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11 Dicembre 2025 - 15:27
Roberto Viola e Alberto Cirio a Bruxelles
Torino e il Piemonte tornano all’attacco. Non certo per tappare le buche stradali, non per i pronto soccorso in affanno da anni, non per ridurre quei tempi d’attesa dell’Asl che ormai si misurano in ere geologiche, tipo “Jurassico per una risonanza, Cretaceo per una visita oculistica”. Troppo semplice, troppo ordinario, troppo… concreto.
No! La nuova frontiera della politica sabauda è candidarsi a diventare il primo parco giochi europeo dove mettere alla prova auto che guidano da sole e medici che curano grazie all’intelligenza artificiale. Una sorta di Disneyland tecnologica, con la differenza che qui non c’è Topolino, ma Alberto Cirio e Stefano Lo Russo, ciascuno col suo entusiasmo calibrato, col sorriso istituzionale ben stirato e la certezza – tipica dei politici quando fanno shopping di innovazione – che tutto funzionerà alla perfezione, come nei rendering 3D dei progetti che poi nella realtà non trovano mai un parcheggio.
La grande missione è stata annunciata a Bruxelles, perché ovviamente l’innovazione non si presenta mai a Collegno o a Pinerolo: troppo poco glamour. A Bruxelles sì, là dove il presidente della Regione ha consegnato il dossier nelle mani del direttore generale Roberto Viola, convinto che il Piemonte sia il posto ideale per lasciar correre sulle strade pubbliche taxi senza conducente già dal 2027.
San Francisco? Denver? Roba vecchia. L’avanguardia, a sentire Cirio, è corso Tassoni all’ora di punta, con il semaforo lampeggiante e l’autobus del 56 che spunta all’improvviso come un toro nell’arena. Se l’auto autonoma sopravvive a quello, può tranquillamente affrontare qualunque metropoli mondiale.
Secondo il governatore, le condizioni sono perfette: c’è il Politecnico, c’è la filiera dell’auto, ci sono investitori pronti a essere attratti (sperando che non si perdano nel traffico reale, quello con gli umani al volante, gli incroci creativi e i clacson filosofici). L’obiettivo è ambizioso: mettere su strada veicoli pubblici senza conducente che, teoricamente, dovrebbero muoversi con una sicurezza impeccabile.
E qui, inevitabile, sorge un dubbio: queste auto, oltre a riconoscere pedoni, semafori, animali e altre auto, dovranno anche imparare a interpretare la viabilità torinese? Dovranno scansare piste ciclabili disegnate a metà, tratti di strada chiusi “temporaneamente” da tre anni, buche mimetizzate e aree pedonali spuntate dall’oggi al domani come funghi dopo la pioggia? Perché se l’auto autonoma impara a sopravvivere alla segnaletica di Torino, allora sì che potremo esportare il modello nel mondo: sarà l’unica AI ad avere completato la modalità “esperto”.
Ma il vero capolavoro politico è un altro: far diventare la montagna piemontese – la stessa dove spesso manca la linea telefonica, dove il Wi-fi in alcuni rifugi è considerato leggenda metropolitana – la culla della telemedicina del futuro.
Cirio lo dice con solennità, forse immaginando un drone che si libra tra i larici come un film della Marvel: in Piemonte “oltre il 40% del territorio è montano” ed è perfetto per sperimentare cabine di telemedicina capaci di fare diagnosi senza entrare in ospedale. Fantastico. Suggestivo. Mancano solo gli effetti speciali.
Manca, però, un dettaglio non trascurabile: la connessione internet. Ma in fondo questo è solo un particolare tecnico, e i particolari tecnici sono roba da pessimisti.
Nella visione del presidente, queste cabine futuristiche sorgeranno nei paesini sparsi tra valli e alture. Magari proprio accanto all’unico bar del paese, quello che apre alle 10 e chiude alle 17. Per entrare forse bisognerà inserire un gettone, come nei telefoni pubblici d’antan. Dentro troverai un operatore sociosanitario, un medico in video e un algoritmo che monitora tutto: temperatura, pressione, umore e forse anche la fiducia residua nel sistema sanitario.
L’intelligenza artificiale diventa così un nuovo sentiero di montagna: meno romantico, meno panoramico, ma sicuramente molto europeo.
Dall’altra parte della barricata mediatica c’è Stefano Lo Russo, che sfodera l’argomento principe: Torino è già stata Capitale Europea dell’Innovazione 2024-2025. E allora perché non esagerare? Perché non tentare di diventare il portale d’ingresso dell’AI continentale? La città – dice il sindaco – è laboratorio naturale: metà manifattura, metà transizione ecologica, metà sperimentazione futuristica. Tre metà in una, ma del resto la matematica, in politica, è un’opinione.
Lo Russo rivendica con orgoglio la navetta autonoma AuToMove, che da ottobre gira per la città come un cagnolino robot: va, torna, rallenta, evita i pedoni, si ferma agli incroci, tutto sotto l’occhio attento di un safety driver. Sì, perché tecnicamente la guida è autonoma, ma solo se qualcuno è pronto a intervenire quando l’autonomia decide di farsi una pausa caffè.
È il concetto stesso di tecnologia “smart but not too much”: intelligente, ma non abbastanza da lasciarle davvero il volante. Per ora.
E poi arriva la parte più pirotecnica del dossier: un elenco infinito di progetti, startup, board etici, living lab, telemonitoraggi, fascicoli sanitari elettronici di nuova generazione, algoritmi predittivi, sistemi MaaS, sperimentazioni immersive. Leggendolo, sembra davvero di sfogliare la sceneggiatura di un film di fantascienza ambientato a Torino, magari diretto da un regista tedesco che ama molto le nebbie di novembre e i tram che si materializzano dal nulla.
Il gran finale, però, è riservato alla sanità digitale: il Piemonte vuole diventare laboratorio europeo per applicare l’AI alla prevenzione, alla diagnostica, al monitoraggio. Algoritmi predittivi capaci di dire chi rischia cosa prima ancora che succeda. Una cosa quasi mistica, un incrocio audace tra medicina del futuro e cartomanzia digitale.
Se tutto funziona, ci dicono, la cura arriverà “vicino alla persona”. Soprattutto in montagna, dove spesso la persona non riesce nemmeno a raggiungere l’ospedale quando ne avrebbe bisogno.
Insomma, mentre ambulanze e pronto soccorso arrancano, mentre i pendolari si inventano nuovi santi a ogni ritardo, mentre gli automobilisti affrontano quotidianamente la vera giungla urbana, la politica piemontese guarda avanti. Anzi, molto avanti. Avanti fino al punto da non vedere più bene il presente.
Taxi senza autista, medici in video, algoritmi che monitorano tutto, robot che forse un giorno ci diranno anche quando pagare il bollo auto.
La speranza, ovviamente, è che l’intelligenza artificiale sia un po’ più intelligente di quella naturale che ci governa.
E che almeno lei, per una volta, sappia davvero dove sta andando.
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