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12 Dicembre 2025 - 22:10
Erasmus nel cuore della Turchia: il D’Oria di Ciriè allarga i confini
Il mondo si allarga, si fa più complesso e più vicino allo stesso tempo, per i ragazzi del liceo D’Oria. Cinque studenti di seconda e terza superiore sono appena rientrati da una settimana intensa e tutt’altro che ordinaria di mobilità Erasmus+ a Konya, nel cuore dell’Anatolia, una delle città simbolo della Turchia contemporanea. Un viaggio che non è stato solo geografico, ma soprattutto culturale, umano, educativo.
Il percorso inizia con uno scalo che diventa già esperienza: Istanbul, megalopoli magnetica e stratificata, ponte vivente tra Europa e Asia, dove il passato imperiale convive con la modernità e le contraddizioni del presente. Da lì il gruppo raggiunge Konya, accolto dagli studenti del liceo scientifico di Karatay, che a loro volta saranno ospiti a Ciriè nella prima settimana di maggio, completando così uno scambio che non si esaurisce in una visita, ma costruisce relazioni destinate a durare.



«L’obiettivo del progetto – spiega la professoressa Rossana Monzeglio, responsabile Erasmus+ di istituto – è far vivere agli studenti un’esperienza realmente immersiva, capace di toccare tutti gli aspetti della cultura del Paese ospitante: dal cibo alle tradizioni, dal sistema educativo alla visione del mondo. Per questo, durante le nostre short mobilities, i ragazzi vengono accolti nelle famiglie dei loro twin partners, condividono la quotidianità, frequentano le lezioni e il tempo libero insieme, comunicando sempre in lingua inglese». Un’immersione totale che va ben oltre la didattica tradizionale e che mette alla prova competenze linguistiche, capacità di adattamento e apertura mentale.
Le giornate a Konya si alternano tra scuola e attività extracurricolari pensate per favorire l’incontro e la conoscenza reciproca. Giochi linguistici, attività di scoperta interculturale, una partita di pallavolo che annulla confini e differenze, fino a una simulazione di volo con droni progettati dagli stessi studenti turchi. Non solo tecnologia, ma anche creatività: i ragazzi del Karatay omaggiano i coetanei italiani con un accessorio ideato e realizzato grazie a una stampante 3D, simbolo concreto di un sapere che si traduce in oggetti, idee, condivisione.
Non manca il tempo per conoscere il territorio. Studenti e docenti cenano insieme allo stadio cittadino, visitano la straordinaria regione della Cappadocia, con i suoi paesaggi lunari, e il centro culturale dedicato a Mevlana Rumi, grande pensatore e poeta islamico, che da oltre sette secoli rende Konya una meta di pellegrinaggio internazionale. Una città storicamente legata alla spiritualità dei dervisci rotanti, ma anche profondamente radicata nel presente.
«Konya è spesso definita la “città dei cuori” – racconta la professoressa Giuliana Lonardi, accompagnatrice del gruppo –. Una definizione che non riguarda solo la sua spiritualità aperta e inclusiva, ma la grande umanità dei suoi abitanti. Qui l’istruzione è pensata in modo coerente con l’educazione ai valori. È un aspetto fondamentale, comune a molti Paesi che tendiamo superficialmente a considerare chiusi o arretrati, e che invece sono eredi di una grande tradizione cosmopolita, quella delle antiche civiltà mediterranee, che come occidentali dovremmo forse imparare a rileggere con maggiore rispetto».
La partecipazione alla mobilità non è stata riservata a pochi. La selezione degli studenti avviene attraverso un bando interno fondato su criteri di democraticità e trasparenza, che tengono conto sia del profitto scolastico sia delle condizioni socio-economiche delle famiglie. Un approccio inclusivo che ha raccolto molte candidature, a dimostrazione di quanto queste opportunità siano sentite e desiderate.
Il progetto Erasmus+ del D’Oria guarda lontano. Altri studenti hanno già ospitato a novembre una scuola di Istanbul e, ad aprile, sei ragazzi partiranno per la seconda parte dello scambio, proseguendo un percorso che sta diventando strutturale.
«Per due mobilità su tre, quest’anno, abbiamo scelto la Turchia – sottolinea il dirigente scolastico Mauro Masera –. È una scommessa su un altrove che riteniamo più profondo, capace di restituire molto non solo ai partecipanti diretti, ma all’intera comunità scolastica. Ringrazio la commissione Erasmus per l’enorme lavoro di ricerca e comunicazione svolto e le famiglie per la fiducia che continuano ad accordarci».
Un’esperienza che lascia segni, apre sguardi e mette in discussione stereotipi. E che dimostra come la scuola, quando osa, può davvero insegnare a stare nel mondo.
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