a ricostruire fiducia nella lira siriana dopo anni di iperinflazione, economia informale e frammentazione territoriale. Dietro il linguaggio identitario, però, restano numeri durissimi. La World Bank (Banca Mondiale) stima in oltre 216 miliardi di dollari i costi della ricostruzione dopo più di tredici anni di guerra. L’economia, schiacciata da sanzioni, shock esterni e crollo della produzione, è attesa a una crescita di appena 1% nel 2025, dopo una contrazione dell’1,5% nel 2024. L’alleggerimento delle sanzioni apre spazi, ma i vincoli finanziari restano stringenti.

Secondo quanto comunicato dalla Banca centrale di Siria, dal 1° gennaio inizierà una fase di co-circolazione: per almeno 90 giorni vecchie e nuove banconote saranno entrambe accettate come mezzo legale di pagamento. L’obiettivo è consentire un adattamento graduale a famiglie, commercianti e istituti di credito. In parallelo, i conti correnti in valuta locale verranno riallineati ai nuovi tagli. La banca centrale ha annunciato che seguiranno istruzioni operative su tempi, sportelli e modalità di sostituzione. Sul piano tecnico, la riforma è parte di un disegno più ampio. Dal 1° gennaio 2026dovrebbe partire una vera operazione di currency swap (scambio monetario), con il ritiro sistematico delle vecchie banconote e la distribuzione delle nuove su scala nazionale, accompagnata dalla rimozione di due zeri. L’intento dichiarato è semplificare prezzi e transazioni, ridurre la massa di contante deteriorato e arginare la dollarizzazione dei consumi.

La scelta delle immagini non è casuale. Rose, arance, olive e grano richiamano una Siria agricola che, nelle intenzioni del nuovo corso, diventa icona di un’identità più comunitaria e meno centrata sul leader. È un tentativo di legare la moneta alla ricchezza reale, quella della produzione primaria, messa in ginocchio nell’ultimo decennio da siccità, distruzione delle infrastrutture, carenza di input e fratture territoriali. Le banconote diventano così un promemoria quotidiano di ciò che il Paese può produrre, non solo spendere.

Il nodo centrale resta la fiducia. Durante il conflitto la lira è crollata, sul mercato, da circa 50 lire per dollaro a 10.000-11.000, costringendo i cittadini a utilizzare volumi enormi di contante per spese minime. Molte transazioni si sono spostate verso valute forti, come il dollaro o la lira turca in alcune aree, mentre il sistema bancario ha perso ruolo e credibilità. Riportare stabilità nell’uso della moneta nazionale richiede prevedibilità dei prezzi, una politica monetaria coerente, disponibilità fisica di banconote e, soprattutto, un messaggio politico credibile contro arbitrarietà e rendite. Economisti locali avvertono che l’operazione potrebbe rivelarsi inflazionistica se non accompagnata da disciplina fiscale e controllo rigoroso della liquidità. Il governo promette ordine e trasparenza. Il governatore della Banca centrale di Siria, Abdelkader Husrieh (citato anche come Abdul Qadir al-Hasriya), ha assicurato che la transizione sarà «graduale e gestita», con decreti attuativi e scadenze definite.

Il contesto internazionale è cambiato. Nel 2025 gli Stati Uniti hanno annunciato la fine del programma di sanzioni generalizzate contro la Siria, con una licenza generale dell’OFAC (Office of Foreign Assets Control – Ufficio per il controllo dei beni stranieri) a maggio e un Ordine Esecutivo del 30 giugno 2025 che ha predisposto la revoca del regime sanzionatorio, mantenendo misure mirate contro individui e reti legate a Bashar al-Assad, al traffico di Captagon, alle armi chimiche e a ISIS (Stato Islamico). Questo ha aperto la strada a una graduale riabilitazione finanziaria, incluso il ritorno ai circuiti SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication – Sistema internazionale di messaggistica bancaria) e a una prima normalizzazione dei rapporti con istituzioni multilaterali e partner regionali. Per una riforma monetaria significa accesso a carta filigranata, inchiostri di sicurezza e tecnologie anti-contraffazione, oltre a pagamenti transfrontalieri più fluidi per importare beni essenziali come grano, input agricoli, energia e medicinali.

La riforma monetaria è anche un banco di prova politico per Ahmed al-Sharaa, figura controversa ma centrale nella fase di transizione, accreditato come capo di Stato ad interim dal gennaio 2025. La scelta di banconote senza ritratti intende segnare una rottura simbolica con il passato, ma il suo successo dipenderà dalla capacità dell’esecutivo di trasformare i simboli in risultati concreti: stabilità dei prezzi, salari pagati regolarmente, servizi funzionanti. Senza riforme strutturali su fisco, dogane, energia e agricoltura, la nuova lira rischia di restare un involucro elegante. La ridenominazione semplifica, ma non cura. Se salari e tariffe pubbliche restano indietro rispetto ai prezzi dei beni importati, il rischio è alimentare mercati paralleli e arbitraggio. Anche la comunicazione sarà decisiva: regole chiare, tempi certi e logistica bancaria adeguata possono evitare panico e tensioni.

Ci sono tuttavia fattori che potrebbero rendere l’operazione sostenibile. Il parziale rientro nei circuiti finanziari globali riduce le strozzature sulle importazioni critiche e attenua la volatilità dei prezzi. Un rilancio dell’agricoltura e della manifattura leggera, richiamate proprio dalle immagini sulle banconote, può aumentare l’offerta domestica di beni essenziali e ridurre la dipendenza dall’estero. Una Banca centrale percepita come più autonoma, con strumenti chiari e comunicazione anticipata, può contribuire ad ancorare le aspettative. Se le rose stampate sulla nuova lira torneranno a essere anche un prodotto disponibile e pagabile a prezzi prevedibili, la riforma avrà fatto un passo oltre il simbolo.

Fonti: World Bank, Banca centrale di Siria, OFAC – U.S. Department of the Treasury, Executive Order del 30 giugno 2025, media regionali e internazionali.

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