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04 Dicembre 2025 - 13:45
Ex allievi lasciano in eredità 1,5 milioni al Collegio Einaudi di Torino: un investimento per gli studenti
A Torino, due ex allievi scomparsi nel 2024 hanno deciso di legare per sempre il proprio nome al Collegio Einaudi, l’istituzione che li aveva accolti da ragazzi negli anni Cinquanta. Sergio Marchetti, classe 1939, professore di fisica, e Giovanni Lino Bianco, nato nel 1930, ingegnere, hanno lasciato in eredità alla Fondazione Collegio Einaudi un patrimonio complessivo di 1,5 milioni di euro, composto da alcuni alloggi e da un pacchetto di azioni Eni dal valore di circa 800 mila euro. Un lascito che non si esaurisce nella cifra, ma si traduce in progetti concreti per studentesse e studenti che oggi vivono quello stesso percorso universitario, in una città profondamente cambiata ma attraversata dalle stesse domande sul futuro.
L’annuncio è arrivato oggi, 4 dicembre. Da una parte, il nome di Lino Bianco si intreccia con il primo bando già pubblicato in questi giorni: un posto di studio gratuito in Collegio per uno studente o una studentessa di ingegneria gestionale, il percorso che più rispecchia la sua storia formativa. Dall’altra, il lascito di Sergio Marchetti verrà indirizzato allo sviluppo della progettualità complessiva del Collegio, a beneficio degli allievi di oggi e di quelli che varcheranno la soglia delle residenze nei prossimi anni. In altre parole, una parte del patrimonio diventerà sostegno diretto allo studio, il resto alimenterà il funzionamento e la crescita di una realtà che vive di formazione, servizi e comunità.
I due donatori non si sono mai conosciuti, ma le loro biografie si sfiorano. Entrambi provenivano da contesti familiari modesti, segnati dagli anni della guerra e della ricostruzione. Per chi arrivava a Torino in quegli anni, il Collegio Einaudi non era un semplice indirizzo: era un tetto, una borsa di studio, una mensa, un luogo dove condividere libri, discussioni, timori e ambizioni. Qui Bianco intraprese il percorso al Politecnico di Torino, diventando ingegnere; Marchetti scelse l’Università di Torino e divenne professore di fisica. In entrambe le storie, il Collegio rappresenta il punto di snodo fra una giovinezza incerta e la possibilità concreta di costruire una carriera, uscire da condizioni economiche fragili, immaginare una traiettoria diversa da quella di partenza.
Per Bianco, il legame con quella stagione non si è mai interrotto. Alla fine degli anni Cinquanta, insieme ad altri ex collegiali, fondò il “Gruppo Amici Collegio Universitario e Politecnico”, una rete informale ma tenace che per oltre sessant’anni ha tenuto insieme generazioni di ex studenti. Dietro la sigla, c’è l’idea che l’esperienza del Collegio non finisca con la laurea, ma possa continuare a vivere nei rapporti umani, nella memoria condivisa, nella disponibilità a sostenere chi arriva dopo. Il lascito testamentario di oggi è il prolungamento naturale di quel filo: un gesto che non guarda indietro con nostalgia, ma avanti, verso chi oggi si trova nella stessa posizione di fragilità e bisogno di sostegno.
Per Sergio Marchetti, il percorso ha avuto un’altra declinazione, ma la radice resta simile: una famiglia senza grandi mezzi, un Paese che cerca di rialzarsi, un giovane che trova nel Collegio un contesto dove studiare, specializzarsi, diventare docente di fisica. Anche in questo caso, la donazione racconta una gratitudine concreta verso l’istituzione che ha reso possibile quel salto. Non un omaggio simbolico, ma un trasferimento patrimoniale che consentirà al Collegio Einaudi di ampliare le proprie possibilità di intervento, in un momento in cui la questione del diritto allo studio torna al centro del dibattito pubblico.

Una delle sedi
Per capire il peso di questi lasciti bisogna guardare alla trasformazione del Collegio Einaudi. Nato nel 1935 come casa dello studente, in anni in cui la priorità era semplicemente offrire un posto letto e un ambiente minimamente attrezzato allo studio, ha progressivamente cambiato pelle. Oggi è una fondazione con più residenze distribuite in diversi quartieri di Torino, un progetto educativo che affianca all’ospitalità percorsi formativi, tutoraggi, attività culturali e strumenti pensati per accompagnare ogni allievo nel proprio percorso universitario. Tra i suoi ex residenti figura anche Umberto Eco, segno di una tradizione che incrocia storie e destini diversi.
Gli 1,5 milioni di euro messi a disposizione da Marchetti e Bianco arrivano in un contesto in cui l’istituzione ha già sperimentato quanto questo tipo di filantropia possa incidere sulla vita concreta delle persone. Lo scorso anno, infatti, l’ex allieva Anna Bonino ha donato al Collegio 1 milione di euro: un patrimonio che ha già consentito l’assegnazione delle prime cinque borse di studio a cinque studentesse. In quel caso, come in quello annunciato oggi, la donazione non è rimasta una cifra astratta, ma si è tradotta in bandi, graduatorie, opportunità misurabili per chi, senza un sostegno economico, rischierebbe di restare escluso dai percorsi di alta formazione.
Sul piano simbolico, le storie di Bianco, Marchetti e Bonino raccontano qualcosa che va oltre il singolo ente. Mostrano come l’ascensore sociale costruito attorno allo studio possa funzionare solo se tiene insieme istituzioni, politiche pubbliche e responsabilità individuali. Il Collegio Einaudi ha offerto a quei ragazzi degli anni Cinquanta un contesto per crescere; decenni dopo, quegli stessi ex allievi scelgono di restituire alla collettività ciò che hanno ricevuto, convinti che altre studentesse e altri studenti, in condizioni simili alle loro, possano trovare nelle residenze universitarie lo spazio necessario per costruire una vita diversa.
La decisione di destinare parte dei fondi a un posto di studio gratuito per un profilo di ingegneria gestionale non è un dettaglio burocratico, ma il modo più fedele per rispettare la volontà di Giovanni Lino Bianco, ingegnere cresciuto proprio in quelle stanze. Allo stesso modo, l’indicazione di utilizzare il lascito di Sergio Marchetti per la “progettualità del Collegio” apre la strada a interventi che potranno riguardare l’ampliamento dei servizi, il rafforzamento delle attività formative, il miglioramento degli spazi a disposizione degli studenti. Sono scelte che la Fondazione tradurrà in atti amministrativi, ma che nascono da un presupposto chiaro: mettere al centro chi studia, e non il patrimonio in sé.
In una fase storica in cui il costo della vita universitaria è tornato a essere una barriera concreta per molte famiglie, il gesto dei due ex allievi assume un valore che va oltre Torino. Dice che il legame fra chi ha potuto studiare e chi rischia di non farcela può diventare un meccanismo stabile, non episodico. E che un patrimonio accumulato in una vita di lavoro può trasformarsi in borse di studio, posti letto, progetti educativi, non in una memoria privata destinata a spegnersi.
Alla base di tutto, resta l’idea di un Collegio Einaudi che non si limita a offrire un tetto, ma prova a essere un pezzo di politica pubblica del diritto allo studio, integrando risorse proprie, contributi privati e finanziamenti esterni. I lasciti di Sergio Marchetti e Giovanni Lino Bianco si inseriscono in questa traiettoria. Non cambiano da soli le condizioni di accesso all’università, ma indicano una strada: quella di una comunità di ex allievi che non si limita a ricordare il proprio passato, ma sceglie di farsi parte attiva del futuro di chi arriva dopo.

Una delle sedi
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