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La giunta regionale risolve l’emergenza sulla bagna caoda con la panna. Una bestemmia

Con una delibera la Giunta mette pace (forse) tra puristi e morbidi: la Bagna Caoda di Faule diventa Pat e anche la panna ottiene la cittadinanza piemontese

La giunta regionale risolve l’emergenza sulla bagna caoda con la panna. Una bestemmia

bagna caoda

C’era una volta la bagna caoda. Anzi no, ce ne sono due. E siccome in Piemonte – si sa – quando si parla di cucina la diplomazia finisce nel tegame, ecco che la Regione ha deciso di mettere nero su bianco anche ciò che da anni divide tavolate, famiglie, confraternite gastronomiche e gruppi WhatsApp: la Bagna Caoda “morbida” di Faule esiste, resiste e ora è pure ufficiale.

Da oggi, infatti, la Bagna Caoda di Faule (Cn) è il 345° Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Piemonte. Un numero importante, che certifica una verità altrettanto importante: in questa terra non si butta via niente, nemmeno le varianti. Nemmeno la panna nella bagna caoda.

La decisione arriva dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore Paolo Bongioanni, che con un colpo di mestolo istituzionale ha sancito la pace – o forse l’armistizio – tra le due storiche “scuole di pensiero”: quella integralista, fatta di acciughe, aglio e olio, e quella più gentile, che nel tegame ci mette anche latte e panna. E che, per qualcuno, resta una bestemmia culinaria. Per altri, invece, una carezza al palato.

Secondo l’assessore, questa versione “addolcita” non è una deviazione moderna né un’eresia gastronomica, ma un riflesso fedele della tradizione lattiero-casearia della pianura cuneese, dove Faule affonda le sue radici. Tradotto: se lì il latte scorre da generazioni, prima o poi finisce anche nella bagna caoda. E così sia.

Ora, grazie al riconoscimento come Pat, la Bagna Caoda di Faule potrà fregiarsi del marchio “Eccellenza Piemonte” e accedere ai sostegni regionali per la promozione. In pratica, da oggi la panna nella bagna caoda non solo si può mettere, ma si può anche finanziare.

bagna cauda

Naturalmente, per entrare nel sacro elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali non basta una buona forchetta. Serve dimostrare che il prodotto esiste da almeno 25 anni, che segue metodi consolidati e che appartiene in modo specifico a un territorio. E così è stato: domanda presentata il 26 febbraio 2025 dall’Accademia della Bagna Caoda di Faule, istruttoria tecnica, sopralluogo ufficiale il 18 settembre e via libera finale. Tutto secondo regolamento, perché anche la tradizione, in Piemonte, ama la burocrazia ben fatta.

Entro fine anno il riconoscimento sarà comunicato al Ministero e la Bagna Caoda di Faule entrerà ufficialmente nel registro nazionale, subito dopo il Cappone di Racconigi, promosso l’anno scorso. Una scalata lenta ma inesorabile del gusto piemontese, cucchiaio dopo cucchiaio.

E mentre qualcuno storcerà il naso e qualcun altro farà il bis, Faule continua a fare quello che sa fare meglio: celebrare la sua bagna caoda ogni ottobre, con una sagra che nel 2026 festeggerà la 30ª edizione. Trent’anni di pane intinto, verdure che scompaiono e discussioni infinite su cosa sia la “vera” bagna caoda.

Ora però una cosa è certa: che piaccia o no, anche quella con la panna è ufficialmente tradizione. E da oggi, contestarla non è più solo una questione di gusto, ma quasi di lesa piemontesità. Insomma, bon appétit. E che la bagna – caoda o morbida – sia con voi.

Menomale che c'è Bongiovanni

Il Piemonte ha finalmente trovato la sua missione storica. Non la sanità, non i trasporti, non l’industria in affanno, non i giovani in fuga. No. La panna nella bagna caoda. Era quello il nodo irrisolto della modernità, la faglia geopolitica che attraversava le Langhe, il trauma collettivo tramandato di nonno in nipote davanti al fornellino.

E per fortuna che c’è Paolo Bongioanni, il ministro ombra della quotidianità piemontese, quello che può occuparsi di tutto purché sia commestibile o fotografabile. Commercio, agricoltura, cibo, turismo, sport, post-olimpico, caccia, pesca, parchi. Manca solo lo spazio aereo e poi è completo. 

Così, mentre fuori dal palazzo regionale il mondo insiste a essere complicato, dentro si discute di bagna caoda. E si decide. Perché la politica, quando vuole, sa essere risolutiva. Un tempo si facevano le riforme, oggi si fanno i Pat. E si stabilisce che sì, anche la versione con panna e latte merita il crisma della tradizione. Nonostante l’aglio, nonostante le acciughe, nonostante la storia. Perché se una cosa esiste da 25 anni, allora va bene tutto. Anche riscrivere la teologia del tegame.

A questo punto immaginiamo la scena. Alberto Cirio, Governatore del Piemonte, osserva la pentola dall’alto, con l’aria di chi ha capito che governare non significa scegliere, ma amalgamare. E quale metafora migliore della panna? La panna unisce, addolcisce, copre. È bipartisan. Sta bene su tutto. Anche sulla politica.

Così la Giunta certifica, brandizza, promuove. Eccellenza Piemonte. Che suona come una benedizione laica. Una specie di indulgenza plenaria per chi ha sempre messo la panna di nascosto e ora può finalmente uscire allo scoperto, fiero, cucchiaio in mano.

Intanto, fuori, la realtà continua a essere ruvida. Ma non importa. La bagna caoda è morbida. E se la realtà non migliora, pazienza: almeno l’intingolo sì.

È questo il nuovo corso. Non risolvere i problemi, normalizzarli. Non affrontare le fratture, stemperarle. Come l’aglio nel latte. Come le polemiche nella panna. E se qualcuno protesta, gli si risponde con una sagra, una targa, un Pat in più. Funziona sempre.

Del resto, una Regione che riesce a mandare un sopralluogo ufficiale per una bagna caoda, può fare qualunque cosa. Anche convincerci che tutto sommato va bene così. Che se il futuro è incerto, almeno è tradizionale. E se il presente è amaro, basta un po’ di panna per renderlo digeribile.

Insomma, grazie assessore. Grazie presidente.
Il Piemonte non avrà risolto i suoi problemi, ma sa finalmente come intingerli.

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