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Alfonso Signorini si autosospende da Mediaset

Accuse, querele e verifiche interne: cosa c’è dietro la decisione del conduttore

Alfonso Signorini si autosospende da Mediaset

Alfonso Signorini si autosospende da Mediaset

Il nome di Alfonso Signorini scompare improvvisamente dalla griglia Mediaset. Non per una cancellazione, non per una decisione aziendale, ma per una scelta personale che pesa come un macigno: l’autosospensione. È la risposta più netta e visibile alle accuse lanciate da Fabrizio Corona, che nel suo format online Falsissimo parla di un presunto “sistema” legato al Grande Fratello, fatto di relazioni, favori e dinamiche opache. Accuse che Signorini respinge in blocco, definendole – per bocca dei suoi legali – una “campagna calunniosa e diffamatoria”, e che ora finiscono al centro di un intreccio giudiziario, mediatico e industriale destinato a lasciare tracce profonde nella televisione italiana.

La decisione viene comunicata ufficialmente dagli avvocati Daniela Missaglia e Domenico Aiello come misura “cautelativa”, concordata con Mediaset. Non è un gesto simbolico né una pausa di comodo: è una mossa difensiva che apre un fronte legale ampio, con azioni annunciate in sede civile e penale per diffamazione e calunnia. L’obiettivo dichiarato è individuare non solo chi ha formulato le accuse, ma anche chi le ha rilanciate, amplificate o monetizzate. Nella nota si parla esplicitamente di sponsor, motori di ricerca, siti e canali web ritenuti corresponsabili del danno d’immagine. Un passaggio che sposta l’asse del caso: non più solo uno scontro tra personaggi pubblici, ma una chiamata in causa dell’intero ecosistema dell’informazione digitale.

Mediaset, nelle stesse ore, accoglie l’autosospensione e annuncia che agirà “con determinazione in tutte le sedi, sulla base di elementi oggettivi e fatti verificati”, richiamando il proprio Codice Etico. È una presa di posizione misurata ma non neutra, che segnala come la vicenda sia ormai una questione di governance editoriale e di responsabilità d’impresa, non un semplice caso di cronaca rosa ad alta intensità.

Il detonatore è il racconto di Corona, che a metà novembre pubblica chat, immagini e testimonianze attribuite a Signorini, parlando di un presunto sistema attivo da anni e legato anche ai meccanismi di selezione del Grande Fratello. Corona sostiene di avere “più di cento testimonianze” e di aver già fatto nomi ai magistrati. Nel format compare anche Antonio Medugno, ex concorrente del GF Vip, che racconta presunti abusi. Alcune testate riferiscono dell’intenzione di presentare una querela per violenza sessuale e tentata estorsione. Su questo punto, però, è necessaria prudenza: allo stato, si parla di intenzioni e atti in preparazione, non di procedimenti formalmente avviati. I fatti accertati, per ora, sono altri.

La controffensiva di Signorini arriva sul terreno giudiziario con una querela che porta all’apertura di un fascicolo a carico di Corona per diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il cosiddetto revenge porn. La Procura di Milano affida le indagini alla Squadra Mobile e alla Polizia Postale: perquisizioni, sequestri di dispositivi, accertamenti tecnici. Corona viene ascoltato per circa un’ora e mezza dai pm Alessandro Gobbis e Letizia Mannella. Le verifiche sono in corso e richiederanno tempo: date, contesti, consensi e responsabilità dovranno essere ricostruiti con precisione forense.

In questo quadro, l’autosospensione produce un doppio effetto. Sul piano giudiziario, consente alla difesa di rivendicare collaborazione e di sottrarre il caso alla pressione quotidiana del palinsesto. Su quello televisivo e reputazionale, costringe broadcaster, produttori e investitori a prendere posizione. Non è un dettaglio che il 26 dicembre 2025 anche Endemol Shine Italy, società che produce il Grande Fratello, annunci l’avvio di verifiche interne sulle procedure di selezione dei concorrenti e sul rispetto del codice etico. È un segnale chiaro: il problema non è più solo “chi dice cosa”, ma come funziona il sistema.

Nel lessico televisivo italiano, l’autosospensione è un oggetto raro. Non è una sanzione, non è una sospensione d’ufficio, non è un licenziamento. È una scelta del singolo, condivisa con l’azienda, che congela gli impegni in attesa di chiarimenti. Mediaset insiste su correttezza, responsabilità e trasparenza; Signorini, attraverso i legali, parla di tutela personale e professionale. In mezzo, resta l’equilibrio più difficile: presunzione d’innocenza da un lato, tutela del pubblico dall’altro.

La chiamata in causa degli “amplificatori” digitali introduce un tema destinato a pesare anche oltre questo caso. Fino a che punto chi ospita, indicizza o sponsorizza contenuti può dirsi estraneo? Qual è il confine tra cronaca e sfruttamento virale? Le risposte non stanno solo nei codici, ma nelle aule di giustizia che saranno chiamate a decidere se e quando la diffusione diventa corresponsabilità.

Corona, dal canto suo, rivendica il racconto come inchiesta e promette nuovi depositi. “Ho i nomi e più di cento testimonianze”, ripete. Ma tra dichiarazioni e prove c’è di mezzo l’istruttoria. Fino a quando i fatti non verranno accertati, “sistema” resta una tesi giornalistica, non una verità giudiziaria.

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