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Bilancio di un 2025 tra crisi globale e sfide locali

Ivrea. Bilancio 2025: dalla battaglia per la pace e il disarmo e dalla solidarietà internazionale, fino alle emergenze locali di sanità, sicurezza, patrimonio e lavoro

Bilancio di un 2025 tra crisi globale e sfide locali

Bilancio di un 2025 tra crisi globale e sfide locali

A dicembre viene naturale ricapitolare gli eventi dell’anno. Scorro i miei editoriali pubblicati in questo 2025, quali temi siano ancora aperti e quali hanno invece trovato uno sbocco? Il bilancio nazionale e internazionale non è confortante, ma lo sconforto non porta soluzioni, è necessario piuttosto costruire consapevolezza, con l’informazione libera, approfondire, per rafforzarci come comunità.

Il tema più ricorrente è stato, come era facile immaginare, il rifiuto delle guerre, del riarmo, la ricerca della Pace giusta.

Si è delineata una frattura profonda: da un lato le fasce più deboli della popolazione che chiedono investimenti in sanità, scuola e giustizia sociale; dall'altro i governi (con l'eccezione parziale della Spagna) che dirottano risorse verso il settore militare e delle armi. Così il primo editoriale del 2025 intitolava “Pace nelle piazze, guerra nei palazzi”.

Spesso si obietta che un’amministrazione locale non abbia voce in capitolo sulla politica estera. Al contrario, il Comune è l’ente più vicino ai cittadini: ha il dovere di raccogliere i sentimenti della popolazione e “scalarli” verso l’alto, per contrastare le decisioni nazionali che impattano negativamente sulla vita di tutti.

Con l’editoriale di febbraio “Ivrea dimentica Bettazzi e la pace resta fuori dal Consiglio”, criticavo la scelta della maggioranza di astenersi su una mozione della minoranza che sosteneva l’invio di armi in Ucraina e l’adesione alla NATO, di fatto permettendone l’approvazione. Questo contrasta con l’idea di città come “laboratorio di cultura di pace”, sicuramente cara a Luigi Bettazzi, capace di superare “la corazza della sovranità statale per una solidarietà planetaria. Le città sono chiamate a questa grande, pacifica rivoluzione.  (Ernesto Balducci, Assemblea nazionale Enti Locali per la Pace, Assisi, 1994”

Fortemente legata al disarmo e alla pace è il tema della solidarietà internazionale, per la Palestina e tutti i paesi oppressi e in guerra.

Ivrea è gemellata con Beit Ummar, in Cisgiordania, e anche questo rende il conflitto in Palestina una questione estremamente vicina a noi.

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La manifestazione del 24 maggio contro il genocidio a Gaza e l’occupazione illegale della Cisgiordania, con 2000 partecipanti e la presenza del sindaco di Ivrea Matteo Chiantore e delle sindache e i sindaci dei paesi vicini, ha segnato un punto di risveglio politico che ho voluto fissare in un editoriale di inizio giugno. Resta fondamentale il monito del sindaco Chiantore: “Le amministrazioni locali hanno un forte ruolo amministrativo da svolgere ma anche il dovere di coinvolgere i cittadini e il loro senso civico, offrendo occasioni di dialogo e confronto. Questi tempi difficili richiedono a ciascuno di noi, nei nostri diversi ruoli, di non cedere mai all’indifferenza perché tacere significa accettare.”. 

Ad inizio dicembre, in un clima generale di corsa al riarmo, ho scritto “La tattica della paura: come ci spingono verso la guerra” il riferimento è alla campagna mediatica che costruisce ad arte il nemico perfetto e vuole convincere l’opinione pubblica di essere ad un passo da un’invasione, per compiacere le lobby delle armi. In questo clima di tradimento del Manifesto di Ventotene, spetta alle comunità locali difendere la pace “dal basso”.

Altri editoriali hanno toccato questioni più strettamente locali. La casa e l’ospedale di comunità. Sebbene i lavori procedano per non perdere i fondi PNRR, rimangono irrisolti i dubbi critici sollevati dalla lista Unione Popolare dalla logistica agli operatori. La scelta di un’area centrale senza parcheggi adeguati appare problematica. In un contesto di pronto soccorso in crisi, carenza di medici di base e ambulanze ridotte, resta l’interrogativo su chi lavorerà effettivamente in queste nuove strutture.

Il Carcere. Ho voluto scrivere sulla casa circondariale cittadina in “Il carcere è un quartiere di Ivrea. Forse, ma molto molto periferico.” Perché tra retorica dell’inclusione e simboli vuoti, al carcere di Ivrea si spengono voci (vedi la chiusura del giornale online La Fenice) e crescono le tensioni: l’articolo 27 della Costituzione resta lettera morta.

Anche il sito Unesco è stato oggetto di un editoriale. Patrimonio Unesco. Manca la “cura”. Nonostante il nuovo piano di gestione 2025-2030, il fulcro del sito (la ICO in via Jervis) soffre di un degrado evidente. Tra sporcizia e incuria, lo stato attuale è giudicato “indecente” per qualsiasi luogo, a maggior ragione per un patrimonio dell’umanità.

Un tema che colpisce la città, ma non è una peculiarità eporediese, è quello dell’insicurezza urbana. “Senza una visione a lungo termine, la sicurezza resta un miraggio”, scrivevo. E purtroppo la situazione conferma questa previsione. L’istituzione della “zona rossa” non ha portato risultati tangibili, come era facile prevedere. Lo stanno capendo in tanti, bene quindi lo sviluppo di reti e iniziative che possano agire alla radice del problema.

Parallelamente, emerge il dramma invisibile delle ludopatie: una dipendenza che non disturba l’ordine pubblico ma distrugge le famiglie nel silenzio. Da qui la proposta di una “Ivrea libera dalle scommesse”.

L’amministrazione eporediese ha diversi fronti caldi sui quali lavorare, tanto si sta facendo, penso ad esempio alle politiche giovanili che erano state praticamente abbandonate. Vi sarà da affrontare il nodo della viabilità e mobilità cittadina fra rispetto dell’ambiente ed esigenze della popolazione, l’addio di GTT alle tratte extraurbane impone nuovi ragionamenti sul trasporto pubblico cittadino. Occorre poi molto più attivismo sul fronte della sanità e penso alla Conferenza dei sindaci che continua a non essere incisiva sui tanti, gravi, problemi che colpiscono la nostra Asl. La vicinanza ai quartieri e la difesa del tessuto occupazionale, a partire dal sostegno fattivo ai lavoratori e alle lavoratrici di Konecta e Telecontact, restano le priorità per evitare l’impoverimento sociale e culturale del territorio eporediese.

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