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ATP Finals, Torino non arretra: parte la petizione che chiama in causa Palazzo Chigi

L’appello di Giachino punta al Governo e accende il fronte politico

ATP Finals, Torino non arretra

ATP Finals, Torino non arretra: parte la petizione che chiama in causa Palazzo Chigi (foto di repertorio)

Torino non vuole perdere le ATP Finals. E questa volta non lo dice con toni istituzionali, ma con un’ondata di firme che sta travolgendo la rete e che punta dritta al Governo. La petizione lanciata su Change.org da Mino Giachino è diventata in poche ore un caso politico, un grido collettivo che chiede a Giorgia Meloni di intervenire prima che Milano affondi il colpo e si porti via l’evento più prestigioso del tennis mondiale.

Il testo della petizione è costruito come una lettera aperta alla Presidente del Consiglio ed entra subito nel cuore del problema. Torino — si legge — vive da decenni una stagnazione economica profonda, un rallentamento che colpisce famiglie, imprese, quartieri interi. Una condizione certificata anche dalle parole dell’arcivescovo Cesare Nosiglia, che aveva parlato di «metà della città in difficoltà». In un’Italia schiacciata da 80 miliardi l’anno di interessi sul debito pubblico, il capoluogo piemontese rappresenta una ferita ancora aperta.

In questo contesto, gli eventi internazionali non sono semplici spettacoli, ma strumenti di sopravvivenza economica. Le ATP Finals, per i promotori della petizione, sono una leva concreta per attrarre turismo, investimenti e attenzione globale. Sono la dimostrazione che Torino può competere quando viene messa nelle condizioni di farlo. Lo confermano gli atleti, lo confermano gli operatori del settore, e lo conferma soprattutto Jannik Sinner, che nell’ultima edizione ha sottolineato la qualità della sede torinese.

Ma lo scenario sta cambiando rapidamente. A contendersi il nuovo ciclo del torneo — quello che va dal 2026 al 2030 — è ora anche Milano, forte di un marchio internazionale in piena ascesa e dell’eredità di Expo 2015. Una metropoli che cresce, che attira fondi, investimenti, aziende. Una città che, secondo la petizione, non avrebbe bisogno di sottrarre un evento che per Torino significherebbe riscatto, visibilità e nuova linfa economica.

È qui che il messaggio a Meloni diventa diretto. I firmatari chiedono al Governo di adottare la logica del “buon padre di famiglia”, sostenendo la città che soffre di più. Non si tratta di campanilismo, scrive Giachino, ma di strategia: «Il rilancio economico di Torino è un interesse nazionale». Una frase che racchiude l’essenza dell’appello, trasformando una battaglia sportiva in una questione politica di alto livello.

La petizione non risparmia un passaggio critico sul Green Deal europeo, definito un provvedimento che ha messo in ginocchio l’automotive, settore chiave dell’economia piemontese. E mentre si attende una revisione europea di quelle politiche, gli eventi restano l’unica arma immediata su cui la città può contare per restare competitiva.

Intanto le firme aumentano. Cambiano ritmo, crescono, si moltiplicano. Torino si mobilita, si organizza, si fa sentire. La pagina di Change.org diventa un punto di raccolta simbolico: un luogo dove sport, identità e orgoglio locale si intrecciano e diventano un’unica voce.

La decisione dell’ATP è ormai vicina. Il clima è teso, l’attesa è altissima. E mentre Milano prepara la sua candidatura con l’ambizione di chi sa di avere il vento a favore, Torino risponde con una mobilitazione popolare che vuole ribaltare i pronostici e chiedere al Paese un gesto politico chiaro. Perché qui non si tratta solo di tennis. Si tratta di futuro.

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