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Sottopasso di via Torino, la grande promessa scomparsa: anni di annunci, zero cantieri e una città ancora divisa dalle sbarre

Dal 2018 a oggi nessuna risposta su fondi, progettazione e tempi. Maino accusa: «Trasparenza zero, una città lasciata senza informazioni»

Matteo Maino

Matteo Maino

Il sottopasso ferroviario di via Torino, a Cirié, doveva essere l’opera che avrebbe cambiato per sempre la mobilità cittadina: un’infrastruttura presentata come strategica, finanziata, prioritaria. Invece, a sette anni dal grande annuncio del 2018, resta un fantasma amministrativo, un progetto celebrato in conferenza stampa e poi lasciato svanire nel silenzio, senza un cantiere, senza un cartello lavori, senza una data che sia davvero una.

Matteo E. Maino ricostruisce, con precisione chirurgica, la parabola discendente del sottopasso, dai trionfalismi iniziali al deserto informativo di oggi: un caso emblematico di come un’opera pubblica possa trasformarsi da promessa-cardine a terreno minato di opacità politica.

Era il 2018 quando, nella sala consiliare di Palazzo D’Oria, Regione Piemonte, GTT, Infra.To, RFI e Comune sedettero allo stesso tavolo per presentare la “grande notizia”: il sottopasso di via Torino sarebbe stato realizzato per eliminare il passaggio a livello che ogni giorno ferma ambulanze, lavoratori, studenti e residenti.
I fondi – circa 5 milioni di euro per l’opera più oltre mezzo milione per la progettazione – vennero definiti “già disponibili”. La sindaca rivendicò il risultato come frutto di un lavoro portato avanti «fin dall’inizio del mandato», mentre la Regione parlava di progettazione avviata e tempistiche certe.

Quel giorno, il clima era da svolta epocale. Cirié avrebbe finalmente superato la sua storica frattura infrastrutturale.
E invece.

A oggi, di quel progetto resta soltanto la memoria nelle slide.
Maino scrive che il sottopasso «non esiste se non nei comunicati e nelle slide di allora», e sottolinea come non sia stato reso pubblico neppure lo stato della progettazione, né se i fondi siano ancora disponibili o se siano stati «rimodulati o persino persi».

La città continua a convivere con il passaggio a livello che blocca la viabilità verso l’ospedale e il centro, mentre sul fronte amministrativo tutto rimane fermo, immobile, impenetrabile.

Per Maino, la vera falla politica non è il ritardo, ma la totale assenza di comunicazione istituzionale.
In un passaggio durissimo, denuncia: «Dal 2018 a oggi non è stato costruito un canale di informazione costante che spieghi ai ciriacesi che cosa è successo dopo la conferenza stampa dei “tutti d’accordo”».

E ancora:
«Nessun cruscotto online, nessun resoconto periodico sull’avanzamento, nessun confronto pubblico per dire se la progettazione è stata completata, se le convenzioni sono state firmate, se i fondi sono ancora realmente disponibili».

Intanto la linea Torino–Cirié–Germagnano cambia, ma Cirié resta ferma

Nel frattempo, la tratta ferroviaria subisce lavori “a macchia di leopardo”, con chiusure e disagi.
Paradossalmente, proprio mentre si interviene altrove, il punto più critico di Cirié resta in stallo totale.
Maino osserva che il Comune non utilizza nemmeno quei momenti per aggiornare i cittadini sulla sorte del sottopasso.

Un immobilismo che stride con le mostre, gli incontri e il dialogo con l’Osservatorio Torino-Ceres, una dinamica che l’autore sintetizza con una stoccata: una città che “fa le mostre nelle feste di paese… ma che concretamente latita”.

L’architetto non si limita alla critica: mette sul tavolo tre linee d’azione, lucide e immediate.
E le formula con chiarezza:

  1. «Trasparenza radicale sul sottopasso»: pubblicare online tutti gli atti, le delibere, le convenzioni, lo stato della progettazione e gli aggiornamenti sui finanziamenti.

  2. «Un cronoprogramma pubblico e verificabile»: chiedere a Regione e RFI date chiare su progettazione definitiva, gara e cantiere, e portare quel documento in Consiglio comunale.

  3. «Coinvolgere chi ogni giorno subisce il passaggio a livello»: un tavolo permanente con residenti, commercianti, ospedale, pendolari, associazioni, per discutere viabilità, parcheggi, percorsi pedonali e ciclabili.

Tre richieste semplici, a fronte di un’opera definita “prioritaria” e poi dissolta.

Nel 2018 la sindaca disse che il sottopasso avrebbe ricucito «una città spaccata in due».
Maino ricorda quella frase, perché oggi quella frattura non è solo fisica, ma anche politica:
da un lato «le parole e le foto di quella conferenza stampa», dall’altro i cittadini «fermi davanti alle sbarre abbassate».

E conclude con una richiesta che è insieme appello e ultimatum:
«Se il sottopasso si farà, lo si dica chiaramente; se non si farà, si abbia il coraggio di ammetterlo, davanti alla comunità che per anni è stata chiamata a festeggiare un progetto mai iniziato».

Il caso del sottopasso di via Torino non è solo un capitolo di urbanistica mancata: è un tema di fiducia pubblica, di rapporto tra cittadini e istituzioni, di responsabilità politica.
Ogni giorno le sbarre si abbassano, le auto si fermano, i cittadini attendono.
E ogni giorno, a distanza di sette anni, nessuno sa perché l’opera annunciata come “già finanziata e prioritaria” non sia mai partita.

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