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10 Dicembre 2025 - 14:52
«Senza il Piemonte questa vittoria non esisterebbe»: Bongioanni accende lo scontro dopo il sì dell’Unesco
La proclamazione arrivata a Nuova Delhi ha un’eco che supera i confini nazionali, ma in Piemonte assume un valore ancora più marcato. La decisione dell’Unesco di riconoscere la Cucina italiana come Patrimonio mondiale dell’Umanità è per la Regione un traguardo atteso, sostenuto e accompagnato in ogni fase del percorso. L’assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo, Turismo, Sport e Post-olimpico, Caccia e Pesca e Parchi Paolo Bongioanni parla di “orgoglio” e “identità condivisa”, sottolineando come la tradizione alimentare piemontese incarni pienamente i requisiti che hanno portato al prestigioso riconoscimento.
L’assessore commenta la notizia con parole nette e convinte: «La cucina italiana da oggi è Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco, prima cucina al mondo ad aver ottenuto questo riconoscimento. Ringrazio il ministro Francesco Lollobrigida che ha creduto e sostenuto fin dall’inizio la candidatura dell'Italia, che come Piemonte abbiamo condiviso e promosso in ogni passaggio. Il Piemonte è orgoglioso di essere parte integrante e protagonista di questa identità, con prodotti e preparazioni che fanno parte in modo imprescindibile del canone della cucina nazionale e con una tradizione che rispecchia in modo esemplare gli aspetti storici, sociali e relazionali premiati dall’Unesco».

Nelle parole di Bongioanni emergono i cardini culturali che hanno contribuito alla vittoria della candidatura: la convivialità delle famiglie contadine, la trasmissione intergenerazionale dei saperi, l’attenzione alle materie prime, il legame con la terra e persino la cultura del riuso, che in Piemonte trova espressione nelle paste ripiene come gli agnolotti e il plin. «Pensiamo alla dimensione conviviale della preparazione e del consumo del cibo nelle famiglie allargate della nostra cultura contadina, che spesso assume dimensione rituale; alla trasmissione intergenerazionale dei saperi e dei segreti, all’attenzione alle materie prime e alla cura per il territorio da cui provengono, alla cultura del riuso e dell’anti-spreco che trova nelle nostre paste ripiene come gli agnolotti e i plin la loro sublimazione, agli scambi culturali che hanno fatto propri ingredienti provenienti da terre lontane. Ma pensiamo anche a come il Piemonte sia stato la culla dell’approccio “slow” che, partendo dall’Italia, ha rivoluzionato a livello globale l’approccio con il cibo».
Il riconoscimento Unesco non è soltanto un sigillo culturale: rappresenta anche una leva economica. La cucina italiana, e quella piemontese in particolare, alimenta filiere che uniscono produzione, trasformazione, ristorazione e turismo. Bongioanni lo rivendica con forza: «Dalle nostre aziende produttrici fino alle interpretazioni innovative nelle mani dei grandi chef, dall’impegno per la tutela e valorizzazione delle nostre produzioni agroalimentari fino alla loro promozione integrata su tutti i mercati vecchi e nuovi, la cucina è una voce fondamentale dell’economia e del turismo in Piemonte».
I numeri del 2024 lo confermano. Nell’area delle colline di Langhe Roero e Monferrato, tra le più vocate alla promozione enogastronomica, il settore ha registrato oltre 690mila arrivi e 1 milione e 500mila presenze, con una crescita del 4% negli arrivi e del 5,1% nelle presenze rispetto all’anno precedente. La spesa media pro capite sfiora i 300 euro per notte, un dato che sottolinea quanto l’enogastronomia sia una componente strutturale dell’attrattività turistica piemontese.
Bongioanni aggiunge un ultimo ringraziamento politico e istituzionale: «Ringrazio il ministro del Turismo Daniela Santanchè che, anche in questa occasione, ha voluto ribadire la centralità dell’enogastronomia italiana nelle strategie di sviluppo e promozione turistica della nostra nazione, per far crescere ancora di più il comparto e creare anche in Piemonte nuovo valore aggiunto».
Il Piemonte, con i suoi prodotti agroalimentari, le sue cucine tradizionali e la sua capacità di innovare senza recidere le radici, rivendica così un ruolo da protagonista nel nuovo capitolo aperto dall’Unesco. Una regione che trova nella cultura del cibo non solo una memoria storica, ma un motore di sviluppo capace di parlare al mondo.
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