AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
13 Dicembre 2025 - 10:27
Corgiat incontra i vertici della sanità. "Grazie ai cittadini, non certo alla sindaca Piastra, l'ospedale è salvo!"
Sulla crisi dell’Ospedale di Settimo interviene ancora Aldo Corgiat (ex sindaco di Settimo e vero protagonista della nascita e crescita di questo importante servizio sanitario).
Abbiamo saputo dei tuoi incontri con i vertici regionali e dell’ASL TO4 riguardo alla crisi dell’Ospedale Civico di Settimo. Ce lo confermi?
Sì, assolutamente. Questa settimana ho incontrato il direttore della Sanità regionale, Antonino Sottile, e i direttori generale e amministrativo dell’ASL TO4, Luigi Vercellino e Michele Colasanto.
Insomma un “tour” istituzionale…
Perché ritengo, con gli altri compagni e amici del Comitato “Salviamo l’Ospedale Civico”, che siamo ormai arrivati a un punto di svolta dopo cinque anni di dilazioni, opacità gestionali e deficit crescenti. La chiusura di una parte dell’inchiesta della Procura di Ivrea ha restituito un quadro sconcertante, confermando molte delle criticità da noi denunciate negli scorsi anni.
Effettivamente al nostro giornale era sempre stato detto che tutto procedeva bene. Oggi saltano fuori buchi milionari, mancanza di controlli e persino maltrattamenti degli ospiti.
Terrei separate la questione sanitaria da quella economica e amministrativa, seppure credo siano collegabili tra loro.
Cioè?
La gestione sanitaria è certamente la più inquietante. Le intercettazioni e le registrazioni video disposte dalla Procura di Ivrea hanno fatto emergere comportamenti gravissimi: maltrattamenti, somministrazioni di farmaci inadeguati, scarsa vigilanza clinica, i quali, oltre ai risvolti di responsabilità penale che dovranno essere accertati in Tribunale, sollevano il tema della mancanza dei controlli obbligatori per una struttura accreditata e della responsabilità di chi li ha omessi o non li ha effettuati con la dovuta diligenza e frequenza. A partire ovviamente dalla mancanza del personale previsto dalle norme nazionali e regionali e della loro qualificazione.
Vi è poi una questione “gestionale”, caratterizzata da affidamenti diretti senza gara; da gare poi risultate irregolari (ad esempio quelle assegnate consentendo ribassi sul costo del personale, vietati per legge); da consulenze spesso inutili prorogate per cinque anni senza confronto competitivo; da un’asta, poi andata guarda caso deserta, bandita al doppio del valore della perizia; da una società, SAAPA, che ha continuato a operare senza titolo dopo la fine della sperimentazione gestionale, producendo un buco di bilancio enorme. Per questa gestione a dir poco superficiale e incompetente dovrà essere accertata l’eventuale responsabilità amministrativa o l’esistenza di profili di reato quali la bancarotta, chiamando in causa gli amministratori e i liquidatori e verificando che non vi sia stata un’azione dilatoria o una immotivata inerzia tesa a superare le scadenze elettorali o a far perdurare una gestione che ha procurato vantaggi economici in presenza di un crescente e conclamato deficit di bilancio.
Infine c’è il subentro della Regione Piemonte nella proprietà dell’immobile con l’accollo del mutuo per 28 milioni di euro senza richiedere un solo euro di canone di locazione alla società che ha continuato a utilizzare gratuitamente l’immobile per svolgere un’attività di natura commerciale. Si aggiungono poi altri 15 milioni di fondi pubblici (in tutto 43 milioni) stanziati dalla Regione e destinati di fatto a ripianare il deficit accumulato da SAAPA e a nascondere i buchi generati dalla gestione degli ultimi cinque anni e le responsabilità di chi li ha generati.
Insomma siamo al “capolinea”…
Sì. A nostro avviso non è procrastinabile una soluzione che separi nettamente i destini e le responsabilità di SAAPA da quelle dell’Ospedale Civico, che va salvato dal fallimento e portato pienamente e urgentemente sotto la responsabilità dell’ASL TO4.
Altrimenti?
Altrimenti, nel tentativo di salvare gli amministratori, si rischia di interrompere il servizio e far perdere il posto di lavoro a centinaia di persone. Inoltre, se si continua a tergiversare, non si salvaguarderanno nemmeno i fornitori che legittimamente si aspettano di vedere liquidati i loro crediti. Per noi SAAPA deve essere urgentemente chiusa e l’ASL TO4 deve assumere pienamente la titolarità della gestione e delle gare che dovranno garantire il futuro dell’ospedale. La Regione deve liquidare subito i crediti legittimi e fare azione di responsabilità amministrativa allo scopo di consentire al Tribunale la verifica sulle eventuali responsabilità degli amministratori e dei liquidatori nell’aver dilazionato per anni la liquidazione della società.
Nelle ultime settimane si è parlato di ipotesi di rami d’azienda e cessioni dell’autorizzazione.
Sono ipotesi confuse e prive di fondamento, oltre che potenzialmente illegali. Noi diciamo basta alle avventure e alle operazioni senza trasparenza. Su questo abbiamo avuto ampia rassicurazione da parte del direttore regionale.
Ci pare di capire che pensate a un periodo transitorio.
Abbiamo indicato priorità molto chiare: salvaguardare la continuità dei servizi dell’ospedale pubblico; passare immediatamente dalla gestione fallimentare di SAAPA a una gestione diretta dell’ASL TO4, l’unica in grado di esercitare controlli e garantire trasparenza; prendere atto della fine della sperimentazione gestionale e, con una riformulazione o integrazione della delibera regionale prevista dalla legge, riconoscere e saldare i debiti legittimi, escludendo quelli legati a procedure irregolari o illegittime; presentare, anche a seguito di un confronto pubblico, il rilancio dei servizi sanitari sul nostro territorio e il pieno utilizzo delle potenzialità dell’ospedale e della sua integrazione con i servizi territoriali.
Dunque chiedete un ritorno alla gestione pubblica?
Noi abbiamo sempre sostenuto la gestione pubblica. Nel 2002 non c’erano le condizioni: la Regione non garantiva la copertura economica e si rischiava la chiusura della struttura. La sperimentazione gestionale era sembrata l’unica strada per salvare l’ospedale. E infatti, fino al 2020, i risultati sono stati positivi. La fase critica nasce nel 2021, con una gestione che ha anteposto nomine, consulenze e logiche di potere alla qualità del servizio. Da lì in avanti tutto è peggiorato rapidamente.
Cosa ti hanno detto i vertici tecnici regionali e dell’ASL?
Ho avuto un’impressione positiva. Sia Sottile che Vercellino hanno convenuto sulla necessità di chiudere rapidamente l’esperienza di SAAPA e di liquidare i crediti legittimamente maturati dai fornitori. Ho avuto finalmente l’impressione di poter uscire dall’emergenza, dai sotterfugi, dall’avventurismo, dalle false partenze annunciate dalla sindaca e dai politici regionali e di poter riprendere un cammino, interrotto cinque anni fa, di confronto sui contenuti e per il rilancio di un servizio indispensabile per il nostro territorio. Per noi questo è fondamentale: solo chiudendo SAAPA possiamo tornare a parlare di progetto sanitario e non di fallimento amministrativo. La nostra priorità resta difendere il lavoro di oltre 150 dipendenti e garantire che non ci sia alcuna interruzione di servizio.
Tutto questo anche grazie ai cittadini.
Sì, e li voglio ringraziare. Le quasi 500 firme raccolte nelle scorse settimane — e le oltre 1.000 raccolte negli anni passati — hanno dato forza al Comitato e hanno permesso di ottenere questi incontri con i vertici tecnici della sanità piemontese e territoriale in tempi brevissimi. La partecipazione dei cittadini dimostra che la comunità di Settimo non vuole perdere il suo ospedale e pretende trasparenza, responsabilità e un progetto vero di rilancio.
C’è stata una stagione, a Settimo Torinese, in cui si pensava in grande e si costruiva davvero, mattone dopo mattone, ciò che si era immaginato. Era il 1997, un’altra epoca politica e amministrativa, quando l’idea che la città meritasse un presidio sanitario vero non sembrava un’utopia ma un obiettivo concreto. Da qualche parte bisognava pur partire, e così nasce quello che allora viene definito un patto tra gentiluomini, siglato con l’allora assessore regionale di Alleanza Nazionale, Antonio D’Ambrosio.
Per dare corpo al progetto viene coinvolta la società francese Sias, incaricata di realizzare l’immobile su un terreno dell’Asl e, in parte, del Comune di Settimo. I lavori finiscono. L’edificio c’è. Ma la storia, quella vera, comincia proprio lì.
Per anni la struttura resta vuota, abbandonata, sospesa in un limbo burocratico e politico. Un guscio nuovo senza funzione. L’unico vero “abitante” è Michel Veillet, francese trapiantato a Settimo, che ogni giorno chiama le redazioni dei giornali per denunciare di essere stato, a suo dire, “ciulato”. Lo dice con accento d’oltralpe, ma con un italiano affilatissimo. Insiste, non molla, finché un giorno chiama anche il Gabibbo. Settimo finisce così a Striscia la Notizia. Memorabile la sua intervista, quella in cui definisce l’Italia una “repubblica bananiera”. Una frase che resta.
Veillet ne dice tante, e con tale ostinazione, che alla fine la politica – a tutti i livelli – arrossisce. E decide di fare ciò che aveva promesso. La prima stagione della telenovela si chiude il 25 giugno 2008, con la cessione delle azioni di Sias Italia Spa a una nuova compagine societaria: Asl To2 e Asl To4 al 52%, Asm Spa al 31,5% e Cooperativa Frassati al 16,5%.
Alla conferenza stampa di presentazione siedono Marina Fresco e Giulio Fornero per le Asl, Silverio Benedetto per Asm, Giuseppe Palena, allora assessore alla Sanità di Settimo, e Amelia Argenta per la Frassati. La Regione Piemonte, con la legge regionale 12 del 2008, autorizza una sperimentazione gestionale rinnovabile ogni cinque anni: alle Asl la parte sanitaria, ad Asm la gestione energetica, alla Frassati l’assistenza. Il progetto parte con 170 posti letto: 90 per le dimissioni protette, 20 per la lungodegenza, 60 per la riabilitazione.
È un successo. Un riscatto politico e civico che porta la firma di Aldo Corgiat e Mercedes Bresso, allora presidente della Regione. Nello stesso anno nasce Saapa S.p.A. – Società Assistenza Acuzie e Post Acuzie, a controllo pubblico, che subentra formalmente alla Sias. Contestualmente la Regione sottoscrive con Monte dei Paschi di Siena un mutuo da circa 30 milioni di euro, con scadenza fissata al 31 dicembre 2041.
In origine l’ospedale entra nella rete pubblica come struttura di post-acuzie. Ma nel 2015 arriva il passaggio che segna una cesura netta: la struttura viene declassata a privata accreditata. È una svolta. Ed è anche, col senno di poi, l’inizio del declino.
Negli anni successivi Saapa accumula perdite per circa 7 milioni di euro, ma riesce comunque a rimettersi in equilibrio, raggiungendo prima il pareggio e poi un utile di circa 200 mila euro annui. L’obiettivo della sperimentazione è chiaro: restituire il debito e coprire gli interessi, pari a 1,5 milioni di euro l’anno. Dal 2017 al 2019 la gestione funziona. I conti tornano. Il surplus supera 1,8 milioni di euro annui. Anche grazie al lavoro di Aldo Corgiat, che, smessi i panni di sindaco, accetta l’incarico di direttore amministrativo part-time, passando al part-time anche all’Istituto Zooprofilattico di Torino.
Poi arriva il 2020. L’anno del caos. La sindaca di Settimo Torinese Elena Piastra tenta il colpaccio: portare alla guida di Saapa Alessandro Scopel. Non ci riesce. Arriva Alessandro Rossi, che si muove subito per rimuovere Corgiat – e ci riesce. Si lavora anche per allontanare la Cooperativa Frassati, che in quanto socia guarda agli anziani con un approccio evidentemente non allineato alla nuova impostazione. Entrano in scena Cm Service e, poco dopo, la pandemia.
Due piani su tre dell’ospedale vengono convertiti in reparti Covid per pazienti non gravi. Una scelta necessaria, imposta dall’emergenza, ma costosissima. Le perdite superano i 3,5 milioni di euro, solo in parte riconosciute dalla Regione. Da lì in poi, la discesa è rapida.
Invece di tentare un piano di risanamento – possibilità prevista dai decreti Covid del Governo, che consentivano di spalmare le perdite su cinque esercizi – si imbocca la strada più semplice: vendere tutto.
Nel marzo 2023 la struttura viene messa all’asta per 50 milioni di euro. Nessuno si presenta. Così, nell’aprile 2024, la Regione annuncia trionfalmente l’acquisto dell’ospedale. Sembra la parola fine di un tormentone lungo quasi trent’anni. Sembra.

Elena Piastra
Perchè chiamarlo ospedale se ospedale non è mai stato? E' una domanda che i cittadini di Settimo si sono fatti, cento, mille volte. La verità è molto semplice. Perché ospedale non era solo una parola: era l’obiettivo di un'intera classe politica. Di Aldo Corgiat, di Giuseppe Palena, soprattutto di Silverio Benedetto.
Era l’orizzonte politico e sanitario verso cui tendere, il punto di arrivo di un percorso pensato per crescere, anno dopo anno, servizio dopo servizio. Nessuno ha mai raccontato che quella struttura nascesse già “ospedale” nel senso pieno del termine. Ma l’idea era chiara: partire dalla post-acuzie, dalla riabilitazione, dalla lungodegenza, e costruire progressivamente un vero presidio ospedaliero per Settimo e per il territorio.
Quel progetto aveva una logica. Un disegno. E soprattutto una direzione di marcia: più servizi, più integrazione nella rete pubblica, più sanità sotto controllo pubblico. Un percorso graduale, certo, ma coerente. È per questo che lo si è chiamato ospedale: non per mistificare, ma per indicare dove si voleva arrivare.
Poi però quella traiettoria si è spezzata.
Negli anni dell’amministrazione guidata da Elena Piastra non si è lavorato per aggiungere funzioni, reparti, servizi. Al contrario, si è perso terreno. La struttura è stata declassata, impoverita, svuotata di prospettiva. Da progetto in crescita è diventata una realtà da gestire in difesa, quando non da dismettere. L’idea di farla evolvere dentro il sistema sanitario pubblico è evaporata, sostituita da scelte che hanno allontanato l’obiettivo originario invece di avvicinarlo.
E così oggi chiamarla “ospedale” suona quasi stonato. Non perché quell’idea ricordasse una bugia, ma perché si è smesso di lavorare per renderla vera. L’ospedale non è arrivato non per limiti strutturali inevitabili, ma per una precisa assenza di visione politica. Non si è costruito sopra ciò che c’era. Non si è investito. Non si è preteso di crescere.
Insomma, ospedale si diceva perché quello era il traguardo.
Negli ultimi anni, però, si è smesso di correre. E quando smetti di avanzare, anche le parole finiscono per perdere senso.
Edicola digitale
I più letti
Ultimi Video
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.