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Il tiramisù di Elena Piastra. Il resto è fuori inquadratura

La sindaca di Settimo Torinese si fotografa in cucina con le figlie: un ricordo che sblocca un ricordo, mentre la città resta fuori dall’inquadratura

Il Natale di Elena Piastra. Il tiramisù riesce, il resto è fuori inquadratura

Il Natale di Elena Piastra. Il tiramisù riesce, il resto è fuori inquadratura

C’è una foto, ed è una foto riuscita. Talmente riuscita da sembrare inevitabile. Anzi: doverosa. La sindaca di Settimo Torinese Elena Piastra in cucina a fare il tiramisù con le figlie. China il capo con quella concentrazione domestica che comunica dedizione e normalità, sorride come si deve sorridere a Natale, senza strafare, senza mostrare i denti, con la misura giusta, non come fa solitamente. Dietro l’obiettivo c’è Stefano – così lo chiama lei – autore dello scatto e, con ogni probabilità, marito. Ma qui non siamo all’anagrafe: siamo nella liturgia dell’immagine, e l’immagine viene benissimo.

Non è uno scatto qualunque, infatti. È, come spiega la sindaca, "un ricordo che sblocca un ricordo". Un’espressione che sembra uscita da un bignami di psicologia spiccia, ma che funziona. Perché la stessa foto, racconta, era già stata fatta anni fa. Quasi identica. Stessa cucina, stesso gesto, stessa scenografia domestica attentamente casuale. Solo che allora c’era una figlia sola. Ora sono due. Crescono in fretta, crescono sempre troppo, crescono velocissime – con tanto di emoticon annessa, perché la crescita dei figli, senza emoticon, non cresce abbastanza.

Il tempo passa, insomma. Passa per tutti. Ma non per tutto. Perché una cosa, in questo fluire inesorabile dell’esistenza, resta immutabile: il tiramisù. La tradizione. La ripetizione del gesto. La cucina come luogo dell’anima, come spazio sacro, come ultimo baluardo contro il caos del mondo. La politica, per fortuna, resta fuori campo. Fuori dall’inquadratura, fuori dal discorso, fuori dal cucchiaio.

È una scena che funziona perché è profondamente rassicurante. Non c’è niente di più rassicurante, oggi, di una sindaca che non governa ma cucina. Che non amministra ma mescola. Che non prende decisioni ma monta la crema. Che non risponde alle critiche ma spolvera cacao con la calma di chi sa che il cacao non replica. Il messaggio è semplice, lineare, digeribile: mentre voi vi agitate, io sono qui. Con le mie figlie. Nella mia cucina. Come tutte le madri del mondo. Una di voi. Solo con una fascia tricolore ben piegata in un cassetto, lontana dalla vista e soprattutto dalla foto.

Il post, com’è giusto che sia, si chiude con l’augurio universale. Quello che non si nega a nessuno e non scontenta nessuno: avere vicine le persone a cui si vuole bene. Un abbraccio a tutti. Giorni sereni. Tanti auguri. È Natale, del resto. E a Natale tutto si addolcisce, tutto si stempera, tutto si copre di zucchero a velo. Persino un’amministrazione comunale può sembrare una famiglia felice. Persino una città può sembrare un salotto.

Fuori dalla foto, naturalmente, resta Settimo Torinese. Ma Settimo non entra nell’inquadratura. Non serve, non aiuta, non illumina. Dentro, invece, c’è tutto ciò che basta: memoria, figli, tradizione, luci calde, piante ornamentali, vasetti, barattoli, atmosfera. E uno smartphone pronto, saldo, affidabile. La politica moderna non chiede altro. Non soluzioni, non risposte, non visioni. Chiede immagini. Meglio se ripetibili. Meglio se già viste. Meglio se riconoscibili. Meglio se identiche, anno dopo anno, come una ricetta che non sorprende ma consola.

Il tiramisù, alla fine, si mangia. Sparisce. Viene digerito. La foto, invece, resta. Resta online, resta condivisa, resta commentata con cuoricini e auguri.
E resta soprattutto l’idea – comoda, morbida, zuccherata – che il tiramisù riesca sicuramente meglio dell’amministrazione del Comune. E a Natale, si sa, può bastare anche questo.

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