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Ancora tubi che cedono e Chivasso resta senz’acqua: l’emergenza non è il guasto, ma l’acquedotto che cade a pezzi

Via Marconi resta a secco e riapre una ferita strutturale che nessuno affronta davvero

Ancora tubi che cedono

Ancora tubi che cedono e Chivasso resta senz’acqua: l’emergenza non è il guasto, ma l’acquedotto che cade a pezzi

Non è la prima volta. E non sarà probabilmente l’ultima. Il guasto alla rete idrica registrato questa mattina in via Marconi, con conseguente sospensione dell’erogazione dell’acqua nella zona e disagi anche per la scuola, riporta alla luce una realtà che i cittadini conoscono fin troppo bene: le condotte cedono con una frequenza che non può più essere archiviata come semplice fatalità.

Anche in questo caso la procedura è stata immediata. SMAT è stata allertata, i tecnici sono intervenuti per le verifiche e per avviare la riparazione, mentre dal Comune è arrivata la comunicazione ufficiale: acqua interrotta fino al completamento dei lavori, tempi di ripristino ancora incerti, aggiornamenti garantiti alla popolazione. Una sequenza ormai familiare, che si ripete quasi identica a ogni nuova rottura.

Ma il punto è proprio questo: succede sempre. E ogni volta la domanda riaffiora, tra marciapiedi bagnati e rubinetti a secco: perché i tubi dell’acqua continuano a rompersi?

Chi vive in città lo sa. Basta pronunciare le parole “rete idrica” per evocare una lunga scia di episodi simili, ciascuno raccontato come emergenza, nessuno affrontato come problema strutturale. Negli ultimi anni la cronaca locale è stata un susseguirsi di perdite, voragini, strade trasformate in fiumi improvvisati, traffico in tilt e interi quartieri senz’acqua.

La memoria torna inevitabilmente a episodi già vissuti. Nel 2022, in piazza Carlo Noè, l’acqua esplose in due punti nel giro di poche ore. Un primo intervento, poi un secondo guasto “un metro più in là”. In quell’occasione emerse un dato inquietante: parte delle tubature erano ancora in eternit, materiale bandito da decenni ma ancora presente sotto l’asfalto. Da allora, nessuna risposta pubblica chiara su quante di quelle condotte siano ancora operative.

Sempre nel 2022, in Consiglio comunale, si provò a portare il tema fuori dall’emergenza. Una mozione chiedeva di convocare SMAT per fare finalmente chiarezza sulle continue rotture e su un possibile piano di ammodernamento. Non si chiedevano miracoli, ma trasparenza e programmazione. La proposta venne bocciata per un vizio di forma. La sostanza, però, è rimasta tutta lì, sotto terra, ed è tornata puntualmente a galla con ogni nuova perdita.

Da allora, l’elenco degli episodi si è allungato. Luglio 2023, doppia rottura tra viale Cavour e via Paolo Regis, con allagamenti estesi. Marzo 2024, una voragine in via Orti, davanti all’ex cinema Politeama. Maggio 2025, il cedimento in via Corti. E oggi di nuovo un guasto, un’altra strada, stessi disagi.

Ogni volta lo schema è identico: rottura improvvisa, intervento d’urgenza, comunicato rassicurante, promesse di verifiche. Poi il silenzio, fino alla prossima emergenza. Una catena di eventi che ha trasformato l’eccezione in normalità e l’urgenza in routine amministrativa.

Anche oggi, mentre i tecnici lavorano in via Marconi, il Comune assicura un contatto costante con SMAT e la volontà di informare tempestivamente i cittadini. Ma resta il dato di fondo: una rete idrica invecchiata, sottoposta a stress continui, mai davvero rinnovata in modo organico. Toppe, rattoppi, riasfaltature. Mai una sostituzione integrale, mai un piano pubblico spiegato ai cittadini con numeri, tempi e risorse.

Il problema non è solo tecnico. È politico e strutturale. Ogni rottura comporta uno spreco enorme di acqua potabile, un costo economico ed energetico, un danno per la viabilità e per le attività commerciali, un disagio diretto per famiglie e servizi essenziali come le scuole. Eppure continua a essere trattato come un imprevisto, non come una crisi annunciata.

Il clima, sempre più secco e caratterizzato da forti variazioni termiche, non aiuta. Le tubazioni vecchie cedono più facilmente, le pressioni aumentano, le perdite si moltiplicano. Ma questo rende ancora più evidente l’assenza di una programmazione seria. Non si può parlare di resilienza delle infrastrutture se ogni inverno e ogni estate si riapre la stessa ferita.

Così, mentre oggi via Marconi resta senz’acqua e si attende di sapere quando il servizio verrà ripristinato, la sensazione diffusa è quella di un eterno presente idrico. Cambiano le strade, cambiano le date, ma il copione resta invariato. L’acqua si ferma, l’intervento arriva, la normalità viene annunciata. Fino alla prossima rottura.

La rete idrica, più di altri servizi, è una cartina di tornasole della capacità amministrativa di prevenire invece di inseguire. E ogni tubo che si rompe racconta una storia di rinvii, di priorità mancate, di investimenti che non si vedono perché scorrono sotto terra.

La domanda, dunque, resta aperta e sempre più urgente: non quando tornerà l’acqua in via Marconi, ma quanto ancora potrà reggere un sistema che da anni dà segnali di cedimento. Perché i guasti passano, ma la sfiducia resta. E, insieme all’acqua, continua a disperdersi anche quella.

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