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Askatasuna, salta il patto sui beni comuni: il Comune chiude l’accordo dopo aver accertato le violazioni

La presenza di attivisti nei piani interdetti fa decadere il progetto, il sindaco: “Accertata la violazione delle prescrizioni”

Askatasuna, salta il patto

Askatasuna, salta il patto sui beni comuni: il Comune chiude l’accordo dopo aver accertato le violazioni

Il patto di collaborazione tra la Città di Torino e il comitato di garanti per la gestione di Askatasuna è ufficialmente cessato. La decisione arriva nel pieno di una mattinata segnata dalle attività di polizia all’interno della palazzina di corso Regina Margherita 47, storica sede del centro sociale, e segna un punto di svolta nel lungo e controverso rapporto tra l’amministrazione comunale e uno degli spazi occupati più noti della città.

A chiarire la posizione di Palazzo Civico è stato il sindaco di Torino, che in una nota ha collegato direttamente la fine dell’accordo agli accertamenti svolti dalle autorità. «L'autorità di pubblica sicurezza sta svolgendo questa mattina attività presso l'immobile di corso Regina Margherita 47. In questo contesto la Prefettura di Torino ha comunicato alla Città l'accertamento della violazione delle prescrizioni relative all'interdizione all'accesso ai locali di corso Regina Margherita 47», ha dichiarato il primo cittadino.

Una constatazione che, sul piano amministrativo, non lascia margini di interpretazione. «Tale situazione configura un mancato rispetto delle condizioni del patto di collaborazione che pertanto è cessato, come comunicato ai proponenti», ha aggiunto il sindaco, sancendo di fatto la fine del progetto che, almeno nelle intenzioni iniziali, avrebbe dovuto trasformare Askatasuna in un bene comune urbano.

Il patto era stato rinnovato dalla Giunta comunale lo scorso 18 marzo, dopo la scadenza dell’accordo precedente avvenuta il 15 marzo. La delibera aveva recepito anche una mozione del Consiglio comunale che ribadiva l’adesione ai metodi democratici e il ripudio di ogni forma di violenza e razzismo. Un passaggio politico rilevante, pensato per delimitare con precisione il perimetro entro cui il progetto avrebbe dovuto muoversi.

L’accordo prevedeva la gestione dell’immobile comunale da parte di un gruppo spontaneo di cinque cittadini, affiancati da un comitato di garanti, con l’obiettivo di curare e rigenerare una parte della struttura. Il fulcro del progetto riguardava esclusivamente il piano terra, unico spazio dichiarato agibile, mentre i tre piani superiori erano stati formalmente giudicati inagibili e sottoposti a un divieto tassativo di utilizzo.

Proprio questa clausola rappresentava una delle condizioni fondamentali per la sopravvivenza del patto. Tra gli obblighi previsti figuravano inoltre precise condizioni di sicurezza e igiene, la presentazione di una relazione semestrale sulle attività svolte, e il divieto di modificare la struttura dell’edificio al di fuori di quanto stabilito nel percorso di ristrutturazione in corso.

L’accertamento della presenza di persone nei piani interdetti, emerso durante le attività di questa mattina, ha dunque fatto venir meno uno degli elementi centrali dell’accordo. Da qui la decisione di considerare il patto decaduto, senza ulteriori passaggi intermedi.

La fine del progetto sui beni comuni riapre ora una partita complessa, che intreccia sicurezza, ordine pubblico, gestione del patrimonio comunale e una lunga storia di conflitti politici e giudiziari attorno ad Askatasuna. Una vicenda che, negli ultimi anni, aveva visto il Comune tentare una strada istituzionale per governare uno spazio simbolicamente e materialmente ingombrante, cercando di ricondurlo entro regole condivise.

Con la cessazione del patto, quello spazio torna però a essere un nodo irrisolto. E la giornata di oggi segna un passaggio che difficilmente resterà senza conseguenze, sia sul piano amministrativo sia su quello politico.

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