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Cinquanta euro per dire “sì”: a Montanaro finisce la gratuità in Municipio e scoppia la polemica

Montanaro, dal 2026 50 euro per sposarsi in Municipio: scontro Ponchia-Careri tra costi di pulizia e tradizioni

Cinquanta euro

Cinquanta euro per sposarsi in Municipio: a Montanaro esplode lo scontro politico sulle nuove tariffe

A Montanaro una cifra apparentemente modesta, 50 euro, è bastata per innescare un confronto politico acceso che tocca non soltanto il bilancio comunale, ma soprattutto il valore simbolico del matrimonio civile. La decisione della Giunta di inserire, a partire dal 2026, un costo anche per le cerimonie celebrate in Municipio durante l’orario di servizio ha sollevato la protesta dell’opposizione, che considera la misura un arretramento rispetto al passato.

Il nodo è semplice: fino all’anno scorso le coppie residenti non pagavano nulla per sposarsi dal lunedì al sabato nella sede istituzionale di via Matteotti. Negli ultimi dodici mesi, tutte le tariffe relative alle celebrazioni erano già state ritoccate verso l’alto, con incrementi di 50 euro rispetto al periodo amministrativo precedente. L’unica voce rimasta immutata era proprio quella riservata ai residenti in orario d’ufficio, mantenuta gratuita. Ora non più: anche quella categoria viene uniformata al nuovo importo minimo.

Secondo la minoranza guidata da Giovanni Ponchia, la scelta rappresenta un abbandono di un gesto che aveva un valore più grande della cifra risparmiata dalle famiglie. Per l’ex sindaco, infatti, la gratuità sanciva un rapporto di vicinanza tra Comune e cittadini nel momento forse più simbolico del rito civile. L’inserimento del costo viene letto come un passo indietro culturale prima che economico, quasi un segnale di distacco istituzionale laddove, sostiene l’opposizione, servirebbero invece riconoscimento e attenzione.

La maggioranza guidata dal sindaco Antonino Careri, però, rivendica la misura come un adeguamento necessario. Le spese di gestione degli spazi comunali, e in particolare quelle legate alle pulizie interne ed esterne, sono aumentate negli ultimi anni. L’amministrazione sostiene che introdurre una tariffa, pur limitata, sia un modo per mantenere standard decorosi e coprire parte dei costi operativi che ricadono sul bilancio pubblico. Una lettura che sposta la questione dal piano simbolico a quello della sostenibilità amministrativa.

Sul tema dei fiori agli sposi, punto che l’opposizione aveva presentato come tratto distintivo del proprio passato amministrativo, Careri ricorda che la pratica è molto più antica e non legata a un singolo mandato. La tradizione risalirebbe a circa mezzo secolo fa e prevederebbe — dettaglio rilevante — che la spesa non ricada sulle casse comunali. Gli amministratori che scelgono di aderire alla consuetudine lo fanno infatti finanziando di persona il pensiero floreale destinato agli sposi. Nessuna ricaduta sui conti pubblici, dunque, ma un gesto di cortesia lasciato alla sensibilità dei singoli.

Il confronto, però, resta aperto. Da un lato chi ritiene che persino una cifra simbolica possa alterare la percezione del rito civile come momento pubblico, gratuito e inclusivo; dall’altro chi sostiene che un Comune debba prendere atto dell’aumento dei costi e chiedere ai cittadini un contributo minimo per mantenere servizi di qualità.

La questione, pur riguardando numeri contenuti, tocca corde delicate: il rapporto tra istituzione e comunità, la natura del matrimonio civile, il significato dei gesti simbolici, il confine tra tradizione e necessità amministrativa. A Montanaro, per il 2026, la decisione è presa. Le reazioni, invece, sono solo all’inizio.

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