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Quando i muri raccontano il lago: Candia, il paese che si legge a cielo aperto

Dal centro storico alla Statale 26, un viaggio emozionale tra murales, leggende, natura e memoria collettiva: Candia Canavese trasforma le sue pareti in un racconto che unisce passato e futuro

Quando i muri raccontano il lago: Candia, il paese che si legge a cielo aperto

Quando i muri raccontano il lago: Candia, il paese che si legge a cielo aperto

Di solito a Candia Canavese si arriva per il lago. Si parcheggia al lido, si costeggiano le acque tranquille del Parco Naturale, si respira. Ma Candia non è solo questo. C’è un’altra Candia, più silenziosa e raccolta, che non si affaccia sull’acqua ma sui muri del centro storico. Una Candia che chiede di essere guardata con il naso all’insù, perché qui le pareti delle case hanno smesso da tempo di essere semplici confini per trasformarsi in pagine da leggere.

Non si tratta di interventi estemporanei o decorazioni sparse, ma di un progetto preciso di rigenerazione urbana che intreccia memoria e visione. Come sottolineato dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Mario Mottino, l’obiettivo è chiaro: trasformare il borgo in un vero e proprio museo a cielo aperto. Un percorso iniziato nel 2007 con il piano “Borgo antico, arte e pitture murali” e rilanciato con forza nel 2021 grazie alla rassegna “Vetrine d’Autore”, curata dall’artista Gianni Depaoli.

La vitalità del progetto è testimoniata dal murale più recente, inaugurato nel settembre 2025 lungo la Statale 26. Un’opera imponente, lunga 26 metri, firmata da Debora Signorini e Gianmario Quagliotto, che celebra il legame profondo e identitario tra Candia e il canottaggio. Un racconto visivo potente, che secondo il vicesindaco Umberto La Marra non ha solo una funzione estetica, ma serve a connettere visivamente la storia del borgo con la sua realtà contemporanea.

Tra le opere più suggestive c’è senza dubbio il murale dedicato a una figura chiave del folklore canavesano: Ypa. La donna emerge dalle acque, circondata da ninfee e canneti, sospesa in un tempo che non è né passato né presente. Il testo dipinto a lato svela la leggenda: “Ypa regina del popolo dei Salassi… per amore di un giovane condusse il suo popolo e il suo amato alla morte”. È l’omaggio a un’Atlantide nostrana, che secondo il mito giace proprio dove oggi si estende il lago. L’artista riesce a restituire tutta la malinconia e il mistero di una figura che appartiene tanto alla storia quanto all’immaginazione collettiva.

Il murale su Ypa, sacerdotessa e regina dei Salassi

 

"L'Magnin" della pittrice originaria di Pont Canavese, Elisa Donetti

Dipinto di Sara Magaton, risalente al 2008

Il lago, però, a Candia non è solo leggenda. È un ecosistema vivo, pulsante, che entra nel paese attraverso i muri. Passeggiando tra le vie si incontra un grande rapace che domina il paesaggio dall’alto, quasi a sorvegliare tetti e cortili. Poco più avanti, in un tondo che ricorda un oblò aperto sulla natura, un volatile spiega le ali: un’immagine familiare per chi frequenta il Parco Naturale. C’è spazio anche per suggestioni impressioniste, come la parete dedicata alle ninfee bianche, immerse nella luce morbida delle zone umide. E poi la sorpresa dello sguardo “sott’acqua”: in “Scambio di energia” l’osservatore viene trascinato sul fondale del lago, dove i pesci sembrano emergere dal muro con un sorprendente effetto tridimensionale, a ricordare che la vita del Parco continua anche sotto la superficie.

I muri di Candia, però, non raccontano solo la natura. Sono anche custodi di una memoria sociale che resiste al tempo. Straordinaria, in questo senso, l’opera firmata da Elisa Donetti: “L’Magnin” (2008) è uno squarcio autentico sul passato, con l’artigiano seduto a terra intento a riparare pentole, accompagnato da un gatto sornione. Dello stesso anno è il dipinto di Sara Magaton, che raffigura una scena di quotidianità domestica: tre donne raccolte attorno al ricamo, in un tempo lento che oggi sembra lontanissimo.

Con il 2021 il progetto artistico cambia registro e si apre a nuove sensibilità. Tra le opere più intense spicca “Riflessi all’imbrunire” di Sarah Storey. Qui il realismo lascia spazio all’emozione pura del colore: una barca in primo piano, il cielo che si incendia al tramonto, l’acqua che diventa specchio. È un momento che ogni candiese conosce bene, quando il sole scende dietro la collina e il lago si trasforma in un quadro vivo.

Quello di Candia è un patrimonio in continuo divenire, che invita a rallentare e ad ascoltare. Non un luogo di semplice passaggio, ma un paese che ha scelto di affidare all’arte la custodia della propria anima. E il viaggio, in realtà, non finisce mai. Quelli raccontati sono solo alcuni tasselli di un mosaico più ampio. Molti altri dipinti si nascondono dietro l’angolo di una via, sotto un portico, su una facciata che non ti aspetti. Questo è solo un assaggio. Il vero invito è a perdersi, senza meta, perché in questo museo a cielo aperto ogni svolta può regalare una nuova sorpresa a colori.

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