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13 Dicembre 2025 - 15:58
Il Belvedere di Casimiro all'alba
Il Belvedere di Casimiro e l’antica chiesa di San Secondo tornano a illuminarsi per il Natale. Non è un’inaugurazione ufficiale né un evento in calendario: è un gesto silenzioso, costruito pezzo dopo pezzo dai volontari, che anche quest’anno hanno scelto di prendersi cura di uno dei luoghi più riconoscibili di Cavagnolo, trasformandolo in uno spazio di luce, presepi e segni essenziali.
Chi sale fin quassù, soprattutto nelle ore serali, se ne accorge subito. Le luci calde disegnano il perimetro del belvedere, accompagnano lo sguardo verso la valle e incorniciano gli allestimenti senza sovrastarli. I presepi, semplici e curati, dialogano con il paesaggio e con il silenzio, più che con l’effetto scenografico. Nulla è gridato, nulla è casuale. Tutto sembra pensato per stare lì, in equilibrio tra la storia del luogo e il tempo che stiamo attraversando.
Il contesto fa la sua parte. San Secondo, con i suoi mattoni consumati e la sua posizione dominante, è uno sfondo identitario. Accanto, il Belvedere intitolato a Casimiro Barello, figura di fede e di cammino, aggiunge un livello ulteriore di significato. Qui il Natale non è solo decorazione, ma occasione per fermarsi, guardare, respirare. E magari domandarsi cosa resti, oggi, di quella promessa di semplicità che il Natale porta con sé.
Il lavoro dei volontari non cerca visibilità. Non ci sono loghi, firme, protagonismi. C’è però una scelta chiara: difendere la bellezza senza spettacolarizzarla, custodire un luogo pubblico come fosse una casa comune.
In un tempo che corre veloce e consuma tutto, anche le feste, questo allestimento va in direzione opposta. Chiede lentezza. Chiede presenza. Chiede discrezione.
Il Belvedere di Casimiro, vestito a festa, diventa così più di un punto panoramico. Diventa uno spazio di sosta, di riflessione, di comunità. Un invito discreto ma netto: il Natale non è solo ciò che si accende, ma ciò che resta quando le luci si abbassano. Qui, tra una chiesa antica e una collina che guarda lontano, qualcuno ha deciso di ricordarcelo. Senza clamore. Con cura.
Casimiro Barello nasce a Cavagnolo nel 1857 e muore a Alcoy, in Spagna, nel 1884. Una vita breve, segnata dalla povertà e da una scelta radicale: abbandonare tutto per vivere di fede, pellegrinaggio e penitenza. Contadino di origine, perde presto la madre e da giovane intraprende un cammino che lo porterà a viaggiare a piedi in Italia e in Europa, affidandosi all’elemosina e alla preghiera. Non fonda ordini, non scrive manifesti, non cerca seguaci. Vive in modo essenziale, spesso estremo, fino alla morte lontano da casa. Nel 2000 Giovanni Paolo II lo dichiara Venerabile, riconoscendo la coerenza e la radicalità della sua testimonianza cristiana. A Cavagnolo il suo nome non è solo memoria religiosa: è parte della storia del paese, legata alla chiesa di San Secondo e a un’idea di fede concreta, fatta di gesti e di scelte, non di parole.
Il Belvedere di Casimiro si trova nella parte alta di Cavagnolo, accanto all’antica chiesa di San Secondo, in una posizione dominante che guarda la valle e le colline circostanti. È un punto facilmente riconoscibile e raggiungibile dal centro del paese, anche a piedi, attraverso via IV Novembre.
Da qui lo sguardo si apre sulla pianura, soprattutto nelle ore serali e all’alba, quando il paesaggio restituisce tutta la sua profondità. Non è solo un affaccio panoramico: è uno spazio curato, vissuto, attraversato. Un luogo che unisce paesaggio, memoria e comunità, e che proprio per questo è stato scelto negli anni come punto simbolico per iniziative, momenti di raccoglimento e, nel periodo natalizio, per gli allestimenti realizzati dai volontari.
Qui, più che altrove, Cavagnolo si mostra per quello che è: un paese che guarda lontano, senza dimenticare da dove viene.





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