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28 Dicembre 2025 - 12:12
“Pedala o rinuncia”, rider in rivolta sul Lago Maggiore contro consegne sempre più lunghe e paghe irrisorie
Costretti a percorrere decine di chilometri per pochi euro, sotto la pressione costante di un algoritmo che decide chi lavora e chi resta fermo. A Verbania monta la protesta dei rider, dopo che la piattaforma Deliveroo ha ampliato l’area di consegna includendo comuni lontani dal centro operativo sul Lago Maggiore. Una scelta che, secondo i fattorini, scarica interamente su di loro costi, rischi e tempi di percorrenza, senza un adeguamento delle tariffe.
Il nuovo perimetro di consegna spinge i rider ben oltre la città, fino a Cannobio, Stresa e Belgirate, lungo una statale trafficata che costeggia il lago. Tradotto in numeri, significa affrontare fino a 50 chilometri tra andata e ritorno per una singola consegna. Un carico di lavoro che, denunciano i lavoratori, non trova riscontro nei compensi proposti dall’app.
A raccontare cosa sta accadendo è Filippo, 20 anni, rider dall’ottobre 2023. “Chi si rifiuta viene penalizzato dall’algoritmo dell’app che ci affida il lavoro e nei giorni successivi riceve meno proposte di consegne”, spiega. Un meccanismo che, di fatto, limita la libertà di scelta: dire no a una corsa troppo lunga significa rischiare di lavorare meno nei giorni successivi, con un impatto diretto sul reddito.

Gli esempi concreti non mancano. “Un collega ha ricevuto una proposta per 7,66 euro lordi per portare un poke da Verbania a Stresa: tra andata e ritorno sono circa 35 chilometri”, racconta ancora Filippo. “Vuole dire che quella sera chi ha detto sì non ha potuto fare molte altre consegne, oppure se è andato in auto non ha guadagnato nulla”. Il conto è semplice: carburante, usura del mezzo, tempo impiegato e rischio sulla strada azzerano, o quasi, il guadagno.
Una situazione che pesa in modo diverso a seconda del mezzo utilizzato. Chi lavora in bicicletta affronta distanze proibitive, soprattutto in inverno, mentre chi utilizza l’auto si trova spesso a rimetterci economicamente. Eppure, denunciano i rider, l’algoritmo non fa distinzioni sufficienti tra chi pedala e chi guida, trattando tutti allo stesso modo e inviando proposte che non tengono conto della reale sostenibilità del lavoro.
Di fronte a questo scenario, i rider di Verbania hanno deciso di fare squadra. Si sono rivolti alla Cgil e hanno dichiarato lo stato di agitazione, avviando anche le prime forme di protesta. “Qualche azione di sciopero bianco la stiamo mettendo già in atto”, spiega Thomas, un altro rider della zona. Una mobilitazione che punta a richiamare l’attenzione su un modello di lavoro che, secondo i fattorini, sta diventando sempre più sbilanciato a favore della piattaforma.
La vertenza è seguita dalla Nidil Cgil. Lucia Penna, sindacalista del settore, chiarisce i punti contestati: “Abbiamo sollecitato alcuni correttivi, come diversificare l’invio delle proposte di consegna in base a chi usa l’auto o la bici e non costringere nessuno a rinunciare, con le relative penalizzazioni”. Richieste che puntano a rendere il sistema più equo e aderente alla realtà del lavoro su strada.
Secondo il sindacato, le risposte dell’azienda non sono però andate oltre le dichiarazioni di disponibilità. “A parole si sono detti disponibili, ma nulla è cambiato”, prosegue Penna. Anzi, alla vigilia delle festività natalizie è arrivata una comunicazione che ha ulteriormente irrigidito il confronto. “L’antivigilia di Natale abbiamo ricevuto una risposta scritta in cui, in sostanza, viene detto che se ai rider non vanno bene queste condizioni possono rifiutare”. Un messaggio che i lavoratori leggono come una presa di distanza netta dalle loro istanze.
Il caso di Verbania riporta al centro il tema delle piattaforme digitali e del lavoro gestito dagli algoritmi. Un sistema che, pur senza ordini diretti, orienta in modo decisivo le scelte dei lavoratori attraverso premi e penalizzazioni. Formalmente autonomi, nei fatti i rider si trovano spesso vincolati a logiche che rendono difficile opporsi a condizioni ritenute insostenibili.
Sul Lago Maggiore, dove le distanze tra i centri abitati sono ampie e le strade non sempre favorevoli alla mobilità leggera, l’ampliamento dell’area di consegna ha fatto emergere con forza tutte le contraddizioni del modello. Più territorio coperto significa più servizio per la piattaforma, ma anche più chilometri, più rischi e meno margine per chi consegna.
La protesta è solo all’inizio, ma il segnale è chiaro. I rider chiedono regole più trasparenti, compensi adeguati alle distanze e la fine delle penalizzazioni per chi rifiuta consegne considerate sproporzionate. In gioco non c’è solo qualche euro in più, ma la possibilità di svolgere un lavoro che non costringa a scegliere tra sicurezza, dignità e sopravvivenza economica.
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