Cerca

Attualità

Due più due alla Città della Salute fa 402.633 euro. Medici incazzati

402 mila euro da ripianare alla Città della Salute: medici e azienda si rimpallano le colpe dopo anni di silenzi. L’unico che aveva iniziato a guardare nei conti, Thomas Schael, è stato fatto fuori dall’assessore Federico Riboldi

Due più due alla Città della Salute fa 402.633 euro. Medici incazzati

Livio Tranchida

Quattrocentomila euro tondi tondi. Anzi no: 402.633 euro. È il numero che alla Città della Salute e della Scienza di Torino ha smesso di essere una riga di bilancio per trasformarsi in una patata bollente. Una cifra che oggi qualcuno prova a far diventare un conto da presentare ai medici, dopo anni di silenzi, pacche sulle spalle e convenienze reciproche. La firma in calce è quella del direttore generale Livio Tranchida, che chiede ai camici bianchi di rimettere mano al portafogli per coprire il disavanzo dell’intramoenia 2024.

La legge, va ricordato, sull’intramoenia è chiara: pareggio di bilancio obbligatorio, possibilmente con un margine positivo per l’azienda. Qui invece il pareggio era saltato. E oggi, improvvisamente il problema non è più strutturale, ma è diventato “di qualcuno”. Di chi? Dei medici, secondo l’azienda. Dell’azienda, secondo i medici. Una partita a ping-pong che dura da settimane e che oggi esplode perché quel rosso non si può più nascondere davanti ai giudici (c'è un processo in corso) e alla Corte dei Conti

Nel frattempo, però, vale la pena dirlo senza ipocrisie: l’intramoenia alla Città della Salute non è mai stata una zona di guerra, ma una zona di comodo equilibrio. I medici hanno fatto i loro interessi, legittimi finché il sistema li consentiva. I funzionari e i vertici aziendali hanno fatto altrettanto, chiudendo più di un occhio facendo finta che i numeri stavano in piedi. Tutti dentro lo stesso meccanismo, tutti contenti, finché nessuno ha chiesto davvero conto di come funzionasse.

Ora che il conto arriva, la musica cambia. I medici reagiscono con una diffida formale, firmata da Anaao-Assomed Piemonte, che mette nel mirino non solo il neo direttore generale della Città della Salute LivioTranchida ma anche il direttore sanitario Lorenzo Angelone, quello amministrativo Giampaolo Grippa e l’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi. Altro che clima disteso e “ritrovata armonia” evocata solo poche settimane fa nei corridoi di corso Bramante. Qui l’armonia è durata finché nessuno ha toccato i nervi scoperti.

Nella diffida, il sindacato parla senza giri di parole di profili rilevanti di illegittimità, criticità procedurali, contabili e giuridiche. La richiesta di contributo, scrive Anaao, arriva a distanza di quasi due anni dagli incassi rendicontati, senza che siano mai stati chiariti i criteri di calcolo, le modalità di imputazione dei costi, né fornita una documentazione tale da consentire verifiche puntuali. In sostanza: si chiede di pagare, ma senza spiegare davvero perché.

Tutto vero. Ma anche qui sarebbe troppo facile fermarsi alla difesa d’ufficio dei camici bianchi. Perché se oggi quei numeri sono opachi, non lo sono diventati ieri. Lo erano anche prima. Solo che prima nessuno aveva interesse a illuminarli. L’azienda incassava "poco", i professionisti lavoravano "tanto", il sistema si faceva pagare da "Pantalone". E quando un sistema gira, in sanità grazie a "Pantalone", la tentazione di non fare troppe domande è fortissima.

C’è però un dettaglio che molti fingono di aver dimenticato. Un dettaglio che ha un nome e un cognome: Thomas Schael. L’ex commissario, quello definito ruvido, scomodo, ingestibile. Quello che aveva iniziato a mettere le mani proprio sui numeri dell’intramoenia, a chiedere spiegazioni, a pretendere chiarezza. Non per colpire i medici, né per salvare l’azienda, ma perché aveva capito una cosa semplice e pericolosa: i conti non tornavano.

Schael non ha fatto sconti a nessuno. E soprattutto non ha mai accettato l’idea che certi meccanismi fossero intoccabili. Un atteggiamento che, in un contesto abituato a vivere di equilibri taciti, lo ha rapidamente trasformato in un problema. Non a caso è stato fatto fuori. E non a caso oggi, senza di lui, il buco esplode.

fa

Livio Tranchida con l'assessore regionale Riboldi

I medici ora sostengono – non senza argomenti – che il disavanzo non possa essere messo a loro carico, perché deriverebbe da scelte organizzative e gestionali dell’azienda. L’azienda risponde che la legge impone il pareggio e che qualcuno deve ripianare. Entrambi dicono una parte di verità. Ed entrambi tacciono sull’altra metà: quella che riguarda anni di gestione tollerata, controlli blandi, numeri che nessuno voleva davvero leggere fino in fondo.

Quello che sembrava un dettaglio da non rovinare la festa della firma del bilancio – con tanto di cerimonia e sorrisi istituzionali – diventa ora un caso politico e amministrativo. Altre sigle sindacali, oltre ad Anaao, si starebbero muovendo. E intanto resta sospesa anche l’ultima firma sul consuntivo 2024, quella del direttore regionale Antonino Sottile, che da settimane sta passando al setaccio il documento contabile. 

La verità è che qui non siamo davanti a una guerra tra buoni e cattivi. Siamo davanti a un sistema che ha funzionato finché conveniva a tutti. E che ha iniziato a scricchiolare nel momento in cui qualcuno – Schael – ha provato a guardarlo davvero da vicino.

I 402 mila euro sono solo la punta dell’iceberg. Sotto c’è molto altro. E finché nessuno avrà il coraggio di dirlo fino in fondo, continueranno a volare diffide, accuse incrociate e finte sorprese. Con una certezza: chi aveva capito prima che i numeri non tornavano, oggi non c’è più. E questo, forse, spiega più di mille comunicati.

I conti che non tornano...: due più due

In Italia i conti tornano sempre. Tornano quando nessuno li guarda, tornano quando nessuno li capisce, tornano soprattutto quando nessuno li fa tornare davvero. 

Il problema non è mai il numero. Il numero è innocente. Sta lì, fermo, composto, educato. Il problema è quando qualcuno gli chiede cosa rappresenta. È in quel momento che il numero diventa sovversivo. Prima era una cifra. Dopo è un’accusa.

Per anni la sanità ha praticato una forma evoluta di mindfulness contabile: vivere il presente, ignorare il dettaglio. Tutti concentrati sull’equilibrio interiore, nessuno sull’equilibrio di bilancio. Funzionava benissimo. Finché ha funzionato.

Poi arriva quello che fa la domanda sbagliata. Non quella politica, non quella ideologica. Quella matematica. Due più due. Una bestemmia. Perché in certi ambienti il risultato non deve essere corretto, deve essere condiviso. Se non è condiviso, è sbagliato. Anche se è giusto.

Così si scopre che esistono due tipi di trasparenza: quella preventiva, che dà fastidio, e quella postuma, che consola. La prima crea problemi. La seconda crea comunicati. E siccome in Italia siamo un popolo profondamente comunicativo, la seconda vince sempre.

È affascinante come, davanti a un conto, tutti diventino improvvisamente ragionieri, giuristi, revisori, esegeti della norma. Fino al giorno prima, nessuno aveva tempo. Ora tutti hanno memoria. Una memoria selettiva, certo. Ma pur sempre memoria.

C’è anche un’altra costante nazionale: chi rompe l’equilibrio viene accusato di essere squilibrato. Non importa cosa abbia detto, importa che l’abbia detto. Non importa se aveva ragione, importa che fosse fuori tempo. Il tempo giusto, si sa, è sempre quello in cui non succede niente.

Il bello è che, una volta eliminato il problema umano, resta il problema numerico. E quello non si fa fuori così facilmente. Non accetta incarichi alternativi, non cambia assessorato, non si dimette. Rimane lì. Ostinato. Quasi offensivo.

Alla fine tutti chiedono chiarezza. Tutti la vogliono. Tutti la pretendono. Ma nessuno sembra disposto a ricordare che la chiarezza, quando arriva troppo tardi, non è virtù: è autodifesa.

E così si chiude il cerchio: prima il silenzio, poi lo stupore, infine l’indignazione. È il ciclo naturale delle cose pubbliche. I conti non tornano. Tornano le parole. Quelle sì, sempre puntuali.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori