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Il Canavesano imbruttito

La Città Metropolitana mette il cappio alle imprese: pedaggi medievali e strade dissestate

Dalle gabelle medievali alla Città Metropolitana di Torino: un sistema fiscale repressivo, anticostituzionale e ostile ai ceti produttivi che strangola imprenditori, lavoratori e territori mentre premia burocrazia, clientele e guerre lontane

La Città Metropolitana mette il cappio alle imprese: pedaggi medievali e strade dissestate

Medioevo...

Ricordo quando a scuola, già alle medie, la professoressa di storia raccontava del Medioevo, descrivendolo come un periodo che andava ben oltre l'idea del buio. Mi ritorna sempre più prepotente alla mente la parentesi che la prof dedicò alle tasse, a suo dire, proprie  di un’epoca oscura dove, al contrario di quella che noi eravamo fortunati di poter vivere, non esistevano diritti e libertà. Sebbene negli anni a venire, quelli delle superiori, quel periodo storico fosse stato meglio approfondito, quelle parole non mi hanno mai lasciato.

Nel Medioevo si pagavano tasse come il dazio, il pedaggio, il teloneo e la gabella, diversamente non si poteva transitare su strade, ponti, fiumi o entrare nelle città con delle merci, erano imposte da chi deteneva il controllo del territorio, dai signori feudali, dai vescovi o dai comuni. Esisteva la taglia o il focatico che altro non erano che le imposte dirette sui nuclei familiari e non mancava neanche la mortuarium o se preferite, la tassa di successione, ma anche la tassa da pagare in caso di vendita di beni.

C’era anche la decima da versare alla Chiesa, la tassa sul sale, sull’olio, sul vino, sulla legna e chi più ne ha, più ne metta. I signori feudali nelle loro terre e giurisdizioni riscuotevano tasse e tributi dai contadini, dagli artigiani, dai mercanti e da tutti coloro che vi transitavano.

I vescovi facevano lo stesso nelle aree di loro proprietà, Ivrea era una di quelle. I comuni dal canto loro imponevano dazi a tutti quelli che entravano con delle merci all’interno dei loro confini. Non tutti avevano il denaro necessario a soddisfare le pretese dei Signori e chi non aveva moneta pagava in natura, come poteva, con parte della merce o con capi di bestiame.

Che dire, oggi non è molto diverso, ancora non sono ammessi i pagamenti in natura, ma presto potremmo anche arrivarci, o meglio, tornarci. Forse all’epoca in cui la mia prof di storia si esibiva in tale spiegazione della vita in epoca medioevale le somiglianze fra i secoli bui del Medioevo e il “meraviglioso” 20° secolo, quello caratterizzato da due guerre mondiali, dalla guerra di Corea, da quella del Vietnam, della Cambogia, del Libano e da centinaia di golpe e guerre civili, erano meno evidenti, o molto più semplicemente, forse, senza neanche rendersene conto, stava recitando un copione, quello che andava di moda ai quei tempi nel rispetto delle indicazioni ministeriali.

Il Medioevo, tanto per citarne alcuni, ci ha regalato anche grandi e immortali letterati come Dante Alighieri, politico, filosofo poeta plurilinguistico e realista, focalizzato sulla totalità della conoscenza e sull’ordine divino, o Giovanni Boccaccio, conosciuto anche come “il Certaldese”, ritenuto il maggior prosatore europeo del suo tempo, o come Francesco Petrarca, poeta e filologo, precursore dell’umanesimo. Ci ha consegnato figure importanti come il frate domenicano Tommaso d’Aquino, teologo, considerato ancora oggi uno dei più influenti filosofi della storia occidentale, ma anche artisti e architetti come Giotto, Cimabue, Nicola e Giovanni Pisano, Wiligelmo e maestri della scuola senese come Duccio Buoninsegna e Simone Martini, insomma, erano secoli bui, così me li avevano raccontati nelle medie e così mi era toccato studiarli. Anche allora c’erano impavidi condottieri e conquistatori, erano i tempi di Federico Barbarossa, di Riccardo Cuor di Leone, dei Cavalieri Templari, di quelli Ospitalieri e di quelli Teutonici, erano i tempi delle prime Crociate, dei Cavalieri di ventura, delle brigate mercenarie, non mancavano le guerre, come oggi, si combatteva per tutto, ma a farla da padrone, da lì in poi, furono le “guerre sante”.

In ogni modo, le guerre continuano a esserci, sempre più spietate, sempre più sanguinose, sempre più incomprensibili, sempre più ricercate, volute, artatamente innescate, quasi che la pace faccia un po’ schifo a tutti, quasi fosse ritenuta pericolosa dai governi e dalle autorità religiose, che nelle guerre hanno sempre ricercato, spesso trovandole, legittimazione e fedeltà.

La cultura, invece, no! Rispetto al Medioevo siamo abbondantemente sotto terra, oggi è difficile, quasi impossibile, trovare artisti, scrittori, poeti, ma anche scienziati, architetti, ingegneri e medici, capaci di imporsi per le loro qualità, senza avere padrini politici o le “conoscenza giuste”. Oggi dilaga l’analfabetismo, un po’ d’andata e un po’ di ritorno, le massime istituzioni europee, soprattutto italiane, sono occupate da ignoranti o, quando “va bene”, da pericolosi smemorati cronici.

Le tasse, quelle maledette tasse, che tutti dovrebbero pagare e dalle quali sfuggono sempre i “più furbi”, i “più ammanicati”, i “più ladri” e forse, anche chi le pensa e le traduce in legge, non solo ricordano benissimo il sistema fiscale medioevale ma, se possibile, fanno sembrare il nostro sistema fiscale ancora più caotico, invasivo e, senza abusare del termine, repressivo.

La nostra Costituzione ci ricorda all’articolo nr. 1 che “L’ITALIA È UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA, FONDATA SUL LAVORO”; evidenzia all’articolo 32(comma 2) che “È COMPITO DELLA REPUBBLICA RIMUOVERE GLI OSTACOLI DI ORDINE ECONOMICO E SOCIALE, CHE, LIMITANDO DI FATTO LA LIBERTÀ E LA UGUAGLIANZA DEI CITTADINI, IMPEDISCONO IL PIENO SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA E L’EFFETTIVA PARTECIPAZIONE DI TUTTI I LAVORATORI ALL’ORGANIZZAZIONE POLITICA, ECONOMICA E SOCIALE DEL PAESE”; precisa all’articolo 36: “IL LAVORATORE HA DIRITTO AD UNA RETRIBUZIONE PROPORZIONATA ALLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEL SUO LAVORO E IN OGNI CASO SUFFICIENTE AD ASSICURARE A SÉ E ALLA FAMIGLIA UN’ESISTENZA LIBERA E DIGNITOSA” e sottolinea all’articolo 53: “TUTTI SONO TENUTI A CONCORRERE ALLE SPESE PUBBLICHE IN RAGIONE DELLA LORO CAPACITÀ CONTRIBUTIVA. IL SISTEMA TRIBUTARIO È INFORMATO A CRITERI DI PROGRESSIVITÀ”. Dunque, l’idea dei Padri Costituenti non pareva essere quella di riportarci indietro di circa 900 anni e allora, cosa potrà mai essere successo? Si è forse scelto di fare il “passo più lungo della gamba”? Non credo, abbiamo ospedali, scuole, strade, segnaletica e servizi che definire scadenti significa fargli un complimento, quindi, non è stato fatto nulla per i cittadini. Sarà forse che per motivi di tornaconto politico si è scelto di far vivere a sbafo circa il 60% degli italiani? Può essere, questa è senz’altro un’ipotesi da indagare visto l’esercito di assistiti dello Stato e delle Regioni, che marcia dritto, senza opposizione, verso il fortino, ormai senza più difese, di ciò che è rimasto dell’imprenditoria privata nostrana, quella sana, non risultato di aiuti clientelari.

Città metropolitana

Pensare che tutto ha avuto inizio con il grande piano di privatizzazioni posto in essere da squallidi personaggi, su tutti Romano Prodi e Mario Draghi, ancora oggi osannati, nonostante siano stati gli artefici del “disastro Italia”, come grandi economisti e uomini politici. Oggi non c’è più lo Stato, tutto quello che era italiano è ormai proprietà di potentissime multinazionali straniere, abbiamo regalato anche le banche e di riflesso abbiamo esposto i nostri imprenditori, ma anche i nostri artigiani e chiunque lavori con una partita I.V.A. ad una concorrenza sleale nei confronti di chi, comprato tutto a prezzo di saldo e anche qui ci sarebbe tanto da indagare, oggi sta facendo man bassa di ciò che è rimasto: spiagge, colline, montagne, gallerie storiche, alberghi, ristoranti, discoteche e quant’altro e lo sta facendo con la complicità di istituzioni squalificate, remissive e succubi quando di fronte hanno i grandi potentati economici stranieri, che pagano le tasse come e quando vogliono, nella misura che vogliono e se vogliono. Istituzioni, invece, in prima linea, “lancia in resta”, sempre pronte ad accanirsi contro il settore privato nostrano, ormai, messo nell’impossibilità di svolgere, fra le altre cose, anche l’importante ruolo di ammortizzatore sociale. 

Questo sarebbe, lo capirebbero anche gli asini, il momento di incentivare ogni forma di produttività, di favorire l’imprenditoria italiana ad ogni livello, invece, evidentemente le nostre istituzioni sono infarcite di strane figure e figuri molto meno intelligenti degli asini, si sputtanano miliardi per aiutare l’Ucraina in una guerra persa, in una guerra che non ci appartiene, e si trascina a fondo l’intero Paese con la complicità di sindacati e “opposizioni”. Ma poi, elencati gli articoli della nostra Carta Costituzionale, quelli che secondo me dovrebbero essere il cardine della nostra politica fiscale e di quella dedicata al lavoro, cosa non è risultato e cosa non risulta chiaro ai nostri politici, quelli che imperversano indisturbati dalla caduta della Prima Repubblica ad oggi? A me pare che gran parte delle imposte che fanno parte del nostro ordinamento non rispettino i dettami della Costituzione, a me sembra che la progressività del sistema tributario sia garantita solo dall’I.R.P.E.F., l’imposta sul reddito delle persone fisiche, progressiva per scaglioni di reddito. Tutto il resto è Medioevo, anzi, peggio! La verità, soprattutto per i pochi veri italiani, che non sono quelli che dicono di rappresentare l’Italia e nemmeno i burocrati che affossano le imprese, ma sono quelli che nonostante tutto non si arrendono e cercano ancora di lavorare e dare lavoro, è che il principio secondo cui le tasse si determinerebbero in base al reddito effettivamente prodotto è divenuto una vera è propria menzogna, la cruda matematica, non quella degli scienziati tanto cari a chi “crede nelle scienza”, dimostra che ci troviamo di fronte ad un sistema fiscale che definire medioevale è dir poco.

Il canone Tv, le tasse sulla spazzatura, sulla casa, le imposte sui tabacchi, sul gas, sull’energia elettrica, sulla benzina, sul gasolio, il bollo auto, le imposte sugli affitti, le tasse sulla raccolta funghi, la tassa di soggiorno, le imposte sulle concessioni edilizie, le imposte di bollo e di registro, l’imposta di scopo, il contributo unificato, l’equo compenso che grava su CD, DVD, cellulari, hard disk, pendrive, ecc., le imposte sugli spettacoli, le imposte sulle assicurazioni, le imposte di trascrizione, le imposte sulle sigarette elettroniche, le imposte sulla birra, sul vino e sui liquori, le imposte sulle patenti, sui passaporti, le tasse sulla bonifica delle paludi, i ticket sanitari, le tasse sul morto, le imposte sui conti correnti, le tasse sugli scalini per entrare in casa propria, le imposte sull’ombra ed anche quelle sull’utilizzo delle strade e chissà quante altre, sono forse rispettose della progressività contributiva? Io credo di no!

Dunque, siamo in presenza di uno Stato che ha rinunciato da tempo, da molti anni, a fare lo Stato, ormai è un mero esattore, che si inventa tasse per tutto. Ora aspettiamo, spero non serva da suggerimento, la tassa sulle mutande bianche, con tanto di controlli a campione per strada e sul lavoro affidati alle forze dell'ordine, quella sui fazzoletti di stoffa ricamati, perché ritenuti, nell’epoca dell’usa e getta, cosa da ricchi; quella sulle tette grandi perché ritenute umilianti per le donne che devono ricorrere alla chirurgia estetica o quella per chi scorreggia troppo perché colpevole di incidere sui “cambiamenti climatici”, ovviamente aspettiamo senza mai arrenderci, nella speranza che qualcuno di buona volontà si faccia avanti e regali ad oltre il 60% degli italiani italiani, che in questa classe politica non si riconoscono, la speranza che i cervelli piccoli non possano più scorrazzare liberi nelle stanze del potere politico.

Pensate, tanto per tornare a guardare solo a casa nostra, in questi giorni pare che una pioggia di lettere formato coperta, ben 7 pagine, si sia abbattuta e si stia abbattendo sui già super tartassati imprenditori canavesani, stavolta a chiedere la “sua parte” è nientemeno che la “Città Metropolitana di Torino”, cosa che non sarebbe mai stata se, quando in passato se ne presentò l’occasione, i nostri Sindaci, da sempre bravissimi a farsi fotografare in feste e festicciole, così come bravissimi a recarsi col cappello in mano in Regione o al cospetto di qualche Ministro, avessero capito l’importanza di avere una “Provincia del Canavese”, che al contrario di cosa sono Biella e V.C.O., sarebbe stata per estensione territoriale la seconda provincia piemontese.

Comunque è inutile parlare di ciò che non è stato, ma credo sia utile far capire ciò che è perché c’è bisogno di una nuova classe politica e di riforme, a tutti i livelli, dettate in favore di chi lavora e di chi vuole lavorare. Ora, pagato l’indicibile, espletate le più inutili, cicliche attività burocratiche, costose in termini di tempo e denaro, ai nostri imprenditori è anche chiesto di pagare il pedaggio, diversamente, se non infrangendo la "legge", non potrebbero, loro, i loro lavoratori e i loro clienti, transitare sulle strade di proprietà della "Città Metropolitana di Torino" per recarsi al lavoro, per diletto o per tornare a casa

La "Città Metropolitana", dal canto suo, ci tiene a far sapere che ha intensificato l’attività di controllo su tutto il territorio, non perché ha bisogno di soldi, non perché vuole unirsi al banchetto di Stato, Regioni e Comuni, ma perché vuole riportare, lottando contro l’abusivismo, in ambito legale le occupazioni e le installazioni presenti sulle strade.

La "Città Metropolitana" racconta, menzionando codice della strada, D.Lgs e articoli vari, che per lei l’entrata e l’uscita di autoveicoli dalle proprietà private laterali, oltre che rappresentare un pericolo, rappresenta un aggravio manutentivo e quindi, da brava proprietaria delle strade in questione, in pratica, chiede di essere pagata per i servizi svolti. 

Quali servizi svolti? I nostri imprenditori, di tasca loro, spesso e poco volentieri, sono costretti a pagare la pulizia delle strade e delle aree verdi adiacenti alle loro proprietà, diversamente, si limitassero ad aspettare l’intervento della "Città Metropolitana", l’erba e le sterpaglie, impedirebbero pericolosamente la visuale a chi per lavoro o per piacere su quelle strade è obbligato a transitare. Strade che, nella normalità, si distinguono, non per manutenzione, ma per dissesto.

Io credo che mai come oggi risulti antipaticamente visibile la volontà di spremere oltre il possibile i nostri imprenditori, credo che il legislatore, chi applica e fa applicare le leggi, sia completamente avulso dalla realtà lavorativa del nostro Paese, nessuno è contrario alla lotta contro l’evasione fiscale, ma credo di non essere l’unico contrario alla lotta contro chi vuole lavorare. Non solo, credo che simili balzelli, frutto marcio di menti malate, a conti fatti, facciano venir meno la voglia di imprendere, di offrire opportunità di lavoro e, soprattutto, sempre che io non sia a conoscenza di variazioni intervenute alla nostra Carta Costituzionale, credo il pedaggio richiesto con tanto di arretrati conteggiati dalla "Città Metropolitana di Torino"vada ad aggiungersi alla già lunga lista di tasse che di costituzionale hanno poco, quando non niente.

I fatti parlano chiaro, molto di più delle parole, poi conta poco se si continuano a distribuire premi ai personaggi che hanno distrutto l’economia del Paese, noi abbiamo l’imperativo di uscire dal Medioevo, che cosa siamo diventati? Ormai è divenuta consuetudine la violazione dell’essenza stessa della democrazia, infatti, grazie alle indicazioni di super premiati e super idolatrati geni della finanza e della politica, tre nomi su tutti, Draghi, Prodi e Monti, si è creato un sistema infame, che ha sfruttato, taglieggiato e impoverito i ceti produttivi: agricoltori, allevatori, artigiani, commercianti, professionisti, imprenditori e lavoratori dipendenti del settore privato, il tutto per assicurare vitalizi, incarichi e stipendi da sogno a chi ha occhi solo per l’Ucraina e alle sterminate clientele dei partiti romanocentrici.

Un sistema infame sul piano economico perché per mantenersi ha sviluppato una micidiale piovra politico-burocratica, che ha portato l’intero Paese alla bancarotta, alla recessione e alla disoccupazione di massa. Un sistema infame sul piano culturale e scientifico perché ha sistematicamente punito ed emarginato intellettuali, scienziati e giornalisti indipendenti, distribuendo premi a quelli più servili e trasformando le nostre università in feudi dei partiti, dove le cattedre e le prebende sono assegnate con criteri che nulla hanno a che fare con la meritocrazia.

Che cosa siamo diventati? E’ possibile che la politica e la burocrazia siano così cieche e sorde di fronte alla sofferenza dei nostri ceti produttivi? Vogliamo chiudere tutto? Possibile che ci siano soldi solo per l’Ucraina e ai nostri imprenditori è addirittura impedito di entrare e uscire dall’azienda in cui lavorano e nella quale danno lavoro se  non pagando un pedaggio?

Ha dell’incredibile, ma i “padroni delle strade” pare siano decisi a prendersi sino all’ultimo centesimo di ciò che chiedono e non si parla di spiccioli, ma di migliaia di euro.

Quando mi trovo di fronte a certi fatti, non determinati da racconti goliardici, non frutto di bufale, ma fatti certificati da tanto di richiesta di pagamento su carta intestata della "Città Metropolitana di Torino", mi tornano alla mente le parole del poeta e scrittore statunitense Charles Bukowski: “Nati così in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo” e la cosa, certamente, non mi fa stare meglio.

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