AGGIORNAMENTI
Cerca
Esteri
15 Dicembre 2025 - 07:45
Gaza, la tregua che non esiste: camion fermi, ostaggi a metà e morti anche durante il cessate il fuoco (Foto Instagram)
La scena è concreta e ripetitiva: una fila di camion umanitari fermi sotto il vento, i teloni che sbattono, l’odore di gasolio che resta sospeso e i telefoni dei coordinatori che squillano senza sosta. Ogni mezzo dovrebbe rappresentare la tregua entrata in vigore il 10 ottobre 2025, ma ogni ora di immobilità racconta l’opposto. Mentre Donald Trumprivendica pubblicamente “l’alba storica di un nuovo Medio Oriente”, nella Striscia di Gaza il cessate il fuoco regge solo a tratti, sospeso tra scambi di ostaggi, restituzioni di salme e colpi che, di fatto, non si sono mai interrotti del tutto. Nelle ultime ore l’uccisione mirata del comandante di Hamas Raed Saad ha riportato nei messaggi dei mediatori una parola che nessuno voleva leggere: rottura.
Il 13 ottobre 2025 la Casa Bianca ha formalizzato la cosiddetta Trump Declaration for Enduring Peace and Prosperity, presentando la tregua come una svolta epocale e ringraziando i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia. La narrazione ufficiale parlava di un accordo storico, capace di aprire una fase di pace solida e duratura. Sul terreno, però, il quadro è rimasto sfuggente: violazioni ripetute, obiettivi mai definiti con precisione – dal disarmo di Hamas a un ritiro israeliano su una linea “concordata” – e un sistema di monitoraggio che non è mai stato realmente costruito. Già nelle settimane successive, esperti delle Nazioni Unite (ONU) hanno denunciato centinaia di violazioni del cessate il fuoco e un bilancio di vittime in aumento, segnale che gli scontri non erano cessati. Le agenzie umanitarie, intanto, segnalavano difficoltà persistenti su accessi, carburante, forniture mediche e cibo. Il linguaggio della diplomazia, fatto di fasi e meccanismi, si è scontrato con una realtà segnata dalla devastazione.
Sul piano degli scambi, la tregua ha prodotto risultati concreti soprattutto sul dossier ostaggi. Dall’avvio del cessate il fuoco, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR, International Committee of the Red Cross – ICRC)ha facilitato operazioni complesse, tra cui la riconsegna di 20 ostaggi e la liberazione di 1.808 detenuti palestinesi il 13 ottobre 2025, oltre alla restituzione, il 27 febbraio 2025, delle salme di quattro ostaggi morti in cattività. In più fasi, l’ICRC ha documentato rientri scaglionati, richiamando costantemente la necessità che questi passaggi avvenissero in modo dignitoso e riservato. È uno dei pochi ambiti in cui le promesse sono state rispettate. Non tutto, però, è stato risolto: a dicembre 2025, secondo Reuters, restava irrisolto il caso dell’ultimo ostaggio ancora da riportare a casa, diventato il simbolo di un processo incompiuto che continua a pesare sul dibattito pubblico israeliano e sulle trattative successive.
La fragilità della tregua richiama quanto già visto nelle sospensioni delle ostilità del novembre 2023, quando una pausa iniziale di quattro giorni, poi estesa a sette, consentì scambi limitati prima di dissolversi rapidamente con la ripresa delle operazioni militari. Anche oggi il cessate il fuoco appare condizionato e reversibile, privo di un meccanismo di verifica condiviso. Ogni estensione dipende da adempimenti puntuali, e qualsiasi incidente rischia di rimettere tutto in discussione. L’eliminazione di Raed Saad, presentata da Israele come risposta a violazioni della tregua, ha riportato pressione proprio sui punti più deboli dell’intesa.
Sul terreno, il cessate il fuoco si è tradotto in un ritiro solo parziale delle forze israeliane. Diverse fonti indicano che Israele controlla ancora una parte significativa dell’enclave, delimitando una cosiddetta linea gialla, una barriera di fatto, e mantenendo truppe e posti di blocco in aree cruciali per la mobilità interna e per gli accessi. Il risultato è una frammentazione dello spazio che rende la vita quotidiana dei civili un percorso a ostacoli e complica la logistica degli aiuti. Il nodo del corridoio di Filadelfia, lungo il confine con l’Egitto, mostra quanto la geografia sia politica: Hamasconsidera la presenza israeliana in quell’area una violazione della tregua, mentre Israele insiste sulla necessità di impedire il traffico di armi. È uno stallo che rischia di far saltare l’intero impianto se non verrà incanalato in un meccanismo internazionale credibile.
Sul fronte degli aiuti, l’accordo prevedeva l’ingresso di 600 camion al giorno. In pratica, tra il 12 ottobre e il 7 dicembre, la media rilevata dai dati di COGAT (Coordinator of Government Activities in the Territories), analizzati dall’Associated Press, si è fermata a circa 459. Un divario confermato anche dal Washington Post, dovuto a ispezioni, misure di sicurezza e problemi legati a carburante, autisti e assicurazioni. I rapporti OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) descrivono un sistema di aiuti che, pur aumentando di intensità, non riesce a stabilizzare una popolazione allo stremo. Al 1° dicembre, l’ONU segnalava 224 punti sanitari funzionanti, 125.000 nuclei familiari raggiunti con assistenza in denaro nei primi 60 giorni e segnali di ripresa presso Al-Shifa, ma con forti disparità tra nord e sud e frequenti interruzioni per motivi di sicurezza.
Visualizza questo post su Instagram
Le note di UNICEF (United Nations Children’s Fund) aiutano a misurare quanto la tregua resti parziale. Nell’ottobre 2025 quasi 9.300 bambini sotto i cinque anni sono stati identificati con malnutrizione acuta, un dato in calo rispetto ai mesi precedenti ma ancora quasi cinque volte superiore a quello registrato durante una tregua di febbraio 2025. A fine novembre, UNICEF ha avvertito che l’arrivo dell’inverno avrebbe aumentato i rischi di ipotermia, infezioni e mortalità infantile senza un incremento significativo di aiuti e servizi essenziali. Le stime più recenti parlano ancora di un numero definito scioccante di minori malnutriti, segno che l’aumento degli ingressi non ha colmato le falle strutturali del sistema.
Anche sul piano delle vittime, i numeri restano oggetto di contestazione ma delineano un quadro chiaro. Le Monde ha scritto che dall’entrata in vigore della tregua del 10 ottobre i palestinesi uccisi sarebbero quasi 400. Esperti ONUparlavano a fine novembre di almeno 393 presunte violazioni israeliane con 339 palestinesi uccisi, mentre fonti sanitarie locali e Associated Press e Reuters indicano cifre più elevate in alcuni periodi. Le differenze nei conteggi impongono cautela, ma confermano la fragilità del cessate il fuoco.
Tra il 13 e il 14 dicembre 2025, Israele ha annunciato di aver ucciso a Gaza City Raed Saad, figura chiave dell’ala militare di Hamas, accusata di violazioni della tregua e di ricostruzione delle capacità belliche. Hamas ha parlato di sabotaggio deliberato dell’accordo. Reuters, Associated Press e il Wall Street Journal concordano nel definire Saadil bersaglio di più alto profilo colpito dall’inizio della tregua. L’episodio rappresenta un banco di prova per i mediatori: senza un quadro condiviso di de-escalation e una verifica indipendente, il ritorno a un conflitto aperto resta un rischio concreto.
La tregua di ottobre nasce dalla mediazione di Qatar, Egitto e Turchia, con la regia degli Stati Uniti d’America, ma ogni fase ha mostrato i limiti di una diplomazia senza una missione di monitoraggio sul terreno. I colloqui annunciati a Doha e le discussioni su una possibile forza di stabilizzazione a guida ONU appaiono centrali, perché senza un soggetto capace di verificare e imporre conseguenze, il cessate il fuoco resta affidato alla volontà delle parti.
Il confronto con le sospensioni del periodo 2023-2025 mostra un tratto comune: l’assenza di un sistema di supervisione credibile e di costi immediati per chi viola gli impegni. Anche la tregua più ampia, quella tra ottobre e dicembre 2025, ha prodotto risultati visibili sugli ostaggi e alcuni indicatori umanitari, ma è rimasta lontana dagli obiettivi dichiarati ed esposta a shock militari e politici.
Mentre il cessate il fuoco fatica a reggere, prende forma il dibattito sulla ricostruzione, con stime fino a 70 miliardi di dollari e proposte di affidamento a grandi appaltatori, comprensive di pedaggi sui camion umanitari e commerciali. Un’ipotesi che allarma molte ONG (Organizzazioni Non Governative), preoccupate che la logica del profitto possa distorcere le priorità. La sovrapposizione tra iniziative politiche e architettura ONU rischia di alimentare rivalità e ritardi.
La tregua iniziata il 10 ottobre ha prodotto risultati reali sugli ostaggi e ha attenuato, senza risolverla, la crisi umanitaria. Ha però fallito nel trasformarsi in un cessate il fuoco credibile e verificabile. L’uccisione di Raed Saad lo dimostra: basta poco per scivolare di nuovo verso il conflitto. Finché la politica continuerà a parlare di accordi storici e la realtà continuerà a misurarsi in camion bloccati, bambini denutriti e mappe ridisegnate da barriere improvvisate, Gaza resterà intrappolata in una tregua che non riesce a diventare pace.
Fonti: Casa Bianca, Nazioni Unite (ONU), OCHA, UNICEF, Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), Reuters, Associated Press, Washington Post, Wall Street Journal, Le Monde, COGAT.
Edicola digitale
I più letti
Ultimi Video
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.