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01 Dicembre 2025 - 15:53
Greta Thunberg e Francesca Albanese abbracciate a un miliziano di Hamas: l'ultimo murale di provocazione a Milano
A Milano la provocazione torna a occupare lo spazio pubblico prima ancora che la piazza si riempia. “Human Shields”, il murale di aleXsandro Palombo che ritrae Greta Thunberg e Francesca Albanese strette nell’abbraccio di un miliziano di Hamas, è ricomparso questa mattina in Piazza XXIV Maggio, luogo scelto per il raduno da cui si è mossa la manifestazione pro-Palestina. Una scelta volutamente simbolica: l’opera era già apparsa a Roma, davanti alla stazione Termini, e in poche ore era stata vandalizzata da militanti pro-Pal, in un crescendo di tensione che aveva trasformato un intervento artistico in un caso politico. Palombo la rilancia ora a Milano, nella stessa giornata che vede nella città uno dei nodi delle mobilitazioni nazionali, mettendo di nuovo al centro il rapporto tra attivismo, radicalizzazioni e narrativi contrapposti.
Il murale ha il taglio netto che da anni caratterizza il linguaggio dell’artista: una composizione semplice, immediata, costruita per creare un cortocircuito visivo. La scelta di raffigurare Thunberg e Albanese, entrambe molto esposte mediaticamente sul tema del conflitto israelo-palestinese, all’interno di un abbraccio connotato come minaccia non è casuale. Palombo rimette in scena una domanda che attraversa il dibattito pubblico da mesi: quando l’attivismo occidentale amplifica, anche involontariamente, la narrazione di un movimento armato? E quali effetti produce questa ambiguità nelle piazze europee, spesso divise tra solidarietà, contestazione e derive estremiste?
Il titolo “Human Shields” richiama esplicitamente la pratica attribuita a Hamas di utilizzare civili come scudi, ma suggerisce anche un secondo livello di lettura: le figure pubbliche possono trasformarsi in scudi narrativi, strumenti utili nella costruzione di un racconto politico che rischia di scivolare oltre la complessità dei fatti. Palombo concentra così l’attenzione sul confine labile tra impegno civile e manipolazione, tra solidarietà e propaganda. E sottolinea come un contesto sovraccarico, polarizzato, possa generare una spirale di episodi in cui l’intolleranza supera il confronto. Lo si è visto a Roma, dove l’opera è stata distrutta dopo poche ore; lo si è visto nelle recenti mobilitazioni in cui slogan antisemiti e segnali di radicalizzazione non hanno sempre trovato prese di distanza chiare da parte degli organizzatori.

La scelta di esporre il murale proprio oggi, nella piazza che anticipa la manifestazione pro-Palestina, non è un dettaglio. L’opera segue simbolicamente lo stesso percorso delle due attiviste: il 28 novembre Thunberg e Albanese hanno partecipato allo sciopero generale a Genova; oggi sono attese a Roma per la mobilitazione nazionale. Il murale viaggia come contro-narrazione visiva, quasi un manifesto itinerante che ribadisce la necessità di non ridurre al silenzio le voci critiche e di non cedere alla pressione di chi, ricorrendo alla forza, tenta di dettare i confini del dibattito. Non è casuale che Palombo abbia definito questa apparizione una risposta diretta agli atti di censura subiti a Roma, dove la rimozione violenta del lavoro era stata rivendicata come forma di protesta. Qui la replica dell’artista è fare parlare l’immagine più a lungo dei suoi detrattori.
Il murale riaccende anche il discorso sul ruolo dell’ONU nel contesto palestinese, tema su cui Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite, è spesso al centro di polemiche. La sua figura, inserita nell’immagine accanto a Thunberg, diventa parte di una rappresentazione che chiama in causa la responsabilità delle istituzioni internazionali, la complessità della mediazione diplomatica, le accuse incrociate che ormai si ripetono a ogni intervento pubblico.
Con questa nuova apparizione, Palombo costruisce un nuovo perimetro di lettura, ricordando come l’attivismo contemporaneo, immerso in una rete di comunicazione globale, rischi di essere strumentalizzato fino a trasformarsi in elemento di frattura. L’artista richiama l’attenzione sulla presenza crescente di episodi di antisemitismo, sulle provocazioni che degenerano in scontri, sulle piazze che diventano luogo di interpretazioni distorte. Non una condanna dell’attivismo in sé, ma un invito a considerare la responsabilità collettiva di chi partecipa allo spazio pubblico.
Il lavoro di aleXsandro Palombo, che dagli anni ’90 si muove tra satira pop, denuncia sociale e impegno civile, si colloca esattamente in questa linea. La sua produzione attraversa temi come la violenza di genere, i diritti delle minoranze, la memoria dell’Olocausto, sempre con un linguaggio immediato e provocatorio. Serie come “Break The Silence”, con cui anticipò le tematiche poi esplose con il movimento #MeToo, o “Just Because I Am a Woman”, dedicata alla violenza di genere e oggi parte della collezione permanente del Musée des Arts Décoratifs del Louvre, confermano la coerenza di una ricerca che nasce per disturbare, scuotere, smuovere il dibattito.
Al di fuori dei confini italiani, le sue opere sono entrate in musei, università e istituzioni culturali. A New York, alla State University of New York e alla Shiva Gallery del John Jay College, sono state utilizzate come strumenti di sensibilizzazione contro discriminazioni e abusi. A Parigi, la serie “Disabled Disney Princess” ha rilanciato la discussione sull’inclusione. A Milano, i tre murales “The Cut”, dedicati a Mahsa Amini, sono diventati un simbolo globale della protesta iraniana. La sua produzione è studiata, citata, imitata e spesso plagiata, tanto da entrare in svariati saggi universitari, tra cui il volume “Féminicides. Une histoire mondiale”.
“Human Shields” si inserisce in questa linea coerente: una provocazione diretta, costruita per non essere neutra, che riporta nella piazza un interrogativo più ampio della singola manifestazione. Che cosa può ancora dire l’arte pubblica quando lo spazio del confronto sembra ridursi? E quali rischi corre un dibattito in cui la censura non è più un concetto teorico, ma un gesto fisico che colpisce muri, immagini, persone?
Nel cuore di Milano, nel giorno in cui la città diventa crocevia di tensioni globali, Palombo sceglie di rispondere con un’immagine che è, ancora una volta, un invito. Non a schierarsi, ma a guardare, riflettere e non smettere di interrogare le narrazioni che ci attraversano.

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