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Elkann vende tutto: anche la Stampa. Così finisce la promessa delle “cose che non avrebbe mai ceduto”

La cessione del gruppo Gedi accelera, la Sentinella va ai Ladisa, la Stampa cerca un acquirente e le redazioni scioperano. L’era Agnelli nell’editoria si chiude nel silenzio e nell’amarezza di chi non credeva che Elkann potesse davvero andarsene

John Elkann

John Elkann

Per anni, nelle redazioni e nei corridoi del potere, è circolata una frase attribuita a John Elkann: le uniche cose che non avrebbe mai venduto sarebbero state La Stampa e la Ferrari. Oggi quella frase suona come una di quelle battute che il tempo restituisce con ironia crudele, perché proprio la Stampa – il giornale che più di ogni altro ha incarnato la storia della famiglia Agnelli – è finita sul mercato insieme all’intero gruppo Gedi, in un’operazione che nemmeno i più disillusi avrebbero immaginato solo due anni fa. Si diceva che Elkann avrebbe difeso quel quotidiano come una reliquia di famiglia. Invece no: se ne va. Via tutto. Un addio che somiglia a un disimpegno freddo, quasi chirurgico, di chi ormai ha deciso che l’editoria non è più terreno di “missione civile”, ma solo un asset da tagliare.

Il passaggio di consegne è stato comunicato alle redazioni soltanto mercoledì, dopo mesi di indiscrezioni e smentite. Soltanto quando la trattativa era già in fase avanzata, e dopo che un comunicato aziendale – nato per smentire le voci su un’offerta di Leonardo Maria Del Vecchio – aveva finito per confermare indirettamente le trattative con i greci del gruppo Antenna. Per i giornalisti della Stampa, l’incontro con i rappresentanti aziendali è stato “sconcertante, sconfortante e umiliante”. Una descrizione che fotografa perfettamente il clima: mesi di silenzi, richieste di chiarimenti cadute nel vuoto, comunicazioni contraddittorie, fino al colpo finale. E prima ancora di parlare di prospettive, di progetti, di salvaguardia editoriale, è arrivata la realtà: Gedi è in vendita, tutto intero, e la Stampa pure.

Nel frattempo, però, c’è chi verrà venduto ancora più in fretta. Italia Oggi anticipa che la prima testata destinata a lasciare il gruppo sarà La Sentinella del Canavese di Ivrea unico quotidiano locale rimasto in Gedi, ceduta alla famiglia Ladisa, imprenditori pugliesi attivi nella ristorazione collettiva. Una mossa rapida, quasi silenziosa, che lascia una redazione – quella di Ivrea – senza nemmeno una comunicazione ufficiale da parte dell’azienda. Anche questo dice molto su come il gruppo sta gestendo la più grande dismissione editoriale dagli anni Novanta.

Vito Ladisa

Vito Ladisa

Se per la Sentinella la strada sembra già tracciata, il dossier Stampa rimane il più spinoso. Il gruppo Antenna non è interessato ad acquistarlo: troppo costoso da gestire, troppo complesso da isolare dai servizi condivisi di Gedi, troppo legato a un sistema redazionale e tecnico che verrebbe amputato dal giorno alla notte. Così Exor cerca un altro acquirente, e la trattativa più avanzata sembra quella con Nem, la società guidata da Enrico Marchi, già acquirente di diversi quotidiani del Nord Est. Attorno a Nem si muovono imprenditori piemontesi – tra cui il nome ricorrente di Matterino Dogliani – ma nulla è definito. Nemmeno il prezzo. Nemmeno le condizioni. Nemmeno il tempo che resta.

E qui ritorna la frase su Elkann e le sue “cose non vendibili”. Non solo la Stampa è in vendita, ma la vendita è così urgente da condizionare tutto il resto. La trattativa con Antenna è stata prorogata fino a fine gennaio: se entro quella data non si troverà un acquirente per la Stampa, allora saranno proprio i greci a rilevarla insieme a Repubblica, a HuffPost, a Deejay, Capital, m2o, e a tutti i verticali digitali. A quel punto il giornale torinese finirà in un paniere globale che nulla ha a che fare con la sua storia. E non è affatto detto che Antenna vorrà tenerlo.

La reazione delle redazioni è stata immediata. La Stampa non è uscita in edicola, né il sito è stato aggiornato. I giornalisti sono in assemblea permanente e hanno approvato un pacchetto di cinque giorni di sciopero. Ancora più dura la protesta di Repubblica, che sciopererà venerdì 12 dicembre e non sarà in edicola sabato. Una stagione di lotta, l’hanno definita. Una risposta alla sensazione di essere stati tenuti all’oscuro, e di essere coinvolti solo ora che il destino è già scritto.

Il governo ha deciso di intervenire, almeno formalmente. Il sottosegretario Alberto Barachini ha convocato i dirigenti Gedi e i rappresentanti delle redazioni. Ma il ruolo politico rischia di fermarsi alla diplomazia: la decisione è nelle mani di Exor, che finora ha impartito una linea chiara, quasi glaciale. La stessa che ha segnato gli ultimi anni: riduzione dei costi, accorpamenti, tagli al personale, scarsa visione industriale, timori sulle coperture riguardanti Stellantis, conflitti di interesse raramente dichiarati. Tutto mentre i giornalisti chiedevano investimenti, innovazione, prospettive.

Oggi Exor abbandona l’editoria esattamente come molti temevano da tempo. Non dopo un rilancio, non dopo un piano industriale, non dopo aver rafforzato le testate, ma dopo averle accompagnate in una lunga fase di indebolimento. Perché la verità, dietro la retorica della “modernizzazione”, è che la Stampa, Repubblica e l’intero gruppo Gedi erano ormai considerati non più un patrimonio, ma un peso. Un lascito ingombrante che Elkann non aveva più intenzione di portare con sé.

E così, alla fine, la frase diventa simbolo del contrario di ciò che prometteva. La Stampa non è più intoccabile. La Stampa è in vendita. E la famiglia che l’ha posseduta per oltre un secolo oggi voltando le spalle a quel marchio ammette implicitamente che non crede più nel suo valore culturale, civile, politico.

Se ne va proprio via. E questa volta non c’è nemmeno bisogno di una smentita. Perché la vendita, stavolta, parla da sola.

Ironia sabauda (chiedo scusa ai colleghi)

Adesso è ufficiale: John Elkann vende La Stampa. Era la cosa che non avrebbe mai venduto, insieme alla Ferrari. E infatti la Ferrari non la vende. Perché se uno deve smentire se stesso, meglio cominciare dal giornale. Con la macchina è più complicato: bisogna andare fino ai box.

La giustificazione ufficiale non c’è, e quella ufficiosa non serve. Forse Elkann ha semplicemente applicato la regola secondo cui si deve buttare tutto ciò che non si usa più. La cosa sorprendente, semmai, è scoprire che non usasse più il suo quotidiano per dire che Stellantis investe sull'Italia, che la 500 parlerà solo più italiano, che gli Elkann amano il belpaese eccetera eccetera...  Eppure da qualche parte, queste cose le avevamo lette... Vabbè!

Tant'è! Comunque da oggi è tutto chiaro. Vuole venderla ai greci, ma i greci non la vogliono. I veneti la vorrebbero. I piemontesi ci stanno pensando. E di fronte a queste notizie "chiarissime" è curioso che si sia aperto un fronte compatto di amici "senza portafoglio" de La Stampa che vogliono salvare La Stampa. Che dire... quando la Stampa era di tutti, nessuno la voleva perchè parlava bene degli Elkann. Ora che è quasi dei greci, la vogliono tutti. 

Comunque, la prima a fare le valigie del Gruppo Gedi sarà La Sentinella del Canavese, che finirà probabilmente alla famiglia Ladisa di Bari leader nella ristorazione. Fine dello spirito olivettiano, largo alla pastasciutta. In salvo (o in frigorifero) uno dei concetti basici di Adriano Olivetti sull’editoria che nutre lo spirito.

Morale? Nessuna. Solo un fatto: mai fidarsi di chi giura che una cosa “non si tocca”...

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