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Cronaca
28 Dicembre 2025 - 21:57
La vittima, Antonella Di Ielsi, 50 anni
Doveva essere una cena di festa. È diventata, nel giro di pochi giorni, una tragedia familiare e un caso giudiziario. Antonella Di Ielsi, 50 anni, e sua figlia Sara Di Vita, 15, sono morte all’ospedale Cardarelli di Campobasso dopo una serie di accessi al Pronto soccorso per quelli che inizialmente erano stati classificati come sintomi da intossicazione alimentare. Il padre, Gianni Di Vita, 55 anni, ex sindaco di Pietracatella, è tuttora ricoverato.
Tutto comincia dopo la cena della Vigilia di Natale. In tavola pesce e funghi. Poche ore dopo, nausea, vomito e forti dolori addominali. L’intera famiglia si presenta al Pronto soccorso del Cardarelli. I sintomi vengono trattati, il quadro clinico giudicato compatibile con una gastroenterite o un’intossicazione alimentare. Seguono le dimissioni. Ma i disturbi non si risolvono. Anzi, peggiorano.
Nei giorni successivi ci sono altri accessi in ospedale. Poi, sabato 27 dicembre, il quadro clinico della ragazza precipita improvvisamente. Sara viene ricoverata in Rianimazione. In serata muore. A poche ore di distanza, nonostante le cure intensive, muore anche la madre, già ricoverata. Il padre resta in osservazione, con un quadro definito “stabile” ma grave.
I sanitari parlano di un’evoluzione clinica rapidissima e rarissima. Il responsabile della Rianimazione, Vincenzo Cuzzone, descrive «una cascata di eventi in tempi estremamente brevi, con insufficienza epatica seguita da insufficienza multiorgano». Un decorso che, spiegano dall’ospedale, lascia margini di intervento minimi anche con il massimo supporto intensivo.
L’ipotesi principale è quella di una epatite fulminante da intossicazione alimentare, ma al momento non esiste una diagnosi definitiva. Per questo la Procura di Campobasso ha aperto un’inchiesta e disposto l’autopsia sui corpi di madre e figlia. La Squadra Mobile ha acquisito le cartelle cliniche, la documentazione dei passaggi in Pronto soccorso e sta ricostruendo nel dettaglio la sequenza degli eventi, compresi gli alimenti consumati e la loro provenienza.
Gli investigatori non escludono alcuna pista. Si valutano diverse ipotesi: dai funghi al pesce, fino a possibili contaminazioni tossiche. In via puramente teorica è stata citata anche la parola botulino, ma senza alcun riscontro clinico o analitico al momento. Saranno le analisi tossicologiche su sangue e tessuti, insieme agli esami sui residui alimentari eventualmente reperiti, a chiarire le cause.
L’attenzione degli inquirenti si concentra anche sui primi accessi in ospedale. L’etichetta di “intossicazione alimentare” è una diagnosi frequente in presenza di sintomi gastrointestinali comuni e parametri inizialmente stabili. Non equivale automaticamente a un errore. Ma la rapidità con cui il quadro è degenerato impone ora di verificare se vi fossero segnali precoci di danno epatico e se le indicazioni fornite alla dimissione fossero adeguate a intercettare un eventuale peggioramento.
A Pietracatella, il paese d’origine della famiglia, la notizia si è diffusa in poche ore. Il Comune ha sospeso le iniziative pubbliche. Davanti all’ospedale e nelle vie del paese si sono radunati amici, conoscenti, ex colleghi. «Non si può morire così» è la frase che torna più spesso, insieme a una domanda che resta sospesa: come è possibile che un malessere apparentemente comune si trasformi in una tragedia nel giro di pochi giorni?
Le risposte sono ora affidate alla medicina legale e all’inchiesta giudiziaria. Solo gli esiti delle autopsie e degli esami tossicologici potranno stabilire se e quale sostanza abbia provocato il collasso epatico, e se vi siano responsabilità o concause evitabili. Fino ad allora, l’unica definizione corretta resta quella di sospetta intossicazione alimentare con esito fatale.
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