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28 Novembre 2025 - 17:11
Focolaio aviario nel Vercellese e nuovo allevamento ad Arborio: l’allarme riaccende i dubbi sulla sicurezza degli impianti intensivi (immagine di repertorio)
La notizia arriva in sordina, ma fa immediatamente rumore: un focolaio di influenza aviaria nel Vercellese, a Olgiate Olona, avrebbe colpito la Società Agricola Bruzzese, la stessa realtà imprenditoriale alla quale è stata autorizzata la costruzione di un maxi–allevamento di galline ovaiole ad Arborio. Una coincidenza che LNDC Animal Protection definisce “preoccupante” e che riapre un dibattito mai sopito sui rischi sanitari e ambientali degli allevamenti intensivi.
L’associazione, che nei mesi scorsi – insieme ad altre realtà del territorio – aveva già inviato una diffida formale alle istituzioni locali per chiedere di bloccare l’autorizzazione, torna ora a denunciare un quadro che giudica pericoloso. La vicenda, infatti, si intreccia con un trend che negli ultimi anni ha assunto un ritmo costante: la ricorrenza di nuovi focolai di aviaria in Italia e in Europa, un fenomeno che mette in luce le fragilità strutturali degli allevamenti industriali, dove migliaia di animali vivono in spazi ridotti e in condizioni ritenute dagli attivisti incompatibili con un’efficace biosicurezza.
Nonostante le autorità sanitarie ribadiscano una “probabilità di contagio per l’uomo bassa o molto bassa”, LNDC ricorda che negli Stati Uniti è stato segnalato il primo caso umano di virus H5N5, che ha portato al decesso della persona contagiata. Un episodio che, nel comunicato diffuso dall’associazione, viene indicato come il segnale di un rischio da non minimizzare.
La presidente Piera Rosati sottolinea: «Continueremo a vigilare e a far sentire la nostra voce contro il maxi-allevamento di galline di Arborio che rappresenta l’ennesimo luogo di sfruttamento e dolore, oltre a un potenziale rischio per la salute pubblica e degli animali». Parole che condensano il timore che un nuovo impianto intensivo, soprattutto se collegato a un’azienda già interessata da un focolaio, possa amplificare un problema che va ben oltre il singolo caso.
La preoccupazione di LNDC si inserisce in un dibattito ampio, dove la tutela del benessere animale si intreccia alla prevenzione epidemiologica e alla sicurezza alimentare. Da un lato, il sistema produttivo difende la necessità di strutture complesse per sostenere la richiesta del mercato; dall’altro, associazioni e movimenti ambientalisti contestano un modello definito vulnerabile, poco trasparente e potenzialmente rischioso.
Sullo sfondo resta una domanda che il caso Bruzzese riporta al centro: quali criteri e quali garanzie devono accompagnare l’apertura di un nuovo allevamento intensivo, soprattutto in aree che già convivono con rischi sanitari documentati? È qui che LNDC chiede alle istituzioni un cambio di passo, “una riflessione una volta per tutte” su un sistema che, secondo l’associazione, “mina il benessere animale e mette in discussione la sicurezza dell’uomo”.
Il caso di Arborio, con il suo intreccio tra autorizzazioni, diffide e ora un focolaio, diventa così lo specchio di un dibattito nazionale che resta irrisolto: quello sul futuro degli allevamenti intensivi e sul loro impatto reale sulla salute pubblica.

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