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Una città ferma da vent’anni: Filippin punta il dito sulla verifica urbanistica “fotocopiata”

“Niente riflessioni su sviluppo o rigenerazione”: l’opposizione richiama la maggioranza alle responsabilità

Matteo Filippin

Matteo Filippin

“Ultimo consiglio prima di Natale: siamo tutti più buoni… tranne i documenti che, come i regali riciclati, non sono di buon auspicio.” È con questa ironia amara, tagliente e calcolata che il consigliere Filippin ha aperto il suo intervento sull’annuale verifica delle aree urbane e dei fabbricati, un atto tecnico previsto dalla normativa ma che, a Lanzo, da anni si ripresenta immutato, identico a se stesso. Una ripetizione fotocopiata che, nelle parole dell’esponente di Lanzo Popolare Nord, è diventata il simbolo di una città che osserva il proprio declino senza interrogarsi su come reagire.

Il documento approvato anche quest’anno, infatti, non introduce alcun elemento nuovo: le destinazioni d’uso restano le stesse, non cambia la lettura delle aree, non cambiano gli scenari. È come se la fotografia urbanistica di Lanzo fosse stata scattata vent’anni fa e il Consiglio comunale continuasse a riproporla senza accorgersi che il territorio reale ha cambiato volto, perso popolazione, attività, vitalità. Filippin lo dice senza giri di parole: “Da quattro anni questo documento ripropone la stessa identica fotografia. Un copia-incolla che ricalca una realtà che poteva aver senso vent’anni fa, ma non oggi. Il mondo cambia velocemente e Lanzo non è una cartolina statica e incorniciata: è una città che perde abitanti, attività, vitalità. E noi continuiamo a ‘verificare’ senza decidere nulla.

La sua critica, però, non è diretta alla parte tecnica, che anzi riconosce come corretta e doverosa. Il nodo politico è un altro: il Consiglio comunale, sostiene Filippin, dovrebbe essere il luogo del dibattito, dell’orientamento, della visione amministrativa. Invece, si limita a ratificare un documento neutro che, di fatto, diventa un alibi per non affrontare temi cruciali come lo sviluppo urbano, le funzioni produttive, la rigenerazione degli spazi dismessi, l’attrattività per nuove famiglie e nuove imprese. “Riconosciamo la correttezza tecnica. Ma è politicamente difficile accettare che non ci sia una riflessione su sviluppo, attrattività, rigenerazione urbana, nuove funzioni produttive. Nulla. Zero.

E a quel “zero”, il consigliere collega un altro fenomeno che nella quotidianità dei lanzesi è ormai impossibile ignorare: case vuote, negozi chiusi, giovani che se ne vanno, un centro storico che tende a svuotarsi, un’identità cittadina che sembra dissolversi. È su questo punto che Filippin sceglie di non votare contro, ma di astenersi, trasformando il voto in un segnale politico: “In città si parla di case in abbandono, negozi vuoti, giovani che se ne vanno. E noi cosa facciamo? Compiliamo moduli. È come se ci fossimo rassegnati. E la rassegnazione non è una strategia di sviluppo sociale, crescita economica o gestione urbanistica.

Le repliche della maggioranza arrivano, ma non sciolgono il nodo. L’assessore Assalto rimarca la vetustà del PRGC, ricordando che ogni modifica delle destinazioni d’uso richiederebbe un intervento sul piano regolatore, operazione complessa, lunga e costosa. Casassa rivendica invece l’impegno sul commercio attraverso eventi di richiamo e l’adesione al Distretto del Commercio della Valli di Lanzo, mentre Gisolo sottolinea l’impossibilità di obbligare i privati a intervenire sui loro immobili. Tre risposte corrette dal punto di vista procedurale, ma che Filippin giudica insufficienti dal punto di vista strategico: tutte insieme, infatti, restituiscono l’immagine di una città che attende, più che agire.

L'assessora Tina Assalto

Il tema centrale — e irrisolto — è l’assenza di una direzione. Filippin non attacca i tecnicismi, ma ciò che lui percepisce come la mancanza di una “visione politica”, un concetto che nell’amministrazione locale è spesso evocato ma raramente praticato con continuità. Perché, sostiene, Lanzo vive una fase delicata: i suoi elementi identitari si stanno indebolendo, il tessuto urbano mostra segni di fragilità, gli spazi dismessi aumentano, le opportunità diminuiscono.

In questo scenario, il PRGC – pur essendo uno strumento datato – rimane la base imprescindibile per immaginare il futuro. “Lo strumento urbanistico è concettualmente superato”, riconosce il consigliere, ma proprio per questo una revisione sarebbe necessaria. Non come atto simbolico, ma come leva per ripensare gli equilibri della città, ridisegnare gli spazi, attrarre nuovi residenti e nuove funzioni. Il piano regolatore di Lanzo, nonostante varianti successive, resta infatti quello concepito negli anni Novanta, quando il contesto socioeconomico era completamente diverso. Una revisione, sostiene Filippin, non solo sarebbe opportuna: sarebbe urgente.

La sua analisi non concede scorciatoie: Lanzo rischia di vivere di rendita su un passato che non esiste più. E la ripetitività dei documenti urbanistici diventa, simbolicamente, il ritratto di una città che ringhia ogni tanto, ma non morde mai. Una città che osserva i propri spazi svuotarsi ma non trova il coraggio di ridefinirsi. Una città che verifica, ma non decide.

Lanzo non può restare ferma nello stesso fotogramma per sempre. Serve una visione.
La frase scivola in aula come un monito, più politico che polemico, ma inequivocabile.

Il consiglio natalizio si chiude così: con un documento approvato, qualche replica formale della maggioranza e un’opposizione che chiede non nuove carte, ma nuove idee. Perché in urbanistica, come nella vita di un territorio, ciò che non si muove finisce per arretrare. E Lanzo, oggi, non può permetterselo.

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