Cerca

Attualità

“Stanze dell’amore” al carcere di Torino: esplode la rivolta del Sappe

Il sindacato denuncia una misura inutile e invoca più permessi premio per i detenuti meritevoli

“Stanze dell’amore” al carcere di Torino

“Stanze dell’amore” al carcere di Torino: esplode la rivolta del Sappe (foto di repertorio)

Nel carcere di Torino si apre un fronte rovente. Da sabato dovrebbero attivarsi le nuove stanze dell’amore, gli spazi destinati ai colloqui intimi tra detenuti e partner. Un passo avanti nel riconoscimento del diritto all’affettività? Secondo il Sappe, il principale sindacato della polizia penitenziaria, siamo di fronte all’ennesima misura calata dall’alto senza valutare gli effetti reali sulla sicurezza e sull’organizzazione interna. È una polemica che corre da giorni nei corridoi delle Vallette, tra malumori, dubbi e l’impressione diffusa che il personale sia stato ancora una volta tenuto all’oscuro fino all’ultimo.

«Abbiamo informalmente saputo che da sabato, nel carcere di Torino, saranno funzionanti le ‘stanze dell’amore’. Per noi del Sappe, il sesso in carcere è una previsione inutile e demagogica, anche in termini di sicurezza stessa del sistema. Si introduca piuttosto il principio di favorire il ricorso alla concessione di permessi premio a quei detenuti che in carcere si comportano bene, che non si rendono cioè protagonisti di eventi critici durante la detenzione e che lavorano e seguano percorsi concreti di rieducazione. E allora, una volta fuori, potranno esprimere l'affettività come meglio credono», afferma il segretario generale Donato Capece.

Capece centra la critica su un concetto chiave: utilità. Il sindacato non nega il valore dei legami affettivi, ma contesta la scelta dello strumento. Per il Sappe, investire su stanze dedicate al sesso rischia di oscurare le priorità reali del sistema penitenziario, già messo a dura prova dal sovraffollamento, dalla carenza di personale, dalle aggressioni agli agenti e da un modello di esecuzione della pena considerato ormai incapace di prevenire i conflitti interni.

La protesta non è isolata. A rincarare la dose arriva il segretario regionale per il Piemonte, Vicente Santilli, che mette in fila dubbi e timori del personale: «I nostri penitenziari non possono e non devono diventare postriboli così come i nostri agenti di polizia penitenziaria non devono diventare 'guardoni di Stato'», dichiara senza giri di parole. Una frase che fotografa il livello di tensione tra chi lavora ogni giorno in reparti che faticano a reggere ritmi e criticità continui.

Nella lettura del Sappe, l’introduzione delle stanze dell’affettività rischia anche di aprire nuovi scenari problematici sul piano della sicurezza. Manca personale, mancano unità formate, mancano procedure certe per gestire accessi, controlli, eventuali incidenti. E se la misura viene presentata come un passo verso la modernizzazione, il sindacato replica che a modernizzarsi dovrebbe essere soprattutto l’intero impianto dell’esecuzione penale.

Lo stesso Capece invita a cambiare prospettiva: non stanze intime dentro il carcere, ma permessi premio dati con rigore e concessi solo a chi dimostra impegno, lavoro, buona condotta e capacità di seguire un percorso rieducativo. Un concetto che il sindacato spinge da anni: premiare il merito per ridurre la conflittualità interna e favorire una gestione più stabile dei reparti. E invece, sottolineano dal Sappe, si continua a investire in misure simboliche che “fanno notizia” ma non risolvono nulla.

Il carcere di Torino, da sempre una delle strutture più osservate d’Italia, diventa così il palcoscenico di un nuovo scontro fra due visioni opposte: da un lato chi rivendica un ampliamento dei diritti affettivi come parte integrante della dignità del detenuto; dall’altro chi ritiene che la priorità debba restare il ripristino di un sistema penitenziario capace di tutelare sia la sicurezza che la rieducazione, senza scorciatoie mediatiche.

Mentre la Direzione si prepara all’avvio ufficiale degli spazi dedicati ai rapporti intimi, la frattura con il personale è evidente. E il rischio, secondo chi ogni giorno veste la divisa blu della polizia penitenziaria, è che questa decisione alimenti una tensione già alta, complicando la gestione quotidiana di una struttura tra le più delicate del Paese.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori