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In Canavese un nuovo modello di cura per le persone anziane: cosa convince e cosa no del progetto presentato ieri a Locana

RSA, ASL e Comune uniti per colmare il vuoto tra dimissione e domicilio

Il sindaco e il direttore generale dell'Asl To 4

Il sindaco e il direttore generale dell'Asl To 4

Il progetto di continuità assistenziale presentato a Locana ieri non nasce dal nulla e non può essere liquidato come una passerella istituzionale. Nasce da un problema che la sanità pubblica conosce fin troppo bene: ospedali saturi, anziani sempre più fragili, territori periferici lasciati soli. E nasce da una constatazione semplice quanto scomoda: tra il letto per acuti e il rientro a casa c’è un vuoto che oggi viene colmato male, spesso scaricando il peso sulle famiglie o prolungando ricoveri che non servono più a curare, ma solo a trattenere.

È in questo spazio grigio che si inserisce la sperimentazione avviata tra il Comune di Locana e l’ASL TO4, con la RSA Vernetti individuata come struttura ponte. Cure intermedie, le chiamano. Un’espressione tecnica che tradotta significa questo: persone ancora malate, ma non abbastanza da restare in ospedale; non ancora stabili, ma nemmeno abbandonabili al domicilio. Un limbo sanitario che oggi produce riammissioni continue, decadimento funzionale, isolamento, costi crescenti e, spesso, un senso di fallimento collettivo.

Il progetto, sulla carta, è allineato con tutto ciò che la sanità nazionale dice di voler fare. DM 77, PNRR, sanità di prossimità, integrazione socio-sanitaria. Tutte parole giuste, finalmente declinate in un contesto reale, lontano dai grandi hub urbani. E non è un dettaglio: nelle aree montane e interne la distanza non è solo geografica, è politica. Ogni servizio che chiude spinge un pezzo di popolazione più vicino all’istituzionalizzazione o all’abbandono.

L’idea di usare una RSA come cerniera tra ospedale e territorio ha un pregio evidente: non costruisce nulla di nuovo, ma prova a far funzionare meglio ciò che già esiste. Meno cemento, più organizzazione. Meno retorica dell’innovazione, più pragmatismo. Qui il paziente non è più un “dimesso”, ma una persona seguita in una fase delicata, quella in cui si gioca gran parte del recupero o del declino. Ridurre i ricoveri impropri significa anche ridurre infezioni, delirium, allettamenti inutili. E significa, soprattutto, restituire dignità a un tempo di cura che oggi viene trattato come uno scarto.

C’è poi il tema del cohousing, evocato come possibile evoluzione del modello. Non una casa di riposo mascherata, ma una forma di abitare assistito, dove autonomia e supporto convivono. Sulla carta è una risposta intelligente all’isolamento degli anziani soli. Nella realtà delle valli, però, sarà la prova del nove: senza servizi, personale e trasporti, il cohousing rischia di restare un’idea elegante, buona per i convegni e fragile nella quotidianità.

Fin qui i meriti. Ma sarebbe disonesto fermarsi qui.

Perché la sanità non si giudica dai protocolli, ma dalla tenuta nel tempo. E il primo punto debole di questo progetto è lo stesso che affligge l’intero sistema: il personale. Le cure intermedie funzionano solo se c’è continuità clinica, se medici, infermieri e operatori socio-sanitari non sono figure intermittenti, spremute tra un turno e l’altro. In un contesto di carenze croniche, la domanda non è se il modello sia giusto, ma chi lo farà funzionare davvero.

E poi c’è la questione più delicata: il confine tra cura e contenimento. Le cure intermedie non devono diventare parcheggi eleganti per anziani complessi, né un modo per liberare letti ospedalieri senza garantire un reale percorso di recupero. Il confine è sottile e si misura giorno per giorno.

Siamo pronti a trasformare le cure intermedie in una colonna portante della sanità territoriale, o le useremo come tampone temporaneo per un ospedale che non regge più?

Staremo a vedere.

Intanto ieri  il Direttore Generale dell’ASL TO4, Luigi Vercellino, e il Sindaco di Locana, Mauro Peruzzo Cornetto, hanno formalmente condiviso e sottoscritto il progetto, apponendo le proprie firme al termine della presentazione.

Un atto che dà il via libera alla sperimentazione. Una sperimentazione nel ricordo di Lorenzo Ardissone, già Presidente della RSA Vernetti e Direttore Generale dell’ASL TO4, recentemente scomparso, che ideò il progetto preliminare nel 2017.

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