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Cirio sta per lasciare il Piemonte? O è solo l’ennesima voce che corre più veloce di lui?

Roma lo vuole, Bruxelles lo richiama, gli alleati tremano: ma davvero Cirio è pronto al salto… o si tratta dell’ennesimo mistero piemontese destinato a sciogliersi nel nulla?

Cirio sta per lasciare il Piemonte? O è solo l’ennesima voce che corre più veloce di lui?

Cirio sta per lasciare il Piemonte? O è solo l’ennesima voce che corre più veloce di lui?

C’è un momento, nella vita di ogni governatore, in cui la poltrona che sembrava fatta su misura comincia a risultare stretta. Per Alberto Cirio, rieletto in trionfo nel 2024, quel momento sembra essere arrivato prima del previsto. Da settimane, nei corridoi e perfino nelle macchinette del caffè del Consiglio regionale, gira la stessa domanda, sussurrata con quel mezzo sorriso tipico di chi sa più di quanto dice: ma davvero Cirio resterà in Piemonte fino al 2029? Oppure ha già lucidato la valigia blu elettrica — rigorosamente Forza Italia — per un altro viaggio?

Perché una cosa ormai l’hanno capita tutti: Cirio non è mai stato il tipo da accontentarsi del ruolo di amministratore che taglia i nastri e inaugura rotonde. Lui è, e ci tiene che si sappia, un “animale politico”. E dopo un anno di secondo mandato, con la Regione che non offre più i riflettori di un tempo, è chiaro che il richiamo di Roma o Bruxelles comincia a farsi sentire forte. Fortissimo.

cirio

Il retroscena più gettonato lo proietta dritto in un futuro da membro del governo. Non certo un ruolo tecnico di seconda fila: Cirio non è uomo da retrobottega. Chi mastica politica piemontese lo dà in corsa per un dicastero vero, di quelli che contano, oppure per un sottosegretariato pesante, magari direttamente a Palazzo Chigi. La storia prende forma tra gennaio e febbraio, quando nei salotti romani qualcuno mormora che Giorgia Meloni e Antonio Tajani non disdegnerebbero l’idea di averlo in squadra: Forza Italia ha bisogno di facce spendibili, moderate, capaci di parlare alle imprese con toni rassicuranti. E in questo Cirio è un professionista: elegante quando serve, pop quando conviene, “istituzionale” sempre.

Il problema — che a Torino hanno capito benissimo — è che se Cirio molla la Regione adesso si apre una voragine. La Lega non aspetta altro, Fratelli d’Italia nemmeno. Forza Italia rischia di perdere la presidenza nel giro di cinque minuti. Insomma: Cirio può anche spiccare il volo, ma il Piemonte rischia di rimanere a guardare il cielo con il collo all’insù e un campo di battaglia sotto i piedi.

Per i più raffinati, quelli che spendono le serate a fare combinazioni politiche come fossero sudoku, c’è l’ipotesi Bruxelles. Cirio è stato eurodeputato, conosce la macchina, si muove bene, parla la lingua degli emendamenti e delle commissioni, ed è stimato nel PPE. Non sarebbe un salto nel vuoto: nel suo cerchio ristretto l’idea non è mai stata davvero archiviata. E poi, diciamolo senza ipocrisie: Bruxelles ha il suo fascino. Stipendi alti, orari più civili, visibilità internazionale. Per uno come Cirio, che si è costruito negli anni un profilo da europeista “pratico”, non sarebbe certo una retrocessione. Semmai, un trampolino.

L’ipotesi meno cinematografica? Cirio resta dov’è. Fa il governatore, inaugura, taglia nastri, apre cantieri, gestisce la barca. Una scelta grigia, ma solida. Il problema è che questa versione non la racconta nessuno: non accende la fantasia, non crea tensione politica, non genera titoli. È troppo normale. E la normalità, si sa, non fa rumore.

In ogni caso, il futuro di Cirio dipenderà meno da Cirio e più dagli equilibri sempre più fragili del centrodestra, dai rapporti tra ministeri, dal destino di Forza Italia come partito e dalle strategie di Tajani. Per non parlare delle dinamiche interne a Palazzo Chigi, dove Meloni potrebbe volerlo valorizzare… oppure tenerlo a distanza, per evitare che un alleato troppo forte diventi ingombrante nei momenti cruciali.

C’è poi un dettaglio che fa la differenza: Cirio piace anche fuori dal suo schieramento. Unico nel centrodestra piemontese, ha la capacità — preziosa e dunque spendibile — di muoversi nel campo largo del consenso senza far arrabbiare nessuno. O quasi.

E così Torino osserva e commenta. Nei bar attorno a Palazzo Lascaris, il gioco del momento è indovinare quando Cirio annuncerà la prossima mossa. C’è chi giura dopo l’estate, chi dice prima, chi sostiene che sia tutto un bluff ben orchestrato per tenere alta l’attenzione. Magari non succederà nulla. Magari succederà tutto.

Una cosa, però, è sicura: mentre a Roma sussurrano, a Bruxelles annuiscono e i partiti fanno la danza del “prendilo tu, no prendilo tu”, Cirio continua a muoversi come sempre: con quel passo leggero di chi vuole far credere che una scelta l’abbia già fatta, ma si guarda bene dal dirla.

Intanto in Piemonte tutti aspettano la sua prossima mossa come si aspetta il tram quando piove: prima o poi arriverà, dicono. Forse. Forse no. Dipende dal traffico, dagli incastri, dall’umore del giorno.

Magari volerà davvero a Roma. Magari tornerà a Bruxelles. Magari resterà qui, il che sarebbe la variante più sorprendente — e quindi la meno quotata.
Per ora l’unica certezza è che a tanta gente piace indovinare dove andrà. A lui, invece, piace moltissimo far indovinare.

Che è un modo come un altro per restare al centro della scena senza muoversi di un centimetro.

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