Cerca

Esteri

Donald Trump sul jet di Jeffrey Epstein almeno otto volte: perché questi documenti contano davvero?

Un’e-mail interna del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e nuovi registri di volo ricostruiscono viaggi tra il 1993 e il 1996 con Ghislaine Maxwell a bordo. Nessuna accusa penale, ma numeri che smentiscono le minimizzazioni e riaprono interrogativi politici e giudiziari

Donald Trump sul jet di Jeffrey Epstein almeno otto volte: perché questi documenti contano davvero?

Donald Trump sul jet di Jeffrey Epstein almeno otto volte: perché questi documenti contano davvero?

Una lista di passeggeri battuta in caratteri minuscoli, oltre cento pagine di appunti interni e un’e-mail che circola tra uffici federali: “Per vostra conoscenza, i registri di volo ricevuti ieri mostrano che Donald Trump ha viaggiato sul jet di Jeffrey Epstein molte più volte di quanto finora noto…”. È l’8 gennaio 2020 quando un procuratore federale scrive a un collega del Distretto Sud di New York (Southern District of New York, SDNY) dopo aver esaminato nuovi manifesti di bordo. Quel messaggio, rimasto riservato per anni, oggi fa parte dei materiali resi pubblici dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (Department of Justice, DOJ) e contiene un dato netto: l’allora imprenditore, poi presidente degli Stati Uniti, risulta passeggero dell’aereo privato di Epstein “almeno otto volte” tra il 1993 e il 1996, in “almeno quattro” occasioni insieme a Ghislaine Maxwell. In un caso, a bordo figurano soltanto Trump ed Epstein; in un altro, i due viaggiano con una ventenne il cui nome è oscurato. Non c’è alcuna accusa penale né una prova di comportamenti illeciti, ma il dato aggiunge complessità a una vicenda già segnata da molte ombre.

I documenti indicano che quei voli ricadono nel periodo preso in esame dall’indagine che ha portato al processo e alla condanna di Maxwell, ritenuta colpevole di aver reclutato e adescato minorenni per conto di Epstein. L’e-mail interna specifica che Trump compare nei registri di volo insieme, in momenti diversi, a Marla Maples, Tiffany Trump ed Eric Trump. Viene citato un volo del 1993 con i soli Trump ed Epstein, un altro che include una “allora ventenne” non identificata e due tratte in cui figurano donne che, secondo i magistrati, “potrebbero essere testimoni” in un eventuale procedimento su Maxwell. Contestualmente, il Dipartimento di Giustizia chiarisce che la pubblicazione di questi materiali non equivale a una validazione dei contenuti: la presenza di un nome in un fascicolo non costituisce prova di reato né attribuzione di responsabilità.

Il rilascio è legato a una nuova legge federale sulla trasparenza che impone la divulgazione progressiva dei materiali connessi al caso Epstein, prevedendo al tempo stesso tutele specifiche per le vittime. Si tratta del secondo pacchetto di documenti reso pubblico in pochi giorni e comprende, oltre ai log di volo, fotografie, segnalazioni anonime, copie di documenti falsi e appunti investigativi. Proprio per la natura eterogenea del materiale, il Dipartimento di Giustiziaaccompagna la pubblicazione con un avvertimento insolito: una parte dei contenuti è descritta come “inveritiera e sensazionalistica” e sarebbe stata trasmessa all’FBI (Federal Bureau of Investigation) a ridosso delle elezioni presidenziali del 2020. In altre parole, nei file convivono elementi di interesse investigativo e materiali privi di fondamento. Distinguere tra i due piani diventa essenziale.

I documenti, va chiarito, non attribuiscono a Trump alcuna condotta criminale in relazione ai voli. Non emerge alcuna evidenza pubblica che la “ventenne” citata fosse una vittima né che le tratte siano collegate a reati. I registri indicano presenze, date e coincidenze temporali: arricchiscono la ricostruzione dei rapporti sociali tra Trump ed Epstein negli anni Novanta, ma non ne definiscono automaticamente la natura. È lo stesso Dipartimento di Giustizia a ribadire la distanza tra l’essere menzionati in un documento e l’essere destinatari di un’accusa sostenuta da prove.

La cornice resta quella del processo a Ghislaine Maxwell, condannata il 28 giugno 2022 a 20 anni di carcere. La giuria ha ritenuto provato che Maxwell abbia reclutato e “preparato” adolescenti perché Epstein potesse abusarne tra il 1994 e il 2004. In quel dibattimento, i manifesti di volo ebbero un ruolo centrale per collocare persone, luoghi e periodi. L’emersione, nel 2020, di registri aggiuntivi o più leggibili spiega il contenuto dell’e-mail: l’obiettivo era evitare sorprese in un procedimento ad altissima esposizione pubblica.

Il dato che concentra l’attenzione è semplice: almeno otto voli con Trump come passeggero del jet di Epstein tra 1993e 1996, almeno quattro con Maxwell a bordo, uno con i soli Trump ed Epstein, uno con una ventenne non identificata e due con donne considerate potenziali testimoni nel caso Maxwell. Sono elementi riportati nell’e-mail interna dello SDNY e ripresi da testate internazionali autorevoli, che concordano su un punto: nei materiali divulgati non figurano contestazioni penali a carico di Trump.

a

Accanto a questi dati, il Dipartimento di Giustizia segnala la presenza di piste rivelatesi false. Tra queste, una presunta lettera attribuita a Epstein e indirizzata all’ex medico della ginnastica statunitense Larry Nassar, recapitata con un timbro postale del 13 agosto 2019, tre giorni dopo la morte di Epstein. Le autorità federali ne hanno escluso l’autenticità, così come l’FBI ha smentito un video, circolato online, che avrebbe mostrato la cella di Epstein. Il messaggio complessivo è chiaro: non tutto ciò che compare nei cosiddetti “file Epstein” è attendibile.

La pubblicazione ha riacceso il confronto politico. Esponenti democratici come Chuck Schumer e Robert Garciachiedono maggiore chiarezza sulle scelte del Dipartimento di Giustizia e sui profili di eventuali complici mai perseguiti. In ambienti repubblicani, al contrario, si denuncia la presenza di materiale definito “spazzatura”, accusato di alimentare una narrativa ostile a Trump. La posizione ufficiale del Dipartimento di Giustizia resta intermedia: adempiere agli obblighi di legge, avvertendo però che una parte dei contenuti è infondata.

Quanto al rapporto tra Trump ed Epstein, la storia pubblica parla di frequentazioni a metà anni Novanta e di un successivo allontanamento. Trump ha più volte ridimensionato l’importanza di quella conoscenza e ha preso le distanze da Epstein già al momento dell’arresto federale del 2019. I nuovi log non riscrivono quella relazione, ma la quantificano meglio in un arco temporale preciso: almeno otto voli in quattro anni, spesso con Maxwell presente e talvolta con familiari di Trump. È un dato che contrasta con alcune minimizzazioni passate, limitatamente al tema dei voli, ma che non cambia il quadro giudiziario.

La diffusione dei documenti rientra in una norma che prevede la declassificazione graduale dei materiali su Epstein, insieme a linee guida per proteggere l’identità delle vittime e rimuovere dettagli sensibili. Questa cornice spiega perché emergano insieme documenti utili e materiali di dubbia origine. Per i lettori, il rischio è confondere gli uni con gli altri; per le istituzioni, quello di essere accusate sia di opacità sia di esposizione indiscriminata di nomi non incriminati.

Nei file compaiono anche una fotografia sgranata che ritrae Trump con Maxwell, riferimenti a figure di primo piano come Bill Clinton, Bill Gates e Kevin Spacey, e un passaporto austriaco falso con la foto di Epstein e il nome “Marius Fortelni”. Anche in questo caso, la presenza in un archivio investigativo non equivale a un’accusa: i fascicoli raccolgono fatti, oggetti, voci e persino documenti contraffatti. Ordinare ciò che ha valore probatorio da ciò che è solo contesto spetta a chi indaga e a chi informa.

Resta centrale il motivo per cui questi materiali esistono: accertare la verità giudiziaria su un sistema di abusi che ha coinvolto minori per anni. La condanna di Ghislaine Maxwell ha stabilito la responsabilità di un ingranaggio fondamentale di quel sistema. La divulgazione regolata dei documenti, pur con tutte le cautele, punta a evitare nuove omissioni e a rafforzare la fiducia nella capacità delle istituzioni di fare luce su errori e silenzi del passato.

Molte domande restano aperte: se i log pubblicati siano completi, se esistano registri di altri anni non ancora leggibili o divulgati, quale sia l’identità della “ventenne” citata e se abbia avuto un ruolo nelle indagini, quanto siano affidabili le segnalazioni confluite nei pacchetti più recenti e quali criteri abbiano guidato le ampie redazioni di alcuni nomi. Sul piano giudiziario, i documenti non aggiungono capi d’imputazione. Sul piano dell’opinione pubblica, però, fissano numeri che rendono più difficile liquidare la questione come marginale. Il Dipartimento di Giustizia ha reagito rapidamente, definendo false alcune affermazioni circolate e sostenendo che, se ci fossero stati elementi credibili, sarebbero già stati utilizzati contro Trump. È una linea difensiva che fotografa la tensione di un dibattito in cui la percezione spesso corre più veloce dei fatti.

Tenere insieme la complessità di questi materiali richiede prudenza. È vero che i log collocano Trump sul jet di Epstein almeno otto volte tra 1993 e 1996, con Maxwell presente in almeno quattro occasioni e con una ventenne in una di esse. È altrettanto vero che nei documenti resi pubblici non compaiono accuse né prove di reati a carico di Trump. Ed è vero che il Dipartimento di Giustizia mette in guardia contro contenuti falsi inclusi nel lotto, alcuni dei quali arrivati all’FBI in prossimità del voto del 2020. Tenere insieme questi tre elementi non è equilibrio retorico, ma il lavoro di chi prova a spiegare i fatti senza semplificarli.

Fonti: Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Southern District of New York, atti del processo a Ghislaine Maxwell, comunicazioni ufficiali dell’FBI, articoli e verifiche di New York Times, Washington Post, Reuters, Associated Press.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori