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30 Novembre 2025 - 11:10
Una storia di coraggio e medicina d’eccellenza alla Città della Salute di Torino, dove la vita ha vinto due volte
Ci sono storie che arrivano come un colpo, che spaventano, che stringono il fiato. E poi, all’improvviso, si trasformano in una scintilla di speranza. La storia di Chiara, 38 anni, fisioterapista, è una di queste. Una storia che inizia con la paura più profonda e finisce con un neonato che respira, piange, vive. Una storia in cui la medicina non è solo scienza: è coraggio, precisione, squadra, umanità.
A metà agosto, Chiara è alla 22ª settimana della sua seconda gravidanza. Una giornata qualunque, finché all’improvviso arrivano crisi epilettiche violente, un campanello d’allarme che non lascia spazio ai dubbi. Il trasporto urgente al Pronto soccorso delle Molinette, gli esami immediati, il verdetto che cambia tutto: un tumore cerebrale voluminoso, profondo, che sta comprimendo i lobi frontali.
La domanda che i medici si fanno è di quelle che pesano come macigni: operare subito, mettendo in sicurezza Chiara e il bambino, oppure tentare di guadagnare tempo con rischi altissimi? La risposta arriva guardando il monitor, il tracciato fetale, la progressione del tumore. Bisogna intervenire. Non dopo. Non domani. Ora.
A prendersi carico della situazione è l’équipe di Neurochirurgia guidata dal professor Diego Garbossa e dal dottor Nicola Marengo, un gruppo abituato a sfide estreme ma che qui deve spingersi oltre. L’intervento richiede una precisione assoluta: pochissimo sangue perso, nessuna alterazione dell’ossigenazione, nessun trauma che possa mettere a rischio la vita del feto. In meno di tre ore, il tumore viene rimosso per intero. Quando la massa viene estratta e inviata all’esame istologico — risulterà benigna — la sala operatoria tira un respiro che è quasi un sospiro di liberazione.
Ma la forza dell’operazione non sta solo nel gesto chirurgico. Sta nel lavoro corale, in quelle mani diverse che hanno agito come una sola. La Ginecologia e Ostetricia 4, diretta dal dottor Saverio Danese, ha monitorato ogni battito del piccolo Mattia. L’Anestesia e Rianimazione 2, diretta dal dottor Maurizio Berardino, ha calibrato ogni farmaco per proteggere due vite contemporaneamente. Accanto ai medici, infermieri, ostetriche, tecnici, OSS: un mosaico di competenze che ha funzionato come un’unica macchina, perfetta e fragile allo stesso tempo.
Il decorso di Chiara è sorprendentemente rapido. Torna a camminare, torna a sorridere, torna a credere che davvero tutto questo abbia un senso. La gravidanza prosegue, controllata giorno per giorno, settimana dopo settimana.
Poi, pochi giorni fa, arriva ciò che tutti attendevano: Mattia nasce alla 36ª settimana, 2.480 grammi di vita. Per sicurezza viene accolto dalla Terapia Intensiva Neonatale diretta dalla dottoressa Caterina Carbonara, ma sta bene. Il parto cesareo viene seguito dalla dottoressa Elisabetta Cantanna, con il supporto dell’Anestesia e Rianimazione 4 del dottor Alfio Bonanno.
Chiara, ieri, ha lasciato l’ospedale. Mattia rimane ancora qualche giorno in osservazione. Ma ciò che più conta è già scritto: sono vivi, stanno bene, ce l’hanno fatta.
Le parole dei professionisti sono un filo che unisce tutto: questa storia è la prova della forza della medicina multidisciplinare, della rete ospedaliera, del lavoro di squadra. È ciò che sottolinea anche il direttore generale della Città della Salute, Livio Tranchida, parlando di “competenza messa in campo contemporaneamente, in modo coordinato, in ogni fase”.
Un messaggio rafforzato dall’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi, che vede in questa vicenda “la dimostrazione dell’eccellenza piemontese e della capacità di fare rete”.
Oggi quella rete ha un nome piccolo, minuscolo, appena nato: Mattia. Ed ha un volto grande, determinato, che ha attraversato la paura per arrivare fin qui: Chiara.

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